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Parolin: in Cina non esistono due Chiese ma due comunità di fedeli

La Santa Sede opera per trovare una sintesi di verità e una via praticabile per rispondere alle legittime aspettative dei fedeli, dentro e fuori la Cina: così il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, in una lunga intervista pubblicata oggi su “La Stampa”

Roberta Gisotti – Città del Vaticano

“In Cina non esistono due Chiese, ma due comunità di fedeli chiamati a compiere un cammino graduale di riconciliazione verso l’unità”: è la premessa del cardinale Pietro Parolin, a seguito del dibattito apertosi su presunti cambiamenti nei rapporti tra Santa Sede e Repubblica popolare cinese in merito ai quali il direttore della Sala Stampa vaticana, Greg Burke, in una nota ieri aveva chiarito che non vi sono difformità di pensiero e di azione tra il Papa e la Curia Romana. Francesco segue infatti “personalmente -  ribadisce il cardinale Parolin - gli attuali contatti con le Autorità” di governo cinesi. “Tutti i suoi collaboratori agiscono di concerto con lui. Nessuno prende iniziative private”.

Apertura al dialogo e fedeltà alla tradizione

“Le trattative in corso si muovono” – spiega il porporato – su una linea di “apertura costruttiva al dialogo e fedeltà alla genuina tradizione della Chiesa”, tenuto conto – come già indicato da Benedetto XVI nella Lettera ai cattolici del 2007 – che “la soluzione dei problemi esistenti non può essere perseguita attraverso un permanente conflitto con le legittime Autorità civili”. “Non si tratta, perciò, di mantenere una perenne conflittualità tra principi e strutture contrapposti, ma di trovare soluzioni pastorali realistiche che consentano ai cattolici di vivere la loro fede e di proseguire insieme l’opera di evangelizzazione nello specifico contesto cinese”.

Scelta dei vescovi è cruciale

Non nasconde il segretario di Stato il permanere di “molti problemi per la vita della Chiesa” in Cina che “non possono essere risolti tutti insieme”. E, se “la questione della scelta dei vescovi è cruciale” - sottolinea in risposta alle recenti polemiche sollevate - “non possiamo dimenticare che la libertà della Chiesa e la nomina dei vescovi sono sempre stati temi ricorrenti nei rapporti tra la Santa Sede e gli Stati. Certamente, il cammino avviato con la Cina - osserva il porporato - attraverso gli attuali contatti è graduale ed ancora esposto a tanti imprevisti, così come a nuove possibili emergenze”. Ma “nessuno, in coscienza, - aggiunge - può dire di avere soluzioni perfette per tutti i problemi. Occorrono tempo e pazienza, perché si possano rimarginare le tante ferite personali inflitte reciprocamente all’interno delle comunità. Purtroppo, è certo che ci saranno ancora incomprensioni, fatiche e sofferenze da affrontare. Ma tutti nutriamo la fiducia che, una volta considerato adeguatamente il punto della nomina dei vescovi, le restanti difficoltà non dovrebbero essere più tali da impedire ai cattolici cinesi di vivere in comunione tra di loro e con il Papa”.

Pronti a perdonare, questa è la prospettiva evangelica

Il porporato esprime la speranza “che si arrivi, quando il Signore vorrà, a non dover più parlare di vescovi ‘legittimi’ e ‘illegittimi’, ‘clandestini’ e ‘ufficiali’ nella Chiesa in Cina, ma ad incontrarsi tra fratelli, imparando nuovamente il linguaggio della collaborazione e della comunione. Senza questa esperienza vissuta, - si chiede il cardinale Parolin -  come potrebbe la Chiesa in Cina rilanciare il cammino dell’evangelizzazione e portare agli altri la consolazione del Signore? Se non si è pronti a perdonare, ciò significa, purtroppo, - constata il segretario di Stato - che vi sono altri interessi da difendere: ma questa non è una prospettiva evangelica”.

Sofferenze del passato sono grande tesoro per Chiesa universale

A chi paventa il rischio di cancellare così con un ‘colpo di spugna’ le sofferenze del passato e anche quelle del presente, il cardinale Parolin risponde che è tempo “di investire il capitale umano e spirituale di tante prove per costruire un futuro più sereno e fraterno, con l’aiuto di Dio”. Rassicura infatti che “la Chiesa non dimenticherà mai le prove e le sofferenze passate e presenti dei cattolici cinesi. Tutto questo è un grande tesoro per la Chiesa universale”.

Passato non sia pretesto per risentimenti e chiusure

Il cardinale Parolin si rivolge quindi ai cattolici cinesi: “vi siamo vicini, non solo con la preghiera, ma anche con il quotidiano impegno ad accompagnarvi e sostenervi nel cammino della piena comunione. Vi chiediamo, perciò, che nessuno si aggrappi allo spirito di contrapposizione per condannare il fratello o che utilizzi il passato come un pretesto per fomentare nuovi risentimenti e chiusure. Al contrario, auguriamo che ciascuno guardi con fiducia al futuro della Chiesa, al di là di ogni limite umano”. 

Polemiche sterili feriscono comunione rubano futuro

Riguardo infine le critiche emerse anche all’interno della Chiesa per una paventata ‘resa’ politica della Santa Sede alle Autorità cinese,  il segretario di Stato sostiene la legittimità del dissenso, che deve però “mirare a costruire la comunione e non a suscitare divisioni”. Se “è legittimo – osserva - avere opinioni diverse”, “nessun punto di vista personale” può essere però “ritenuto come esclusivo interprete di ciò che è bene per i cattolici cinesi”. Per questo, “la Santa Sede opera per trovare una sintesi di verità e una via praticabile per rispondere alle legittime aspettative dei fedeli, dentro e fuori della Cina. Ci vuole - raccomanda il segretario di Stato - più umiltà e spirito di fede per scoprire insieme il disegno di Dio per la Chiesa in Cina. Ci vuole più cautela e moderazione da parte di tutti per non cadere in sterili polemiche che feriscono la comunione e ci rubano la speranza di un futuro migliore”. 

 

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31 gennaio 2018, 13:23