Sinodo. Severgnini (Cl): chi insegna deve amare
“È un’esperienza di condivisione: si entra in contatto con vescovi, cardinali e giovani di tutto il mondo. Questo dice tantissimo dell’universalità della Chiesa, del fatto che si è cattolici veramente. Quindi è un’esperienza di accoglienza e ascolto reciproco, di apprendimento, molto, molto bella”. Così, Matteo Severgnigni, direttore della High School a Kampala, Uganda, e membro del Movimento di Comunione e Liberazione, racconta ai microfoni di Radio Vaticana Italia, la sua esperienza come Uditore al Sinodo dedicato ai giovani.
Ciascuno ha un posto nel cuore di Dio
“Se dovessi riassumere in una frase il significato di questo Sinodo - spiega il prof. Severgnini - direi che la Chiesa sta cercando di rimettere a fuoco il fatto che ciascuno ha un posto nel cuore di Dio”. “Infatti si parla tanto della vocazione. E la vocazione giovanile, ma direi la vocazione di tutti, si concentra nel fatto che ognuno ha uno spazio nel cuore di Dio, ognuno è chiamato e preferito da Dio”. “Questo fatto, poi, ha diverse sfaccettature all’interno di diverse problematiche”, aggiunge il direttore della High School di Kampala, “nei social network, per esempio, dove ognuno è alla ricerca del ‘mi piace’, che è in fondo una ricerca di essere preferiti, guardati, amati. O nella società, dove in molti cercano di affermarsi dal punto di vista politico, o nell’incontro con gli altri, con i migranti. Tutto si riduce alla fine nel sentirsi o non sentirsi nel cuore di Dio, nell’essere voluti, amati”.
‘Caro Papa, come fai ad essere felice?’
“Tema centrale al Sinodo è la volontà dei giovani di essere protagonisti nella Chiesa”, sottolinea il professore di CL. “Non a caso, una parola che continua a ritornare è ‘ascolto’. I giovani voglio essere ascoltati, desiderano che il loro cuore sia accolto. Non hanno paura di dire ciò che desiderano veramente”. “Un esempio viene dalla mia esperienza personale”, spiega Severgnini. “Io vivo in Uganda, a Kampala, e lavoro in una scuola. Ventiquattr’ore prima di partire ho chiesto ai miei ragazzi se avevano qualcosa da dire al Papa. Ebbene, ho ricevuto venticinque lettere e mi hanno già detto che ce ne sono altre. Appena arrivato a Roma le ho consegnate al Papa dicendogli: guardi che qui ci sono moltissimi desideri e domande dei nostri ragazzi. Una di queste lettere era aperta e ho avuto l’autorizzazione dell’autore a leggerla. Ecco, questo studente faceva al Papa una domanda bellissima: ‘Come vive lei l’esperienza della felicità? Come fa a essere felice?’. Non era la richiesta di una ricetta ma di una esperienza di vita, rivolta al Papa”.
Insegnare significa accettare l’altro
“Dal 2012 sono in Uganda - spiega ancora Matteo Severgnini - dove dirigo la High School e mi occupo soprattutto di formazione dei docenti. Lavoriamo con sessanta docenti ugandesi che provengono da una cultura molto dura. Pensate che in Uganda gira ancora un proverbio: ‘Le orecchie degli studenti sono sul sedere’, nel senso che la violenza è l’unico modo per farsi ascoltare. E quindi, nella scuola ugandese c’è ancora molta violenza, non solo psicologica”. “Ci siamo perciò ritrovati con sessanta insegnati che avevano subito questo tipo di formazione e pensavano che per istruire si potesse utilizzare solo il terrore. Li abbiamo aiutati a comprendere che insegnare significa accettare l’altro, come si dice in questo Sinodo, e quindi a educare partendo dall’amore. Dopo due anni eravamo una delle migliori scuole del Paese, senza utilizzare la violenza”. “Lavoro con ragazzi che vengono da una delle più grande baraccopoli di Kampala e spesso non hanno da mangiare”, aggiunge. “Mi colpisce il loro sorriso quando si sentono voluti bene. Così capiscono chi sono veramente e da lì possono ripartire”.
Il Papa ci ha detto di continuare a fare ‘chiasso’
“Sono tra gli uditori di questo Sinodo ma non mi considero giovane, sono un trentenne”, chiarisce Severgnini. “Ma è vero che in aula, durante il Sinodo, i giovani uditori partecipano molto, facendosi sentire rumorosamente quando vogliono approvare i temi che sono loro più congeniali”. E conclude con una confidenza sui lavori sinodali: “Qualche giorno fa il Papa è salito in mezzo a noi, nella nostra sezione della platea, e ci ha detto: ‘Continuate a fare chiasso! Continuate a farvi sentire!’. Voleva dirci, evidentemente, di continuare a far sentire il grido del nostro cuore”.
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