Sinodo, Fragnelli: Occidente si apra a profezia giovani
Fabio Colagrande - Città del Vaticano
“La sinodalità rimarrebbe un concetto, un auspicio, senza esperienze come queste. Abbiamo avuto invece la possibilità di sperimentare la carne del Sinodo, l’incontro con confratelli che vengono da tutte le parti del mondo e che ci aiutano ad uscire da schemi che sono prevalentemente occidentali, anche nella valutazione della missione della Chiesa e nelle potenzialità che ci sono per il futuro”. A pochi giorni dalla chiusura della XV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, dedicata ai “Giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, mons. Pietro Maria Fragnelli, vescovo di Trapani e Padre sinodale, ne traccia un bilancio ai microfoni di Radio Vaticana Italia. (Ascolta l'intervista a mons. Fragnelli)
Il desiderio di un Vangelo ‘vivo’
“Delle testimonianze dei giovani uditori in Aula mi ha colpito il loro desiderio di un Vangelo vivo, di un Vangelo che sia presentato da testimoni, da persone credibili che siano attente alle situazioni più gravi che il mondo di oggi presenta”, racconta il presule. “Sono rimasto profondamente colpito dalla situazione dell’Iraq che, certo, conoscevamo già, ma un conto è sentirne parlare o leggere dai giornali, un altro è cogliere la traccia profonda che viene dal vissuto dei cristiani che vivono in quei paesi”. “Ma mi ha colpito anche l’impatto con la tragedia delle migrazioni - spiega Fragnelli - e la complessità di tanti altri problemi sociali che chiedono al Vangelo non solo, e non anzitutto, una soluzione politica, bensì uno spirito di fraternità che dia la forza necessaria a combattere tutte le chiusure”.
L’importanza degli scambi interecclesiali
“Il Sinodo deve dare sicuramente delle risposte pastorali concrete”, aggiunge il vescovo di Trapani. “Di fronte a questa crescente esperienza di globalizzazione che la Chiesa vive dappertutto, noi ci attendiamo che gli strumenti della vita pastorale e le strutture, siano rivisitati da una visione più piena e completa della missione della Chiesa. Serve una crescita nella capacità di generare alla cattolicità”. “Mi aspetto anche - aggiunge Fragnelli - che le nostre diocesi modifichino concretamente il senso della missionarietà”. “Finora siamo stati abituati a pensare che una diocesi dovesse inviare risorse e personale alle diocesi di recente costituzione. Questa esperienza del Sinodo ci fa capire che possiamo e dobbiamo vivere anche di scambi tra le diverse chiese del mondo. Sicuramente così potremmo aiutare il nostro Occidente, per tanti versi entrato in un tunnel difficile da superare se non si apre al positivo che viene dagli altri continenti e da altre popolazioni”.
Occidente troppo legato al mondo adulto
“Il mondo giovanile, che in gran parte non è occidentale ma dell’America Latina, dell’Africa e dell’Asia, ha bisogno di essere compreso nelle sue potenzialità da tutta la Chiesa”, aggiunge Fragnelli. “E noi vogliamo e dobbiamo investire di più sui giovani e offrirgli degli spazi veri. Penso che la nostra mentalità occidentale sia ancora troppo legata al mondo adulto e questa la rende incapace di comprendere la profezia dei giovani. In questo senso, il Sinodo è un contributo formidabile dato non solo alla Chiesa ma alla cultura in generale”.
Ogni migrante che muore è l’umano che muore
“Al Sinodo - conclude Fragnelli - si è parlato molto anche dei giovani migranti e secondo due prospettive. Da un lato, dalle Chiese dei paesi che si depauperano a causa delle migrazioni è venuto forte l’invito a non abbandonarle e aiutare tutti coloro che vogliono rimanere in patria a superare tutte le difficoltà di emarginazione, esclusione sociale e persecuzione”. “Dall’altro lato - aggiunge il vescovo di Trapani - si è parlato delle necessità di venire incontro ai migranti e aiutarli con una mentalità nuova che l’Europa e l’Occidente faticano ad assumere. Si è detto che ogni giovane che muore nel Mediterraneo o nel deserto, è l’umano che muore. È davvero, in questo senso, una rivoluzione d’amore che il Sinodo vuole proporre al mondo intero ed è stato importante accorgersi che voci che arrivano dall’Europa, dall’America Latina e dall’Oriente, insistono su questa urgenza”.
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