Due migranti correranno con la squadra di atletica del Papa
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Athetica vaticana, la squadra di podisti composta da dipendenti della Santa Sede laici e consacrati “adotta” due giovani migranti del Gambia e del Senegal, ospiti della cooperativa “Auxilium” nel centro accoglienza di Castelnuovo di Porto, visitato da Papa Francesco nel Giovedì Santo 2016. Il cardinal Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio consiglio della cultura ha consegnato oggi le due canottiere a Jallow, 20 anni, e Ansu, 19, alla presenta della capitana e del decano della squadra, la farmacista vaticana Michela Ciprietti e il tipografo Giancarlo Giannini. Il responsabile di Athletica Vaticana, monsignor Melchor Sanchez de Toca, sottosegretario del dicastero, ricorda che questo gesto di accoglienza e concreta integrazione “è in sintonia con la scelta del Comitato olimpico internazionale di creare un team di atleti rifugiati”.
Il cardinal Ravasi sottolinea che “Lo sport è una sorta di linguaggio comune, è una esperienza che appartiene non soltanto a tutti i popoli, ma anche a tutte le generazioni ed è in questa luce che può diventare veramente un incontro che ha anche una dimensione di carità, di solidarietà, di amore, e questo alla fine è il messaggio cristiano, il riconoscere nella diversità l’unità fondamentale della natura umana”.
Angelo Chiorazzo, responsabile della cooperativa Auxiluim, che organizza numerose iniziative anche sportive per l’inserimento degli oltre 900 ospiti del centro di Castelnuovo, spiega che “per i due giovani inizia una bellissima avventura, e già la settimana prossima inizieranno gli allenamenti con gli istruttori delle Fiamme gialle a Caracalla”.
Jallow Buba, 20 anni, migrante dal Gambia, appassionato anche di basket, ringrazia Papa Francesco “per questa opportunità, a nome di tutti gli stranieri che sono qui in questo paese”. Ansu Sise, 19 anni, dal Senegal, che gioca nella squadra del Castelnuovo di Porto, ricorda che “con i miei compagni di calcio, negli allenamenti, negli spogliatoi, ci divertiamo, e quindi lo sport mi fa divertire”. Quello per arrivare in Italia, aggiunge “è stato un viaggio difficile, pericoloso, ma ora ringrazio Dio, perché abbiamo ritrovato qui la vita in Italia”.
Angelo Chiorazzo conclude che “L’obiettivo è di tirare fuori i talenti di questi ragazzi, tra chi è particolarmente bravo nello sport, chi in altre attività, nello studio, ad esempio, molti di loro riescono poi a riprendere gli studi che nel loro paesi hanno abbandonato o che non hanno mai avuto la possibilità di fare, e arrivare a diplomarsi e poi a laurearsi”.
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