Sinodo. Rosina (Ist. Toniolo): ora dare spazio al protagonismo dei giovani
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
La paura del futuro dei giovani dei Paesi ricchi e le speranze di un futuro migliore di quelli che vivono in Paesi più poveri. La forza della fede dei giovani dei Paesi dove i cattolici sono minoranza e la crisi di quello dei Paesi a maggioranza cattolica. Tutto questo chiede al Sinodo dei vescovi dedicato ai giovani “risposte sia collettive sia mirate, ma che in ogni caso mettano in campo il protagonismo e la voglia di positività dei giovani stessi”. Ne è convinto Alessandro Rosina, docente di demografia all’Università cattolica di Milano, coordinatore scientifico del “Rapporto giovani” dell’Istituto G. Toniolo, al Sinodo come esperto collaboratore del segretario speciale. (Ascolta l'intervista ad Alessandro Rosina)
Coordinatore del questionario on line per i giovani
Come coordinatore dell’Osservatorio giovani del Toniolo, il professor Rosina ha gestito la progettazione e lo svolgimento del questionario on line per i giovani sul sito www.synod2018.va, chiuso nel dicembre 2017 e i cui primi risultati sono stati consegnati ai padri sinodali all’inizio dei lavori. Le risposte di oltre 100 mila giovani di tutto il mondo sono state tra le fonti utilizzate per la stesura dell’Instrumentum Laboris. Per questo gli chiediamo quale universo giovanile emerge dalle risposte al questionario:
R. – Emerge il ritratto di un universo di giovani con grandi potenzialità ma anche con grandi insicurezze, con un desiderio di dare un valore e un senso alla propria vita, consapevoli di avere le potenzialità per costruire assieme un futuro migliore, ma anche consapevoli di vivere in un mondo pieno di limiti e di contraddizioni e con un alto rischio di perdersi. E quindi l’esigenza e la domanda di alleati interlocutori, affidabili e autentici, che aiutino i giovani a diventare soggetti positivi della preparazione del proprio futuro e soggetti attivi del cambiamento sociale.
Infatti questo Sinodo ha insistito molto sull’importanza dell’accompagnamento…
R. – Sì, l’accompagnamento ha esattamente questo ruolo: da un lato il riconoscimento che i giovani devono trovare la propria strada, che vivono in un mondo in cui devono anche trovare la possibilità di vivere il nuovo di cui sono portatori, e di portare la positività in questi nuovi tempi. Ma i giovani hanno anche bisogno di chi li aiuti a riconoscere che una scelta è comunque un impegno positivo verso il futuro, che bisogna comunque lasciare qualcosa per essere aperti a qualcosa di ancora più grande che consenta di costruire una vita ricca, piena di gioia, e in cui anche la profondità della fede e della spiritualità diventa un arricchimento fondamentale per una costruzione piena di sé.
Adesso siamo nella terza fase. Saranno possibili, secondo lei, risposte pastorali comuni alle domande dei giovani dei diversi continenti?
R. – Ci sono degli elementi comuni che riguardano tutti i giovani, che quindi richiedono una strategia e un impegno comune della Chiesa rivolti a tutti i giovani, perché ci sono aspetti antropologici generazionali che riguardano tutti, e alcune sfide di un mondo sempre più globale che riguardano tutti. Ma poi ci sono le specificità dei vari contesti verso i quali c’è bisogno di una risposta più specifica e mirata. Perché ci sono giovani che vivono in Paesi ricchi in condizione di benessere ma con timore verso il futuro; mentre invece ci sono giovani che vivono in Paesi più poveri ma con grandi aspettative per un futuro migliore. Ci sono giovani che vivono in Paesi in cui la religione cattolica è minoranza, ma ciononostante vivono la fede con grande forza e convinzione; e altri giovani che invece vivono in Paesi a maggioranza cattolica ma che sono in crisi rispetto alla loro vita di fede. Tutto questo quindi ha bisogno di risposte sia collettive sia mirate, ma che in ogni caso mettano in campo il protagonismo e la voglia di positività dei giovani stessi.
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