Processo Vaticano. Bandera: nessuna doppia fatturazione
di Massimiliano Menichetti
La sesta udienza in Vaticano per la distrazione di fondi della Fondazione Bambino Gesù, a carico dell’ex presidente, Giuseppe Profiti e dell’ex tesoriere Massimo Spina, si è aperta con l’Ordinanza del Tribunale che ha chiesto al Governatorato l’integrazione, entro le ore 12.30 del 4 ottobre prossimo, degli ordinativi/contratti relativi alle ristrutturazioni dell’appartamento del cardinale Bertone e delle parti comuni di Palazzo San Carlo.
Interrogato l'imprenditore Bandera
E’ stato però l’interrogatorio di Gianantonio Bandera che ha catalizzato per oltre quattro ore l’attenzione dell’aula. Rispondendo alle domande del Promotore di Giustizia Aggiunto, Zannotti, il teste ha precisato di non essere più titolare di alcuna impresa, ma che all’epoca dei fatti era “titolare azionista al 100% e amministratore unico della Castelli Re spa. Ha spiegato di aver rilevato nel 2008/2009 la Lg Contractor Ltd il cui nome nel 2014 venne cambiato in Castelli Re Holding.
Il consorzio del 2009
Ha precisato di aver “conosciuto il cardinale Tarcisio Bertone nel 1991 a Vercelli” e di aver incontrato a Genova Profiti, ma di non aver avuto con lui rapporti professionali fino al 2009, anno in cui iniziarono i lavori di costruzione del polo pediatrico del Bambino Gesù, a San Paolo fuori le Mura. Ha ricordato che in quella occasione “il cardinale aveva piacere” affinché fosse costituito un “consorzio” - come avvenne - tra la Bcg spa di Bandera e la Società italiana costruzioni dei fratelli Navarra. “Profiti - ha aggiunto - mi invitò a prendere contatto con la Società italiana costruzioni”. Quest’ultima “era la materiale esecutrice dei lavori”, mentre la Bcg spa controllava “che i lavori fossero eseguiti correttamente”.
I lavori del 2013
Ai primi di settembre 2013 l’ex presidente della Fondazione Bambino Gesù preannuncia a Bandera una telefonata del cardinale segretario di Stato emerito, alla quale segue un incontro con il porporato in cui parlarono dei lavori da effettuare nell’appartamento di Palazzo San Carlo. “Il card. Bertone mi disse che gli avrebbe fatto piacere - ha precisato - che mi fossi occupato sia della ristrutturazione interna sia di quella esterna e prima di iniziare ci fu una fase di studio, con l’architetto Toscani, di nostra fiducia”. Bandera prese poi contatto, su indicazione del cardinale, “con suor Carmen che era incaricata di sovraintendere alla progettazione ed esecuzione dei lavori”.
Nessun contratto per l'appartamento
Ha risposto che per la ristrutturazione dell’appartamento non venne stipulato alcun contratto, ma che ci fu solo “uno scambio di email” con la Fondazione. Venne presentato “un capitolato e un preventivo” consegnato a Bertone. “Il committente formale fu la Fondazione Bambino Gesù, che pagò i lavori”. “Il preventivo - ha aggiunto – inizialmente era stato preparato dalla Castelli Re spa”, successivamente però Bandera chiese l’autorizzazione a variare l’intestazione a favore della Lg Contractor Ltd, poi divenuta Castelli Re Holding.
I lavori su Palazzo San Carlo
Sollecitato sul punto, ha ribadito di aver “avuto rapporti con il Governatorato in relazione ai lavori effettuati sulle parti comuni di Palazzo San Carlo, come il lastrico solare, il terrazzo ed un manufatto sito sul lastrico solare e da tempo abbandonato”. Le attività iniziarono proprio da qui per evitare che le “infiltrazioni potessero danneggiare la ristrutturazione dell’appartamento”.
Castelli Re in Vaticano dal 1920
Poi ha spiegato che “la ditta Castelli Re spa è la sola società che gli appartiene che ha lavorato per il Governatorato” ed è conosciuta in Vaticano sin dal 1920 per aver effettuato grandi opere come la costruzione “dei palazzi di via della Conciliazione, la scala elicoidale dei Musei Vaticani, il rinforzo della Cappella Sistina” o dei lavori presso “l’Archivio segreto”.
Il concordato liquidatorio
Bandera durante l’interrogatorio ha più volte precisato che da aprile 2014 non fu più in grado di seguire l’andamento della Castelli Re spa, a causa dell’attivazione della procedura di “concordato liquidatorio”. Infatti da quella data venne nominato un commissario, il prof. Francesco Macario, e un attestatore.
