Santa Sede: politiche per la famiglia chiave della lotta alla povertà
Lisa Zengarini – Città del Vaticano
“La famiglia è il primario agente dello sviluppo sostenibile e quindi un modello di riferimento per la comunione e la solidarietà tra le nazioni e le istituzioni internazionali”. Lo ha ribadito mons. Bernardito Auza, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Onu a New York, intervenendo ieri a un dibattito all’Assemblea generale sullo sradicamento della povertà. Il presule ha sottolineato come “politiche favorevoli alla famiglia contribuiscano efficacemente al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo” fissati dall’Agenda 2030 e alla promozione di società pacifiche.
Riaffermare lo spirito dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile
Obiettivi che oggi sembrano ancora lontani, visti i dati poco incoraggianti dell’Onu sull’aumento del numero di persone colpite dalla fame a causa di guerre, siccità e disastri naturali, mentre cresce un clima di sfiducia nelle istituzioni e diminuisce lo spirito di collaborazione internazionale. La chiave per uscire da questo stallo – ha evidenziato mons. Auza – è la riaffermazione della visione dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile basata sulla “centralità della persona umana come soggetto primario responsabile dello sviluppo”.
Necessaria un’attenzione condivisa per la famiglia
Il delegato vaticano si è soffermato quindi sull’importanza di “un’attenzione condivisa per la famiglia e i suoi membri” che, ha detto, “è un sicuro contributo alla riduzione della povertà”, alla promozione della la parità di genere, al miglioramento dell’equilibrio tra famiglia lavoro e riposo e alla solidarietà integenerazionale.
Non imporre politiche che minano i valori e le culture dei Paesi poveri
Mons. Auza ha poi ribadito la necessità di una maggiore collaborazione tra le nazioni nella lotta alla povertà e in particolare del sostegno dei Paesi ricchi ai programmi di sviluppo in quelli più poveri. “Allo stesso tempo – ha però ammonito - gli Stati e le organizzazioni internazionali non dovrebbero utilizzare l'assistenza economica internazionale o i programmi di sviluppo per fare pressione su altri Stati e organizzazioni affinché adottino politiche che minano i fondamenti etici e culturali della loro società. La fiducia non può essere ricostruita su queste basi. Essa comincia quando le persone e i loro bisogni sono posti al centro dei nostri interventi. “Solo ponendo uomini e donne reali al centro le Nazioni Unite - ha quindi concluso - possono essere veramente utili a tutti”.
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