Ladaria: Francesco ci insegna a essere vicini alla gente
Alessandro Gisotti – Città del Vaticano
Il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer rilascia in esclusiva un’intervista a Vatican News. L’arcivescovo spagnolo si sofferma sui temi forti del suo lavoro: dalla riforma della Curia alla dimensione pastorale della teologia e parla anche del suo rapporto “da gesuita a gesuita” con Papa Francesco. Lunedi 12 marzo alle 17,30 presso la Sala Marconi di Palazzo Pio, mons. Ladaria presenterà la Collana “La Teologia di Papa Francesco”, edita dalla LEV. Interverrà con lui, tra gli altri, anche il cardinale Walter Kasper. Quella con il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede - in occasione del quinto anniversario dell’elezione di Francesco - è la prima di una serie di interviste di Vatican News che guardano al percorso di riforma avviato dal Pontefice nella Curia Romana.
D. – Mons. Ladaria, grazie per questa intervista con Vatican News. Cosa significa per lei essere prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede nel Pontificato di Papa Francesco?
R. – Prima di tutto grazie anche a lei per questa intervista e per l’opportunità di parlare anche un po’ su questi argomenti così importanti. Per me è un “affare” molto semplice: è una questione di obbedienza! Papa Francesco mi ha chiamato, mi ha detto che aveva deciso questo e io ho detto: “Santo Padre, se lei lo ha deciso, io accetto e non posso dire di più”. Dunque, questa è per me la prima cosa. Naturalmente è una responsabilità e devo dire che i primi giorni non ho dormito troppo bene… Ma lentamente ci si abitua all’idea e si vede che si può andare avanti, soprattutto sapendo che è ciò che il Papa desidera e, dunque, non bisogna fare grandi pensieri: la questione è già risolta e decisa!
D. – Lei è un gesuita come il Santo Padre. Pensa che questo sia di aiuto a comprendere e a collaborare meglio con Papa Francesco?
R. – Evidentemente ci sono delle affinità – questo è chiaro – di formazione, di persone conosciute dal Santo Padre e da me. Certo che questo può aiutare. Il Santo Padre e io non ci conoscevamo, praticamente (prima dell’elezione ndr). Ci eravamo visti, credo, una volta soltanto prima della sua elezione, quando venne qui a Roma con gli altri vescovi dell’Argentina per la visita ad Limina. E come capita sempre, tutte le Conferenze episcopali, quando arrivano in visita ad Limina, vengono anche un giorno alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Io ero già segretario qui e ci siamo visti e conosciuti per la prima volta in quell’occasione. Dunque sì, c’è un’affinità e questo può rendere molto più facile il rapporto. Comunque devo dire che questo è accidentale: il Papa è il Papa! Che sia gesuita o no, questo per me non cambia: il Papa è il Papa. Dunque è una cosa che può aiutare, ma è accidentale: non appartiene alla sostanza.
D. – Incontrando i membri della sua Congregazione a fine gennaio, Francesco ha affermato che la vostra missione ha “un volto eminentemente pastorale”. Cosa rappresenta questo nel suo lavoro quotidiano e nel lavoro dei suoi collaboratori?
R. – Direi che non tocca direttamente il lavoro in sé ma il modo in cui questo lavoro viene fatto. C’è una dimensione pastorale, è evidente. Noi abbiamo il compito di promuovere e difendere la fede, predicare la fede. Questo è un ruolo eminentemente pastorale, si capisce. Si tratta di promuovere la fede cattolica in modo che sia sempre più conosciuta e, quando ci sono problemi, anche difendere questa fede. Tante volte ho sentito dire a Papa Benedetto XVI, quando era prefetto della Congregazione, il cardinale Ratzinger, che “noi dobbiamo difendere la fede dei credenti semplici, non la fede dei teologi”. Questi hanno già i loro mezzi per sapere le cose come stanno! Mi sembra che questa sia un’intuizione molto valida e molto giusta. Dunque le parole di Papa Francesco hanno un senso molto chiaro. Naturalmente, noi ci occupiamo anche delle questioni disciplinari che hanno una grande incidenza su tante persone e dunque, evidentemente, anche qui c’è un ruolo eminentemente pastorale. Certo, questo non vuol dire che noi non dobbiamo studiare molto bene i dossier, ma avendo sempre presente la salus animarum, che è sempre il primo scopo di ogni nostro lavoro.
D. – Uno dei punti forti del Pontificato, lo sappiamo bene, è la riforma della Curia. Cosa rappresenta questo processo avviato da Papa Francesco per la Congregazione della Dottrina della Fede?
R. – Noi non abbiamo ancora ricevuto niente che sia riferito direttamente a noi… quando ci diranno qualcosa certamente lo accetteremo molto volentieri e coopereremo in tutto come sempre. La nostra collaborazione con Papa Francesco sarà totale, questo è evidente, ma per il momento non abbiamo ancora ricevuto indicazioni concrete. Quando le riceveremo verranno accettate tranquillamente.
D. - Siamo ormai prossimi al quinto anniversario dell’elezione di Francesco alla Cattedra di Pietro. Cosa le sta donando personalmente questo Pontificato come sacerdote e vescovo prima ancora che come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede?
R. - Certo, come sacerdote, vedere il Papa così vicino alla gente, così vicino al Popolo di Dio, un Papa con un volto così eminentemente pastorale, questo per me, per tutti noi, è un invito a essere e sentirci anche noi pastori del Popolo di Dio. Il Papa ha detto molte volte che i pastori devono avere questo odore delle pecore e questo ci aiuta molto a sentirci vicini al Popolo di Dio perché noi siamo al suo servizio. Il Papa dice: c’è una piramide, la base sono tutti, poi ci sono alcuni, ma questi sono al servizio dei molti, non il contrario. E’ la piramide inversa! Mi sembra che questa sia una intuizione molto bella e credo che può aiutare tutti noi, se la prendiamo sul serio, a far sì che il nostro ministero sia eminentemente pastorale.
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