Sinodo. P. Lepori: la fede nasce dall’incontro
Fabio Colagrande - Città del Vaticano
“Mi colpisce molto la ricchezza dell’incontro con la Chiesa che il Sinodo rappresenta per ognuno di noi. Un incontro con la Chiesa universale che sperimentiamo negli interventi e anche negli incontri informali che avvengono attorno al Sinodo e anche nei Circoli minori”. In una pausa dei lavori della XV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, padre Mauro Giorgio Giuseppe Lepori, Abate Generale dell'Ordine Cistercense, commenta così la sua esperienza come padre sinodale, ai microfoni di Radio Vaticana Italia.
L’autorevolezza dei giovani uditori
“Mi ha colpito anche molto la qualità degli interventi dei giovani invitati come uditori al Sinodo a loro dedicato”, spiega. “Mi impressiona l’autorevolezza dei loro interventi. Ieri, ad esempio, è intervenuto un ragazzo iracheno e ha ottenuto forse il primo applauso, sentito e prolungato di tutta l’assemblea, trasmettendoci l’esperienza tragica, drammatica della sua Chiesa. Ecco, lì si è visto che c’è un’autorevolezza dell’esperienza dei giovani che il Sinodo sta veramente accogliendo, anche attraverso tutto il lavoro di preparazione che si è fatto. Questi ragazzi sono un po’ la crema di tutto questo lavoro e il loro apporto è davvero eccezionale”.
Discernimento vocazionale in comunità
“Un aspetto che è uscito in questi giorni di riflessione – spiega padre Lepori – è che dobbiamo arrivare a fondare le vocazioni nella vocazione dell’uomo che è stato creato da Dio per vivere in comunione con Lui, nella felicità”. “Si è capito che è necessario che la Chiesa con più chiarezza aiuti ad affrontare il tema delle ‘vocazioni’ all’interno di questo ‘humus’”. “E credo – afferma il religioso – che sarebbe anche importante riaffermare il fatto che il luogo di verifica delle vocazioni è la comunità cristiana, cioè la vita comunitaria”. “Non basta un rapporto con un accompagnatore a tu per tu, astratto. Serve una verifica vocazionale fatta dentro la vita della comunità. Per questo ci sono state anche molte proposte di creare dei luoghi o delle comunità che aiutino i giovani a fare questa verifica, nella verità, nella realtà della comunità cristiana”.
Riacquistiamo fiducia nell’incontro personale
“Non si può pretendere che i vescovi siano prossimi a tutti, ma il principio della prossimità, vicinanza, è centrale nel cristianesimo che si trasmette proprio nell’incontro personale”, aggiunge ancora l’Abate generale. “A volte ci poniamo il problema universale della fede dei giovani, ma dimentichiamo che l’avvenimento cristiano si è trasmesso attraverso i dodici apostoli e i primi discepoli che, incontro dopo incontro, hanno dilagato nel mondo”. “Penso – aggiunge padre Lepori – che dobbiamo riacquistare fiducia nel principio che lo Spirito Santo raggiunge l’universo attraverso l’incontro personale, la carne della Chiesa. A volte corriamo il rischio di porci il problema in maniera astratta e quindi in un modo che ci opprime, perché se ci poniamo la questione dell’evangelizzazione dei giovani in generale, nella sua globalità, è normale che ci si disperi. Ma se invece ce lo poniamo come probabilmente se lo poneva San Paolo cominciamo ad incontrare chi possiamo incontrare, a trasmettere Cristo e ad offrire una compagnia”. “Dovremmo chiederci – conclude – quale prossimità è richiesta a ognuno di noi, con i giovani che incontriamo”.
I giovani hanno un grido dentro
“Spesso si dice che dai giovani oggi arriva una domanda di spiritualità che la Chiesa non riesce ad intercettare”, aggiunge l’Abate generale dei cistercensi. “Io trovo però che ‘spiritualità’ sia un termine troppo astratto: preferisco parlare di sete di felicità, come ogni uomo dalla creazione di Adamo in poi. I giovani hanno un grido dentro: nella Regola di San Benedetto è scritto: ‘Chi è l’uomo che vuole la vita e arde dal desiderio di vedere giorni felici?’. Questo è l’uomo ‘tout court’, e i giovani di oggi hanno questa sete, lo sappiamo per fede e per esperienza personale. Magari esprimono questo bisogno in modi che ci sconcertano e forse dobbiamo capire il loro grido e rispondere in modo che possano ascoltare, essere raggiunti dalla risposta che è Cristo”.
I giovani siano raggiunti da Cristo
“Da questo Sinodo mi aspetto quello che si aspetta la Chiesa”, conclude padre Lepori. “E cioè che i giovani siano più amati dalla Chiesa, più raggiunti da Gesù Cristo e siano raggiunti dall’esperienza di vita che Cristo ha offerto al mondo. Spero che il Sinodo serva a questo, altrimenti non servirà a niente, né alla Chiesa, né soprattutto ai giovani”.
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