Sinodo. Card. Filoni: dinamicità giovani è ricchezza per la Chiesa
Fabio Colagrande - Città del Vaticano
“Auspico che da questo Sinodo esca un’immagine del mondo giovanile come mondo in ricerca, sempre predisposto all’apertura spirituale, interiore, psicologica, morale. Giovani aperti alle novità che non si accontentano di realtà predefinite e che diventeranno quindi adulti consapevoli e responsabili”. Lo afferma il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, ai microfoni di Radio Vaticana Italia, in una pausa dei lavori della XV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, dedicata al tema ‘I giovani, la fede e il discernimento vocazionale’.
Dinamicità e apertura sono la ricchezza dei giovani
“È importante – spiega il porporato – che tutto il mondo, non solo la Chiesa, ma anche ad esempio la politica, consideri con attenzione il problema di quale mondo stiamo lasciando ai nostri giovani. Come dice il Papa i giovani non devono lasciarsi imprigionare, devono restare liberi, in ricerca, andare avanti. I giovani non sono una categoria statica: c’è una dinamicità, perché chi è giovane si muove, nel giro di pochi anni diventa maturo e porta con sé questa ricchezza. Questa dinamica dell’apertura è un grande valore e se il Sinodo riuscirà a valorizzarla sarà già un grande frutto”.
Di quali giovani parliamo?
“Come realtà dinamica, indubbiamente i giovani obbligano la Chiesa a ripensarsi, ma non abbiamo formule che valgono per tutti. Dobbiamo capire di quale gioventù parliamo”, continua il prefetto di Propaganda fide. “Se parliamo della fase tra i 14 e i 16 stiamo parlando di adolescenti. Ed è una fase molto diversa da quella della gioventù: fra i 25 e i 28. E poi c’è una fase intermedia”. “Insomma – chiarisce Filoni - non si può parlare genericamente di giovani, altrimenti si rischia di dire delle cose che vanno bene per una fascia di età e non per un’altra. Ad esempio, nel campo della formazione. A 29 anni un giovane ha già ricevuto la formazione ed è in cerca di un lavoro, mentre a 16 è ancora in ricerca, disorientato. Quindi è chiaro che non si possono considerare i giovani come una realtà compatta, ma vanno comprese le diverse esigenze”. “Per fare un altro esempio – continua il porporato – non è la stessa cosa parlare dei giovani dell’Africa, dell’Asia o dell’Europa. Qui parliamo di quasi due miliardi di persone. Gli esponenti delle conferenze episcopali intervenuti al Sinodo hanno portato esperienze diverse. Abbiamo giovani come quelli del contesto africano che partecipano molto alla vita della Chiesa. In altri contesti invece questa realtà è molto più problematica.”.
Il distacco dei giovani non è fenomeno solo ecclesiale
“Il mondo giovanile, da sempre, ha avuto difficoltà ad integrarsi nella Chiesa o a rispondere in un modo completo. Abbiamo avuto delle risposte straordinarie in molti casi, in molti gruppi”, aggiunge il prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli. “Ma il mondo giovanile, di per sé stesso, è sempre una realtà che tende a staccarsi. Si stacca dalla famiglia, si stacca dalla società tradizionale, si stacca anche dalla Chiesa. Pensare che il distacco, l’allontanamento spontaneo dei giovani, sia solo una realtà ecclesiologica è, secondo me, fuorviante”. “È il giovane stesso che, nel suo processo di ricerca, si pone il problema di come stare all’interno della Chiesa, se è essere Chiesa, come essere Chiesa. Sono fase tipiche della ricerca giovanile che poi magari ritornano in periodi successivi della maturità, anche molto più in là. L’entusiasmo giovanile, magari momentaneamente sopito, spesso ritorna con una maturità e saggezza inaspettate”.
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