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Cardinale Parolin: Santa Sede in prima linea nella difesa della libertà religiosa

A Roma il Simposio Defending International Religious Freedoom. L'intervento conclusivo affidato al Segretario di Stato Vaticano che parla di minoranze perseguitate, migrazioni e dialogo interreligioso indicando le azioni per difendere la libertà di professare la propria fede

Marco Guerra – Città del Vaticano

“Come sempre il Santo Padre pone dei segni molto significativi. Anche questo è un segno che dimostra ancora una volta la sua vicinanza a quelle terre e a quelle popolazioni”. Così il Segretario di Stato Vaticano, cardinale Pietro Parolin, a margine del simposio “Defending International Religious Freedoom: Partnership and action” tenutosi oggi a Roma, ha parlato della Giornata di riflessione e preghiera per la Pace in Medio Oriente che Papa Francesco vivrà insieme ai capi delle Chiese d’Oriente, sabato 7 luglio a Bari.

Collaborazione tra Chiese cristiane

Il porporato ha parlato dei propositi del Santo Padre relativi all’evento di Bari: “La sua convinzione è che le Chiese cristiane,  saranno presenti i patriarchi di diverse denominazioni cristiane, possano collaborare nella ricerca di una soluzione, tenendo conto anche del forte sentimento religioso di quelle popolazioni”.  “Quindi sarà un passo in questa direzione – ha aggiunto il Segretario di Stato  – un passo anche nella direzione di questo convegno, cioè di assicurare maggiore libertà religiosa, di assicurare rispetto per tutti e collaborazione di tutti alla costruzione del proprio Paese”. (Ascolta le dichiarazioni del cardinale Pietro Parolin al simposio “Defending International Religious Freedoom: Partnership and action")

Parolin: su migrazioni serve risposta europea

Il cardinale Parolin ha poi risposto ad alcune domande sul tema della gestione dei flussi migratori e dell’accoglienza dei migranti: “Credo" ha detto "che ci debba essere una risposta comune a questo problema. Certamente i porti chiusi non sono una risposta". In vista poi dell’incontro di martedì prossimo di Papa Francesco con il presidente francese Macron, il porporato ha indicato che la questione migrazioni “sarà certamente tra i temi da trattare".

Superare indifferenza politica

L’evento sulla difesa internazionale della libertà religiosa, organizzato in collaborazione da Aiuto alla Chiesa che soffre, Comunità di Sant’Egidio e Ambasciata degli Stati Uniti presso la Santa Sede, è stato chiuso proprio da un discorso del cardinale Parolin, che ha elencato una serie di azioni da porre in essere per difendere la libertà religiosa, tra cui superare ogni indifferenza politica; sensibilizzare l’opinione pubblica; fare in modo che le condizioni economiche e sociali consentano il ritorno delle minoranze alle loro terre d’origine; alimentare il dialogo interreligioso; curare la formazione religiosa per prevenire la radicalizzazione e mettere fine al flusso di denaro e armi che permettono gli attacchi alle minoranze.

Preoccupazione per persecuzione minoranze

“Ho partecipato a questo convegno proprio perché la Santa Sede è in prima linea nella difesa e nella promozione della libertà religiosa – ha spiegato il porporato - e vede, con estrema preoccupazione quello che sta capitando nel mondo, dove le minoranze, siano esse etniche o religiose, non vengono rispettate, anzi, molte volte sono osteggiate, addirittura perseguitate, e si tende a farle scomparire”.“Noi vorremmo che le religioni diventassero fattori di pace e che quindi, attraverso un serio e costruttivo dialogo interreligioso, offrissero delle soluzioni ai tanti conflitti che ci sono nel mondo” ha concluso il porporato.

Impagliazzo: cristiani i più perseguitati

Il simposio, ospitato presso la Pontificia Università della Santa Croce, ha visto anche l’intervento del presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo che ha sottolineato la necessità di collegare la libertà religiosa agli altri diritti. Impagliazzo ha quindi evidenziato che i cristiani restano la comunità di fedeli più perseguitata al mondo e ha aggiunto che occorre lavorare affinché in tutti i Paesi del mondo siano tutelate le minoranze religiose. Secondo il presidente della Comunità di Sant’Egidio è pertanto importante che al dialogo interreligioso facciano seguito azioni concrete, perché la migliore azione per difendere la libertà religiosa- ha detto- è "quando ciascun gruppo si preoccupa di tutelare i diritti di altri gruppi di credenti".

mons. Khaled Akhasheh, del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso

Mons. Akhasheh: non accettabile selezione su base religiosa

Fra i relatori anche monsignor Khaled Akhasheh, del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, che ha auspicato che la libertà religiosa “venga percepita non come una minaccia alla pace e all’armonia delle società, ma come una necessaria condizione per un vero benessere”. Nel suo intervento mons. Akhasheh ha sottolineato come la difesa della libertà religiosa deve valere per tutti gli uomini soprattutto in un mondo globalizzato.  “L’universalità – ha detto – è anche una condizione necessaria per la credibilità dei credenti e delle loro religione perché la selezione, a base etnica o religiosa, non è accettabile”. A tal proposito mons. Akhasheh ha ricordato che i musulmani hanno molto apprezzato l’attenzione riservata da Papa Francesco alla sorte dei Rohingya.

Cardinale Sandri: Libano baluardo della libertà religiosa

In mattinata nel suo intervento il cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, aveva dal canto suo, sottolineato il richiamo alla libertà religiosa della Chiesa Cattolica come servizio a tutta l’umanità sofferente e non solo ai propri fedeli e i rischi, nei cosiddetti “paesi evoluti”, che questo diritto inalienabile sia violato a causa di una sorta di “confinamento a subcultura” del fatto religioso. Attenta la disamina della situazione in Medio Oriente tracciata dal cardinale Sandri che in merito alla libertà religiosa ha detto di intravedere nel Libano un baluardo indispensabile per l’equilibrio di tutta l’area e ha auspicato per l’Iraq la creazione di “zone protette” per i cristiani prima tappa verso una "coabitazione stabile tra  musulmani sciiti, sunniti, curdi, cristiani, yazidi  per far rifiorire il Paese".

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25 giugno 2018, 17:03