Le fatture della Castelli Re
Quindi nulla ha saputo dire in merito ad alcune fatture emesse dalla Castelli Re indirizzate al Governatorato a giugno, agosto, ottobre e dicembre 2014 con causale “opere edili e affini per la ristrutturazione appartamento del Segretario di Stato emerito ubicato al terzo piano di Palazzo San Carlo”. “Finché ho avuto la gestione della società – ha detto – non è mai esistita doppia fatturazione né doppio pagamento. Finché ho avuto amministrazione delle mie società ho ricevuto pagamenti dalla Fondazione Bambino Gesù”, per i lavori nell’appartamento del cardinale.
La donazione di 200mila euro
Sulla donazione chiesta dall’ex presidente Profiti, ha dichiarato di non ricordare se fosse per la Fondazione o l’ospedale, puntualizzando però che “non ci fu sollecitazione” e che l’imputato gli chiese “solo una volta” di dare dei soldi. Ha confermato che nonostante la “non buona condizione economica” espresse una promessa d’impegno per una “donazione di 200mila euro” attraverso la sua società New Deal srl, versamento però che non venne mai effettuato.
L'appartamento di 390mq
Per quanto riguarda la casa del cardinale ha affermato di averla “vista due volte”, che “la metratura è di 390mq”, che “il grado di rifinitura è medio” a fronte però “di un progetto di ristrutturazione di buon livello”. Ha spiegato che “all’interno vi è un’area d’intrattenimento destinata agli ospiti” definibile come “un’area di rappresentanza, composta da: salotto, soggiorno e lo studio del porporato”. L’abitazione che comprende anche “una parte destinata alle suore, una cappella e i servizi” ha “un’area comune superiore al 10%, come invece è normalmente”. Ha precisato ancora che “il Governatorato non fu mai coinvolto nella vicenda relativa alla ristrutturazione dell’appartamento del porporato, ma solo in relazione alla parti comuni del palazzo”.
Il riscaldamento a pavimento
Poi ha rimarcato che “ci fu una sostanziale rispondenza tra preventivi e somme pagate, anche se ci furono alcune varianti in corso d’opera”. Ha evidenziato più volte che l’incidenza economica più alta, nelle varianti, fu la richiesta del Governatorato di non installare il riscaldamento a pavimento, “ma tradizionale”, questo “comportò la riprogettazione” e interventi murari diversi, “a lavori iniziati”. Tutto “fu addebitato alla Fondazione”.
Lo stato avanzamento lavori
“Il geometra Fiorini che era della nostra ditta - ha proseguito - si rapportava quotidianamente con i tecnici del Governatorato”. Anche l’ente vaticano aveva un geometra che seguiva costantemente “i lavori nei due cantieri”. Suor Carmen “verificava l’esecuzione” della ristrutturazione nell’abitazione del cardinale.
La richiesta del Governatorato
Il teste ha poi aggiunto che al Governatorato giunse la richiesta al geometra Fiorini di “procedere alla fatturazione” per i lavori effettuati all’interno dell’appartamento. L’ufficio contabile dell’impresa però “rispose che tale richiesta non era di loro competenza perché non c’era contratto”, infatti la ditta di Bandera “non ebbe contatto con il Governatorato né per la progettazione né per la scelta dei materiali”, solo “in fase di esecuzione intervenne un parere tecnico per la variazione sull’impianto di riscaldamento”.
Le ditte Valsecchi e Astim
L’imprenditore ha evidenziato che nonostante i contatti per la ristrutturazione dell’appartamento del cardinale fossero stati tenuti dalla Lg Contractor Ltd, di fatto “i lavori furono eseguiti all’interno dello Stato” da due ditte subappaltatrici la “Valsecchi” e la “Astim”, che pur non avendo “mai lavorato per il Governatorato” a loro volta “erano state autorizzate, anche se non erano iscritte nell’albo dei fornitori”. Ha ricordato che fino ad aprile nel 2014 dovevano ancora essere saldati 77mila euro per i lavori sulle parti comuni a Palazzo San Carlo e 136 mila per quelli nell’appartamento.
8/10 milioni di euro di crediti
Sollecitato dalle domande è tornato ancora sulla donazione chiesta da Profiti, spiegando che l’impegno a donare era nato dal fatto che, nonostante le difficoltà economiche del momento, la Castelli Re spa vantava circa 8/10 milioni di euro di crediti e la Holding aveva chiesto l’apertura di una linea di credito, che non fu concessa. E in merito all’ex tesoriere della Fondazione Bambino Gesù, Massimo Spina, ha detto di non sapere “se avesse potere di firma”.
Enoc e Di Ruzza
Il Tribunale infine, aggiornando l’udienza al prossimo 6 ottobre, ha accolto le richieste del Promotore di giustizia e degli avvocati che hanno insistito affinché siano chiamati a deporre il direttore dell’Autorità d’Informazione Finanziaria, Tommaso Di Ruzza, e la Presidente dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Mariella Enoc.
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