L'arcivescovo Vincenzo Paglia L'arcivescovo Vincenzo Paglia 

Vaticano, Congresso Cure Palliative: Paglia, nessuno sia solo davanti alla morte

Il Presidente dalla Pontificia Accademia per la Vita presenta il Congresso internazionale sulle Cure Palliative voluto dal dicastero vaticano

Fabio Colagrande - Città del Vaticano

"Le cure palliative sono una forma privilegiata e disinteressata di carità cristiana nel momento ultimo della vita e in nessun caso vanno confuse con l'eutanasia". Così, l'arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, presenta il Congresso internazionale, organizzato dal dicastero vaticano, che si svolge a Roma oggi e domani presso l'Istituto Augustinianum. L'incontro scientifico, a cui partecipano 400 specialisti da 38 paesi del mondo, è parte integrante di un progetto dell'Accademia per diffondere una cultura dell'attenzione al malato terminale affinché nessuno debba morire in solitudine. Così l'arcivescovo Paglia presenta il Congresso al microfono di Fabio Colagrande.

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R. - In realtà, si è appena detto, Giovanni Paolo e anche Papa Francesco ne hanno già parlato, ma un Convegno di questa importanza è la prima volta che accade anche perché si pone l’urgenza di riflettere in maniera articolata, organizzata, attorno ad una prospettiva, che è quella delle cure palliative, che risulta essere oggi probabilmente la forma più alta e più completa dell’accompagnamento per chi deve attraversare l’ultimo traguardo della propria vita. Sappiamo bene che a differenza del passato, oggi, le scoperte scientifiche, mediche allungano la vita ma allungano anche il tempo degli ultimi momenti… Ed ecco perché la paura del dolore, il timore della solitudine richiedono una nuova coscienza da parte dell’intera società. Le cure palliative - che non sono semplicemente come in genere si sente dire una terapia solo del dolore - in realtà sono molto molto di più: quando non è più possibile fare nulla, favorisce l’irrobustimento dell’esserci, dello stare accanto, e non solo il medico, ma i familiari, gli amici, il personale degli ospedali… in modo che questo momento per un verso terribile, per altro straordinario, che è quello dell’ultimo tratto della propria vita, venga accompagnato, venga circondato di affetto, di amore e anche di cure mediche per quanto è possibile.

Perché accade a volte che ci sia confusione tra le cure palliative e l’eutanasia?

R. - Accade perché purtroppo c’è poca comunicazione rispetto a questo tema, per cui è importante sottolinearlo: la differenza è netta, le cure palliative accompagnano, l’eutanasia interrompe. Questo è il discrimine assolutamente netto. Si sa poco. Faccio anche un piccolo esempio per l’Italia. L’Italia ha un’ottima legge sulle cure palliative ma chi la conosce? E quindi chi la chiede e come si mette in pratica? In questo senso, sono lieto che specialisti di 38 Paesi siano presenti, proprio perché questo Convegno è come l’avvio di una consapevolezza che vorrei si allargasse al mondo intero e sviluppasse, nello stesso tempo, l’approfondimento della medicina e anche l’accompagnamento di questi ultimi tempi della vita che poi riguarda tutti gli uomini e tutte le donne. Qui non c’è scampo, ecco perché una cultura dell’accompagnamento secondo me è quanto mai urgente nel contesto del mondo contemporaneo.

Ci sarà una relazione che parlerà della connessione che c’è tra povertà, sviluppo e accesso alla possibilità di una morte dignitosa: questo è un tema in primo piano?

R. – Sì, perché purtroppo non tutti muoiono allo stesso modo, non tutti hanno le possibilità di passare da questa all’altra vita in una maniera dignitosa. In tal senso, l’attenzione in questo Congresso per i Paesi più poveri ha un suo posto privilegiato. Assieme ad un altro tema che a me pare importante sottolineare e cioè la sensibilizzazione di tutte le religioni per sviluppare questa prospettiva: l’accompagnamento spirituale negli ultimi momenti della vita è quanto mai importante, non solo perché toglie angoscia e disperazione ma anche perché rende questo momento davvero prezioso per la vita di tutti. In ciò, è una sorta di contestazione ad una mentalità che vuole dimenticare, che vuole mettere la testa sotto la sabbia, ad una cultura che impedisce di fatto la consapevolezza che la vita è sempre importante e il momento della morte ha una dignità che deve essere recuperata.
 

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28 febbraio 2018, 09:53