Vaticano: mons. Carlo Alberto Capella rinviato a giudizio per pedopornografia
“II Giudice Istruttore presso il Tribunale dello Stato della Città del Vaticano ha provveduto nella giornata odierna alla notifica all’imputato Mons. Carlo Alberto Capella, al suo avvocato e al Promotore di Giustizia, della sentenza di rinvio a giudizio a conclusione della fase istruttoria del procedimento in corso a suo carico”. Lo rende noto un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede.
Il 22 giugno l'inizio del processo
“II reato contestato a Mons. Capella è quello di pedopornografia nelle particolari fattispecie previste e punite dagli articoli 10 e 11 della legge n. VIII del 2013 (detenzione e scambio di materiale pedopornografico con l’aggravante dell’ingente quantità)”. La prima udienza del processo avrà luogo venerdì 22 giugno prossimo, alle ore 15.00. “Nella requisitoria del 30 maggio 2018 il Promotore di Giustizia, ritenendo sufficienti le prove acquisite, aveva chiesto che il Giudice Istruttore dichiarasse chiusa l’istruzione formale e disponesse con sentenza il rinvio a giudizio dell'imputato. II Giudice Istruttore, ritenuta la giurisdizione dell’Autorità giudiziaria vaticana - perché il reato contestato riguarda fatti commessi da un pubblico ufficiale, anche se all’estero - ha dichiarato chiusa l’istruzione formale e ha rinviato a giudizio Mons. Capella, con provvedimento del 7 giugno 2018”.
In servizio presso la Nunziatura di Washington
In servizio in Segreteria di Stato fino al 2015, Mons. Capella, di origine emiliana, era stato successivamente inviato come secondo segretario alla Nunziatura Apostolica a Washington. L'apertura di un fascicolo nei suoi confronti da parte del promotore di Giustizia risale al settembre 2017 in seguito ad una segnalazione del Dipartimento degli Stati Uniti e ad una precedente inchiesta e relativo ordine di arresto delle autorità del Canada dove il sacerdote aveva soggiornato.
Il mandato di cattura
Il 7 aprile scorso il Giudice Istruttore del Tribunale vaticano, al termine delle indagini e su proposta del Promotore di Giustizia, aveva emesso un mandato di cattura a carico del prelato, disponendone la detenzione in una cella della caserma del Corpo della Gendarmeria.
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