L'intervento integrale di mons. Viganò su Giudizio Universale
“Giudizio universale, curato da Marco Balich, è uno spettacolo che ha intuito e di fatto anticipato una carica di novità presente all’interno dell’industria culturale, sul fronte della produzione, così come del consumo e della fruizione spettatoriale”. Queste le parole con cui il prefetto della Segreteria per la Comunicazione, mons. Dario E. viganò, ha aperto il suo intervento nel corso della conferenza stampa di presentazione del live show su Michelangelo, oggi all’Auditorium Conciliazione
L’arte in TV e al cinema
"Negli ultimi anni – ha aggiunto - abbiamo assistito, infatti, a un fiorire di produzioni audiovisive, soprattutto tra cinema e televisione, dedicate al racconto dell’arte, dell’arte sacra. Attraverso il film documentario, arricchito da sorprendenti e nuove tecniche di ripresa, con movimenti di macchina sempre più immersivi – tesi a rendere lo spettatore più partecipe della narrazione, all’interno di essa –, nonché mediante standard di produzione video elevati tra HD, 4k e 8k, l’arte ha acquisito una rilevanza straordinaria nei palinsesti televisivi o nella programmazione cinematografica. Pensiamo al successo di Alberto Angela con Stanotte a San Pietro su Rai Uno – uscito proprio pochi giorni fa in Dvd –, così come al recente programma Meraviglie. La penisola dei tesori, targato nuovamente Rai. Ancora, la grande serialità di documentari prodotta da Vatican Media con Officina della Comunicazione, in partnership con Gruppo Gedi e Rai, Alla scoperta del Vaticano e dei Musei Vaticani e il nuovo Divina bellezza. Alla scoperta dell’arte sacra in Italia. Un racconto inedito, con soluzioni visive e narrative ricercate, di luoghi e opere d’arte custoditi dal Vaticano ma anche dai tanti musei diocesani che animano il territorio nazionale".
Santa Sede in prima linea
Al cinema, poi, abbiamo assistito all’incredibile successo delle produzioni di Cinema d’Arte Sky: “Caravaggio. L’anima e il sangue”, uscito poche settimane fa. “Raffaello. Il principe delle arti”, nel 2017, San Pietro e le Basiliche papali di Roma, durante il Giubileo straordinario della Misericordia, nonché Firenze e gli Uffizi 3D e Musei Vaticani 3D. Produzioni che hanno visto in prima linea anche la collaborazione della Santa Sede, tra Vatican Media e Musei Vaticani.
Insomma, complice forse un contesto urlato, stanco, deluso, oggi la cultura e l’arte non occupano più lo spazio da fanalino di coda, ma sono protagonisti di veri e propri successi, nel prime time televisivo o al box office nazionale e internazionale. Naturalmente questo rappresenta un aspetto molto positivo, che indica un accesso agevolato alla cultura, anche perché i musei non possono essere abusati in termini di presenza. È necessario, infatti, preservare le opere dall’usura: basti pensare al Cenacolo di Leonardo a Milano. Tutto ciò presuppone una professionalità narrativa, fatta di competenze solide e specifiche. Non basta, infatti, poter essere ad esempio dinanzi alla scultura del Cristo velato nella Cappella Sansevero a Napoli semplicemente con una camera 4K: è necessario saper raccontare e raccordare il punto di vista della camera per lo spettatore e la modalità narrativa del divulgatore.
Un evento nuovo
Dunque, oggi a Roma, approda un evento davvero nuovo, cui tutti auguriamo un grande successo. Successo che sono certo avrà. Ho avuto la possibilità, lo scorso sabato, di assistere in anteprima allo spettacolo Giudizio universale, seduto in sala dalle 15.30 alle 17.45. Perché faccio riferimento a questo aspetto, al tempo trascorso? La tecnologia, che permette moltissime e straordinarie esperienze, a questi livelli però non sopporta velocità e mediocrità e dunque il tempo per sincronizzare e stressare gli apparati tecnologici è molto importante. Dietro allo spettacolo che vedrete c’è un livello professionale altissimo, fatto di sceneggiatori, coreografi, costumisti, tecnici, ingegneri delle luci e del suono. Il lavoro di questi professionisti lo dovete associare alle immagini che avvolgeranno lo spettatore in chiave immersiva.
La costruzione dello show
Da ultimo, una breve riflessione teorica-metodologica sulla costruzione di uno spettacolo dal titolo Giudizio universale, che richiama non in maniera prioritaria ed esclusiva un momento della storia della salvezza – lo spettacolo, ricordiamo, è universale appunto –, ma anzitutto un grande affresco di un altrettanto grande personaggio: Michelangelo Buonarroti. Quando noi pensiamo a un romanzo, cerchiamo di capire quale sia il punto di vista di chi narra. La nozione di “punto di vista” diventa una vera e propria categoria utile per comprendere e analizzare la dimensione cognitiva ed emozionale dei testi, e questo spettacolo è un vero e proprio testo. Tra informatore e osservatore si possono stabilire regimi differenti: contrattuali (uno vuol farsi conoscere e l’altro vuole conoscerlo) e polemici (uno non vuole farsi conoscere mentre l’altro vuole conoscerlo).
Esperienza immersiva
Il senso dello spettacolo non si dà unicamente nella dimensione dei giochi ottici (senz’altro spettacolari), né degli effetti speciali (certamente sorprendenti); l’esperienza di fruizione investe piuttosto la dimensione dell’immaginazione narrativa, vale a dire che l’immersività sperimentata in sala è funzionale a coinvolgere lo spettatore in un percorso di avvicinamento all’opera e agli eventi narrati volta ad acquisire un sapere e un sentire inediti sulle opere mostrate.
In altri termini lo sforzo della complessa macchina dell’enunciazione coinvolta nello spettacolo va ben oltre i giochi sul piano ottico, acustico, musicale (3d, UltraHD, movimenti di camera, effetti sonori…) e la ricerca di un virtuosismo della mimesis. “Giudizio Universale” si rivela piuttosto una grande macchina sensoriale al servizio di un’istanza di tipo narrativo/divulgativo. In questa chiave si pensi ad esempio agli effetti di defigurazione/riconfigurazione del piano del visibile (le immagini degli affreschi che si decompongono e si ricompongono davanti ai nostri occhi) garantiti dalla tecnologia e che consentono di ridurre la distanza tra lo spettatore e i capolavori narrati, facendolo accedere non solo al piano figurativo delle opere ma a quello plastico, favorendo una presa quanto mai ravvicinata (e impossibile nel mondo reale) sull’oggetto della visione.
Iper-visione
Una chiave di accesso alla comprensione del funzionamento dello spettacolo va dunque ricercata oltre il realismo della visione, nella nozione di punto di vista, nella possibilità per lo spettatore di assumere una posizione privilegiata nei confronti delle opere mostrate, un “vedere ravvicinato potenziato dalla tecnologia” (una iper-visione?) che investe non solo la dimensione dello sguardo ma anche quella cognitiva (far sapere) e patemica (far sentire).
In questo senso Giudizio Universale può essere inteso a tutti gli effetti come un complesso testo di tipo multimediale-immersivo che predispone lo spettatore in sala ad assumere il punto di vista di un’istanza interna al racconto (l’osservatore) misurandosi con la presenza di una seconda istanza (l’informatore) che qui trascende le figure canoniche di “colui che informa” (l’enunciatore e i suoi delegati) per investire l’innovativo apparato illuminotecnico di uno spessore sul piano narrativo e più in generale semiotico.
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