Sinodo. Mons. Forte: il volto di una Chiesa “in ascolto”
Fabio Colagrande – Città del Vaticano
“Ci tengo innanzitutto a sottolineare la forza dell’evento, il significato che ha avuto per la nostra Fede e per la Chiesa tutta”. Lo afferma monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, teologo, appena rientrato in diocesi dopo aver trascorso un mese a Roma, per partecipare alla XV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, dedicata ai ‘Giovani, la fede e il discernimento vocazionale’, durante la quale ha lavorato anche nella commissione per il documento finale. “E’ stato un vero evento di Grazia – spiega – un evento sinodale, come propriamente dovrebbe essere definito. Cioè un evento in cui si è camminato insieme ‘cum Petro e sub Petro’: con la guida di Pietro, sotto di lui e con lui”. “Noi – racconta il teologo – abbiamo proprio avvertito questo e Papa Francesco si è messo davvero in gioco affinché tutti avessero la possibilità di contribuire, intervenendo con la massima libertà.
Questi giovani sono “segni dei tempi”
A cominciare dai giovani che erano presenti come uditori e che hanno dato un apporto fondamentale”. “Proprio per questo – spiega mons. Forte – mi sembra che ne emerga davvero il volto di una Chiesa ‘in ascolto’, a cominciare dal Santo Padre che si è messo in ascolto di tutti. Ma pensiamo a questi 270 vescovi, in rappresentanza di tutti i continenti, che hanno ascoltato, si sono lasciati stimolare, in qualche modo anche provocare e condurre dai giovani di tutto il mondo che erano stati invitati”. “Ebbene, questi pastori sono il segno di una Chiesa che si è messa in ascolto assieme al Successore di Pietro, una Chiesa che riconosce che nei ‘segni dei tempi’, dunque anche in questi giovani che sono per tanti aspetti il presente e il futuro del mondo, lo Spirito le sta parlando”.
Una Chiesa della gioia
“Un altro aspetto che mi ha colpito particolarmente – racconta ancora l’arcivescovo – è che abbiamo vissuto l’esperienza di una Chiesa della gioia. Quello che è venuto fuori da questo confronto con i giovani e che posseggono una carica di futuro, speranza e gioia, nonostante tutto, che è profondamente sintonizzata con la gioia che Cristo dona al cuore e alla Chiesa”. Quindi – aggiunge Forte – non soltanto un Sinodo come gli altri, ma un Sinodo del tutto unico in cui la giovinezza della Chiesa si è manifestata come segno di speranza per il mondo”. “E anche il documento finale, con la sua articolata complessità, in realtà ha registrato i vari aspetti che la realtà dei giovani nel mondo presenta e anche le sfide, gli appelli che essa lancia alla Chiesa e gli impegni che siamo chiamati tutti a vivere come battezzati perché questa Chiesa sia obbediente rispetto ai segni che lo Spirito ci sta dando”.
Oltre il Sinodo, la scommessa della ‘sinodalità’
“Bisogna sottolineare inoltre come questo sia stato il primo Sinodo a svolgersi secondo le direttive della costituzione apostolica ‘Episcopalis communio’ “, aggiunge mons. Forte. “La direttrice da seguire non è solo quella di un Sinodo in cui la Chiesa si riunisce per alcune occasioni, ma di un’intera Chiesa sinodale in cui, sotto la guida dei Pastori, tutti hanno diritto di parola, tutti possono essere ascoltati e insieme, nel discernimento dei pastori, si può costruire il futuro che Cristo chiede alla sua Chiesa”. “Credo sia la ‘sinodalità’ la grande scommessa su cui anche Papa Francesco sta guidando la Chiesa”, aggiunge l’arcivescovo di Chieti-Vasto. “E la sinodalità non toglie nulla all’autorità del Vescovo di Roma e dei vescovi che sono in comunione con lui. Anzi, arricchisce quest’ultima con l’apporto di tutti, perché dove c’è sinodalità c’è bisogno di discernimento e di guida, è questo è il compito del Successore di Pietro nella Chiesa universale e di ogni vescovo nella Chiesa locale a lui affidata”.
Oltre il documento finale, un nuovo stile
“Il Papa al termine dei lavori del Sinodo ha ricordato che il suo risultato non può limitarsi a un documento e che il documento finale, redatto e approvato dal Sinodo, ora viene affidato dallo Spirito agli stessi padri sinodali affinché lavori nel loro cuore”, conclude mons. Forte. “In pratica il Papa ci ha detto che siamo noi i veri destinatari di questo documento. Francesco ha voluto dirci che quelle non sono parole scritte. Sono parole di vita che debbono ardere nel nostro cuore, e debbono cambiare il nostro cuore e quello della Chiesa per cambiare il cuore dell’umanità”. “Il Pontefice – spiega il teologo – non si accontenta di un testo scritto, anche perché sa che ne abbiamo prodotti già tanti, più o meno efficaci o recepiti”. “Quello che gli sta a cuore è un processo da attivare, un cammino da vivere. E mi sembra che questo sia anche il grande mandato che questo Sinodo dà alla Chiesa tutta”.
Il Papa ci chiede di essere testimoni gioiosi
“Non si è trattato di un Sinodo settoriale che ha riguardato un particolare aspetto della vita pastorale della Chiesa. Si è trattato di un Sinodo che ha lanciato un nuovo stile di Chiesa in ascolto, una Chiesa sinodale in cammino con tutti, a cominciare dai giovani. Ancora una Chiesa che vive la comunione sotto i Pastori, a cominciare da quella con il Successore di Pietro, e vivendola in questo modo intenso la arricchisce dell’apporto di tutti”. “Ecco, dunque, un cammino che è iniziato e che dovrà continuare aprendosi alle sorprese di Dio. Papa Francesco non ha paura del futuro, non ha paura di una Chiesa in uscita e vorrebbe contagiare – questa è la sensazione che ho avuto – tutti noi con questo atteggiamento di profonda fiducia e speranza, di affidamento al soffio dello Spirito, che attraverso le parole del documento finale ci parla, ma certamente ci chiede di andare oltre e di viverle: di esserne testimoni gioiosamente per il futuro della Chiesa e del mondo”.
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