In Burkina Faso la Chiesa è della famiglia
Alessandro De Carolis - Città del Vaticano
Sono arrivati a Roma a qualche giorno di distanza dagli ultimi episodi di violenza nella zona desertica del Sahel, teatro da tempo di scontri tra esercito e terroristi islamici. I vescovi del Burkina Faso si apprestano a incontrare Papa Francesco in visita "ad Limina" assieme ai presuli del Niger e nell'episcopato burkinabé serpeggia in modo pacato la preoccupazione per una situazione di insabilità e violenza armata che, come spesso accade, finisce per far pagare il prezzo più duro ai civili.
Lotta per l'acqua
In una terra difficile, dove l'acqua è un bene mille volte più prezioso dell'oro, dove una pompa deve spingersi a decine di metri sotto terra per arrivare a spremere qualche litro, la vita della Chiesa locale si sviluppa soprattutto accanto alle famiglie. Sono loro il nostro obiettivo pastorale primario, spiega a VaticanNews mons. Laurent Dabiré, vescovo di Dori, una diocesi del nord che comprende 5 parrocchie e nel 2013 circa 13 mila battezzati.
Chiesa viva
Siamo una piccola Chiesa viva in un Paese a maggioranza islamica, afferma il presule, che assieme agli altri vescovi lotta per migliorare le condizioni di vita dei burkinabé. La popolazione locale - islamica oltre il 60% (i cattolici sono circa due milioni e mezzo) - oltre alla siccità deve sfidare la penuria di cibo, con due milioni di persone tra le vittime più colpite dalla carestia. Moltyo attiva è la Caritas, che dal 2012 ha avviato un progetto in tre fasi per aiutare migliaia di famiglie, soprattutto bambini, ad avere un futuro oltre lo spettro della malnutrizione.
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