Gambino: serve alleanza laici-religiosi per affrontare lo scandalo degli abusi
Alessandro Gisotti - Città del Vaticano
“E’ impossibile immaginare una conversione dell’agire ecclesiale senza la partecipazione attiva di tutte le componenti del Popolo di Dio”. E’ quanto sottolinea Papa Francesco nella Lettera al Popolo di Dio, sullo scandalo degli abusi, pubblicata lo scorso 20 agosto. E’ in questo spirito che si inserisce il coinvolgimento nel Comitato organizzativo per la conferenza in Vaticano sulla tutela dei minori del prossimo febbraio di Gabriella Gambino e Linda Ghisoni, sottosegretari del dicastero Laici, Famiglia, Vita. Proprio a Gabriella Gambino, Sottosegretario per la Sezione Vita, Vatican News ha chiesto di parlare di questo impegno e di come i laici possono contribuire ad affrontare la crisi degli abusi.
Con quale spirito ha accolto questo impegno per un avvenimento così importante e atteso?
R.- Con un profondo spirito di servizio alla Chiesa, ma anche di amore alla verità, alla giustizia e al bene. Si tratta di valori e di principi che in questa vicenda degli abusi vanno ristabiliti, sia a livello individuale - in relazione ai singoli casi - sia a livello di sistema, in ogni Paese del mondo, anche laddove ancora si sottovaluta il problema e la necessità di prevenirlo. Non nascondo che ho accolto questo impegno anche con un po’ di timore, data la delicatezza e la gravità della materia. Come donna, laica e madre non posso non percepire la corresponsabilità a cui tutti siamo chiamati e dell’orrore di quanto è emerso nei confronti di coloro che potrebbero essere i nostri figli. Dobbiamo tutti collaborare per creare dentro e fuori la Chiesa le condizioni per cambiare radicalmente la mentalità, i costumi e la cultura, che hanno permesso che tutto ciò si verificasse.
Il Papa, nella lettera al Popolo di Dio sullo scandalo degli abusi, ha chiesto ai laici di aiutare i vescovi, la Chiesa. Quale può essere il contributo specifico dei laici in questo cammino che si rafforza con l’incontro di febbraio?
R. - Aiutare i vescovi a comprendere che la mentalità che ha favorito questi abusi non è qualcosa di teorico e astratto, ma si manifesta in atteggiamenti e abitudini concrete, ben identificabili nella loro capacità di nuocere e strumentalizzare chi è più piccolo o fragile. Bisogna aiutare i vescovi a comprendere che è giunto il tempo di farsi affiancare dai laici, creando strutture di vigilanza nelle quali possiamo avere un ruolo significativo e spazi di ascolto. Penso anche alla possibilità di studiare modalità di intervento attivo che coinvolgano i laici, per poter cogliere situazioni di pericolo, che richiedono un immediato ed adeguato intervento. Si tratta anche di capire che, a seconda dei Paesi, gli abusi possono manifestarsi in maniera diversificata verso le donne, i bambini e gli adulti più fragili. Servono laici competenti e formati, che possano portare il proprio contributo esperienziale anche come genitori ed educatori, che ogni giorno hanno a che fare con le fragilità umane.
Come tradurre questo impegno in azioni concrete ?
R.- Per tradurre in azioni gli intenti di corresponsabilità e trasparenza è necessario che siamo coinvolti tutti, religiosi e laici. Solo così la Chiesa potrà essere efficace e avvalersi di tutte le risorse che ha a disposizione, soprattutto per prevenire da ora in poi queste gravi forme di violenza. Come laici dobbiamo anche creare relazioni di alleanza tra i vari ambiti educativi dove crescono i nostri figli: scuola, parrocchia e famiglie. Questa alleanza oggi per molti versi non c’è più, è fittizia e come genitori ci sentiamo spesso impotenti. Dobbiamo ricostruirla collaborando ai fini di una autentica prevenzione nelle parrocchie, nelle scuole, nei movimenti e nelle associazioni laicali. Al contrario di Caino, come ci ricorda il Santo Padre nella Lettera al Popolo di Dio, dobbiamo farci custodi gli uni degli altri per proteggere i nostri bambini, senza timore e con senso di responsabilità.
Lo scandalo degli abusi sta mettendo a dura prova la credibilità della Chiesa. Da dove bisognerebbe partire, secondo lei, per recuperare la fiducia di tanta gente che si sente tradita?
R.- Come dicevo, penso che la Chiesa debba dotarsi di strumenti concreti per reprimere e punire gli abusi, ma anche per prevenire questi crimini. E per prevenire bisogna da un lato definire in maniera chiara l’impianto giuridico, e dall’altro decidersi a creare le condizioni pratiche per cambiare il sistema, la cultura e i costumi. Uno dei presupposti è attuare una riforma nella formazione dei religiosi e dei seminaristi. Penso per esempio che nella formazione delle persone alla castità e al celibato bisogna avere una maggiore attenzione al tema di un equilibrato rapporto con la propria sessualità e affettività. Il problema vero, infatti, è come pensiamo e comprendiamo la nostra sessualità.
Sono importanti anche le testimonianze di bene nella Chiesa…
R.- Sì. La fiducia dei laici si recupera anche ricordando e testimoniando il bene che c’è nella Chiesa. Il bene esiste e lo spirito d’amore del Signore tiene Cristo ben saldo alla Sua Sposa, anche quando il peccato originale si manifesta nel peggiore dei crimini. E’ pur vero, però, che nel generale clima di sospetto che si sta diffondendo, nella Chiesa servono voci e testimonianze di autentico amore a Cristo. E’ Lui il centro, la Luce, la presenza concreta che i Pastori devono annunciare con la loro vita e con la loro vocazione sacerdotale. Oggi più che mai. Come laici, abbiamo bisogno di questa testimonianza per ricominciare ad affidare i nostri figli alle parrocchie, agli oratori, alle scuole cattoliche dove poterli formare ai valori cristiani. La Chiesa ha bisogno di pastori coraggiosi nella verità e nell’Amore a Cristo. E’ questo il modello di uomo, di padre e di educatore che cerchiamo per i nostri figli.
Come madre, prima ancora che come responsabile in un Dicastero vaticano, quale speranza ha per questa conferenza di febbraio?
R.- Mi auguro di veder emergere un atteggiamento di intelligente e fattiva volontà di comprensione del problema, di conversione interiore, di apertura alla verità e al bene. Non bisogna avere paura della verità. Spero che l’incontro sia un mezzo per far conoscere in maniera diffusiva gli strumenti immediatamente operativi dal punto di vista giuridico per prevenire e reprimere tali abusi. E’ tempo di agire in modo che la Chiesa dell’amore sia anche l’ambito nel quale giustizia e verità si possano incontrare. La Chiesa, “come una madre amorevole”, ha il mandato divino di prendersi cura di tutti i suoi figli. Creare le condizioni e le strutture per rendere immediato e possibile l’intervento a tutela di una vittima non è solo un atto di giustizia, ma di carità, anche nei confronti dei responsabili. Solo così la Chiesa, su questo punto, potrà tornare ad essere credibile.
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