Ruffini: dal Sinodo il messaggio di una Chiesa unita nell'annunciare il Vangelo
Antonella Palermo - Sergio Centofanti
Un evento di fede e di comunione per comprendere cosa ci dice oggi lo Spirito Santo per portare il Vangelo in tutto il mondo: questo è stato il Sinodo sui giovani, che si è concluso questa domenica, secondo Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la Comunicazione. Come presidente della Commissione per l’Informazione del Sinodo, ha guidato i quotidiani briefing per i giornalisti accreditati.
Paolo Ruffini, cosa pensa abbia comunicato questo Sinodo ai giovani della Chiesa e di tutto il mondo?
Credo abbia comunicato soprattutto la bellezza del camminare insieme e la possibilità di una Chiesa giovane, senza paura, piena di entusiasmo, unita.
Lei ha iniziato il suo incarico di prefetto del Dicastero per la Comunicazione con un impegno molto forte. Qual è stata la sua esperienza personale?
Sono stati giorni molto pieni, molto faticosi, ma bellissimi. Ho visto tanta fede, tanto spirito di comunione. Tanta preghiera, tanta pazienza nell'ascoltarsi. Ho visto la possibilità di un futuro migliore. Ho visto come il Papa guida la Chiesa accompagnando i pastori, rassicurandoli, pregando con loro, e come i pastori siano sostenuti dal popolo di Dio.
Com’è andata la comunicazione dei lavori sinodali?
Credo bene. Nel senso che abbiamo costruito un dialogo costante con i media di tutto il mondo. Giorno dopo giorno. Non c'è comunicazione se non c'è dialogo. E i briefing quotidiani sono stati questo: un dialogo a più voci. Fatto di domande e di risposte. In un mondo abituato ad altri meccanismi, dove il dibattito non è un momento di confronto, di ascolto, di discernimento, e dove quel che si cerca non è la comunione ma lo scontro, non era facile per noi spiegare l'unicità di questo evento in cui la preghiera si intrecciava con gli interventi e l'assemblea mano a mano che i giorni passavano diveniva sempre più una cosa sola, e sotto la spinta dei giovani uditori, sempre più giovane. Alla fine però credo che il messaggio sia passato. Nel testo del documento finale, ma non solo in quello. E' passato nell’esperienza vissuta e raccontata da tutti i Padri sinodali. Da tutti i ragazzi. Per un mese l'aula del Sinodo è stato - come ha detto il Papa - uno spazio protetto dove protagonista non è mai stata l’opinione del singolo padre o del singolo uditore, ma il discernimento di una assemblea in comunione, che con i giovani ha cercato di capire cosa ci dice oggi lo Spirito, per incarnare il messaggio di Gesù e del Vangelo nel nostro tempo. Questo è quel che abbiamo cercato di comunicare. Spero che ci siamo abbastanza riusciti, ma so anche che non bisogna mai pensare di avere fatto abbastanza.
C’è un punto del Documento finale che riguarda la sfida digitale, dove si legge di un invito del Sinodo ad abitare il mondo digitale, promuovendone le potenzialità comunicative e ad impregnare di Vangelo le sue culture dinamiche. E poi si auspica la creazione di uffici e organismi per la cultura e l’evangelizzazione digitale, proprio per favorire lo scambio, le buone pratiche e per contrastare la diffusione di “fake news” riguardanti la Chiesa…
Direi che questo è un punto fondamentale. Anzi, quasi non direi nemmeno che si tratta di un tema tra gli altri, ma di una cosa che ha innervato tutti gli altri argomenti di discussione. Il digitale non è uno strumento, è un ambiente. E' l'ambiente del nostro tempo. Non è un mondo a parte, non è un continente nuovo. E' un po’ il luogo dei luoghi. E' l'ambiente dove tutti i linguaggi e tutti i continenti si uniscono, annullando tempo e spazio. E' il luogo dove si formano le identità, le conoscenze, le amicizie, gli amori, i rancori. Tutto questo ci sfida. E dobbiamo farci aiutare dai ragazzi ad abitare questo mondo. Più di un Padre sinodale ha citato il Santo Curato d’Ars per dire con lui: “Aiutami a trovare la strada e io ti dirò poi la strada più grande, che è quella della santità, dell'amore, della Verità, del Paradiso, del seguire Gesù”. La stessa cosa noi dovremmo dire ai ragazzi di oggi: loro sanno guidarci in questo mondo, ma noi dobbiamo cambiare prospettiva a questo mondo. In una società digitale così spesso costruita sulla negazione dell’altro, sul rancore, sulla falsità, noi possiamo restituire verità e possibilità di incontro, possiamo rendere l’ambiente digitale - il mondo digitale, il luogo digitale - un luogo bello per essere vissuto.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui