San Giosafat Kuncewicz
Le origini di San Giosafat
Nacque nel 1580 circa da famiglia nobile ucraina, fu educato alla fede cristiana secondo la tradizione ortodossa e battezzato col nome di Giovanni. Fu inviato a studiare a Vilna (oggi - Vilnius), in Lituania, per impratichirsi nel commercio, ma allargò i suoi studi in altri campi, trovando anche modo di alimentare una profonda formazione spirituale. Era il periodo dopo la “Unione di Brest” (1596), quando i vescovi della Metropolia ortodossa di Kyiv proclamarono l’unità con la Chiesa di Roma, mantenendo il proprio rito bizantino. Ma non tutti condivisero tale scelta che diventò il motivo di tensione e di scontri.
Nel 1604 Giovanni entra nell’Ordine di san Basilio, nel monastero della Santissima Trinità di Vilna, assumendo il nome di Giosafat. Tale scelta, come lui stesso riconoscerà e farà capire attraverso la sua successiva predicazione, trova la sua ragione nello studio dei Padri della Chiesa: da loro viene affascinato a tal punto da sostenere che l’unità della chiesa sarà possibile solo ripartendo dallo studio dei Padri.
Nel 1609 viene ordinato sacerdote, facendosi notare per la sua capacità oratoria, e riscuotendo consensi da parte di tutti. Una fama che si diffuse talmente tanto che ben presto fu nominato archimandrita di Vilna.
Il 12 novembre 1617 il metropolita Velamin, che ne conosceva le doti intellettuali e spirituali, lo consacrò vescovo e lo nominò coadiutore del novantenne vescovo di Polotzk, divenendone poi successore.
Il vescovo San Giosafat
Giosafat impostò la sua azione pastorale dando attenzione ai poveri, ai quali donava i proventi della sua mensa vescovile; visitando periodicamente i suoi sacerdoti per incoraggiarli e sostenerli nel loro ministero; organizzando annualmente un sinodo con i suoi sacerdoti, quale occasione di confronto sulle necessità pastorali della diocesi. S’impegnò in ogni modo per far amare la Chiesa e il Papa.
Gelosie e martirio
Il suo impegno pastorale - impregnato di intensa vita spirituale e accompagnato da dotte catechesi - suscitò ben presto invidia e gelosia da parte di quanti non condividevano le sue scelte a favore dell’unità con il Vescovo di Roma. Mentre egli si trovava a Vitebsk per la visita pastorale, un gruppo irruppe nel palazzo vescovile, ferendo e uccidendo quanti vi si trovavano. Giosafat, rientrato a casa, con fare mite si fece loro incontro, dicendo: “Figlioli, perché colpite quelli della mia casa? Se avete qualcosa contro di me, eccomi qua”. Allora gli si gettarono contro, uccidendolo, e gettandone poi il corpo nel fiume Dzwina (Daugava), il 12 novembre 1623. Moriva a 43 anni, 6 anni dopo l’ordinazione episcopale.
Un seme gettato che porta frutto
La memoria del modo in cui andò incontrò alla morte suscitò ammirazione e pentimento, a cominciare dagli assassini, che si convertirono. Molti furono i miracoli attribuiti a san Giosafat tanto che il 16 maggio 1643 Urbano VIII lo dichiarò beato. Qualche anno dopo, il 29 giugno 1867, in occasione del XVIII centenario del martirio dei santi Pietro e Paolo, venne canonizzato da Pio IX.
Il corpo del martire, conservatosi incorrotto, restò in custodia della famiglia religiosa di san Basilio: verso la fine della prima guerra mondiale, nel 1916, fu trasportato in Austria e deposto nella chiesa di santa Barbara a Vienna. Infine, dopo l’ultima guerra mondiale, venne portato a Roma, presso la Basilica di san Pietro, dove, per volontà di Giovanni XXIII, venne posto sotto l’altare di san Basilio Magno.
Preghiera
Suscita nella Chiesa, o Padre, il tuo Santo Spirito,
che mosse il vescovo San Giosafat a dare la vita per il suo popolo,
perché, fortificati dallo stesso Spirito,
non esitiamo a donare la nostra vita per i fratelli.