Al Sinodo la voce dei giovani del Sudan
Federico Piana - Città del Vaticano
Quali sono le istanze, i sogni, le speranze che i giovani del Sudan portano al Sinodo? Prima di rispondere mons. Edward Hiiboro Kussala, vescovo di Tombura-Yambio , presidente della Conferenza episcopale sudanese e padre sinodale, fa una premessa. Assolutamente necessaria se si vuole comprendere lo stato d’animo di ragazzi e ragazze gioiosi per essere stati chiamati da Papa Francesco a condividere un pezzo di cammino della Chiesa universale ma doloranti per le ferite ancora sanguinati causate da violenze delle quali il mondo ignora sistematicamente l’esistenza e i tragici sviluppi. “Da anni siamo sempre in guerra – ricorda con amarezza mons. Kussala-. La maggioranza della popolazione del Sudan e del Sud Sudan è composta da giovani che in tanto tempo non hanno conosciuto che dolore. Ora, proprio loro sperano che questo Sinodo possa aiutarli ad intravedere un futuro di pace: fatto di sviluppo anche economico che non costringa molti di loro a trasformarsi in profughi a rischio della vita”.
Famiglia, morale e difesa dei valori
La voce dei giovani sudanesi al Sinodo arriva chiara anche per sostenere e rilanciare i cosiddetti valori tradizionali, a cominciare dalla famiglia e dalla morale. Se nella contemporaneità delle società occidentali questi due elementi hanno perso di importanza e sono scesi nella scala delle priorità, non è cosi per i giovani sudanesi. Mons. Kussala, infatti, spiega che per loro “la famiglia è importantissima perché sanno bene che è da essa che nascono figli ben formati, moralmente e socialmente. Ed è nella famiglia che germogliano le vocazioni, soprattutto quelle religiose e sacerdotali, ma anche buoni leaders”.
Il grido dei giovani per chiedere lavoro e sviluppo
Come per tutti i giovani del mondo, anche per quelli sudanesi la crescita economica e l’aumento dell’occupazione assorbe una buona fetta dei desideri. In Sudan però avere o non avere un lavoro può fare la differenza tra la vita e la morte: al Sinodo se ne discuterà. In Sudan i ragazzi che non hanno un lavoro “finiscono per trasformarsi in guerriglieri”, racconta mons. Kussala: ”Noi cerchiamo di tirare fuori dalla foresta quelli che hanno già aderito a gruppi di ribelli ma è complicato. Non sempre ci si riesce”.
Il rapporto con la Chiesa
Con la Chiesa, i giovani sudanesi hanno un rapporto conflittuale. Mons. Kussala lo riconosce apertamente: “Molti sentono la Chiesa lontana, la vorrebbero più vicina. Vogliono essere coinvolti di più, soprattutto nelle cose importanti. Non vogliono essere spettatori”. E questo al Sinodo, certamente, lo diranno.
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