Giovani e confessione: a Roma convegno della Penitenzieria Apostolica
Federico Piana - Città del Vaticano
Indagare il rapporto esistente tra confessione, giovani e discernimento vocazionale non è cosa facile. Ci sta provando la Penitenzieria Apostolica che a Roma, presso il Palazzo della Cancelleria, ha promosso un convegno di due giorni che si concluderà il 27 aprile. Sullo sfondo, a far da cornice alle riflessione ed agli interventi dei relatori, non poteva non esserci il prossimo Sinodo dei Vescovi, dedicato proprio ai giovani ed alla vocazione. Il cardinale Mauro Piacenza, Penitenziere Maggiore, sottolinea come il convegno abbia tra gli obiettivi quello di arricchire la preparazione al lavoro sinodale: “Partendo dalla nostra prospettiva abbiamo unito qualche elemento di studio e di testimonianza concreta con la speranza non solo di raggiungere gli addetti ai lavori ma soprattutto i giovani”.
Come avvicinare i giovani al sacramento della riconciliazione?
Tra i vari temi in discussione, ce n’è uno di estrema attualità per la Chiesa: come avvicinare le giovani generazioni al sacramento della riconciliazione. Il cardinale Piacenza indica una strada: “ Prima di tutto il sacerdote deve essere convinto dell’importanza determinante della confessione. E poi oggi dobbiamo smontare l’idea in voga secondo la quale i giovani hanno bisogno di sentirci parlare lo stesso loro linguaggio culturale. Nell’ambito della pastorale, noi sacerdoti, dobbiamo metterci sul piano di Nostro Signore Gesù Cristo. Non dobbiamo svendere il Vangelo e la testimonianza dei santi. Bisogna essere loro vicini ma mai svendere la Verità. I giovani non cercano il prete di strada o la suora ballerina”.
La confessione aiuta i giovani ad avere un rapporto più profondo con Dio
I giovani che si accostano al confessionale fanno un passo concreto verso l’umiltà, non sempre un atteggiamento scontato in una società dimentica delle virtù. “Prima di tutto – spiega mons. Krzysztof Nykiel, reggente della Penitenzieria Apostolica, riconoscono di non bastare a loro stessi e di conseguenza cercano l’aiuto della grazia di Cristo per cancellare i propri peccati. Un giovane che si confessa, inoltre, familiarizza e si esercita sempre più nell’esame di coscienza che serve per aprirsi alla Verità”. Ma quali atteggiamenti dovrebbe assumere il confessore quando si trova davanti un giovane? Mons. Nykiel non ci pensa troppo, la risposta è decisa: “ Papa Francesco nel suo magistero ha ripetutamente indicato le qualità del buon confessore. Ad esempio, il Santo Padre ricorda come il confessore debba essere accogliente con tutti, testimone della tenerezza paterna, sollecito nell’aiutare il penitente a riflettere sul male commesso”.
La difficoltà e l’urgenza di vivere e confessare la fede
Non è facile, però, proporre ai giovani tematiche così nette, dirompenti, rispetto ad una cultura totalmente contraria a qualsiasi tipo di trascendenza. Ne è consapevole Salvatore Martinez, presidente di Rinnovamento nello Spirito Santo. “Io vedo alcune crisi di carattere spirituale che si agitano nella storia – precisa-. La prima è legata al modo nel quale i giovani fanno esperienza di Gesù, la seconda è connessa a come l’esperienza di Gesù viene generata a partire dalle famiglie: c’è una forte crisi nell’istituto familiare. La terza fa riferimento ad un interrogativo: questa esperienza di Gesù può essere vissuta veramente come la dimostrazione di una laicità cristiana che umanizza la storia?”.
Sulla stessa lunghezza d’onda si pone con forza anche Chiara Amirante, fondatrice della Comunità Nuovi Orizzonti. “Attualmente- dice – i giovani sono disorientati e avvelenati da cattive ideologie. I cuori dei giovani sono feriti. C’è un’urgenza: diventare testimoni di gioia vivendo la radicalità del Vangelo. La confessione può essere uno strumento di grazia ma per farla riscoprire è necessario che i giovani incontrino comunità vive, coerenti con la Parola di Dio”.
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