La Santa Sede all’Onu sulle missioni di pace nel mondo
Roberto Piermarini - Città del Vaticano
Le operazioni di pace non sono più soltanto strumenti per il ripristino della pace dopo lo scoppio dei conflitti, ma sono considerate sempre più, e giustamente, come misure preventive per evitare che le situazioni di tensione si trasformino in conflitti veri e propri e come un elemento importante nella costruzione della pace post-bellica. Così il mons. Auza, osservatore permanente Santa Sede all’Onu, sulla revisione completa delle operazioni di pace nel mondo.
Evitare le guerre se vogliamo un vero sviluppo integrale per tutti
Mons. Auza nel suo intervento ha ricordato le parole di Papa Francesco quando nel suo discorso all'Assemblea Generale dell’Onu del 2015, ha detto che "La guerra è la negazione di tutti i diritti......". “Se vogliamo un vero sviluppo umano integrale per tutti – ha detto l’osservatore permanente all’Onu - dobbiamo lavorare instancabilmente per evitare la guerra tra le nazioni e tra i popoli. A tal fine è necessario garantire lo stato di diritto e l'instancabile ricorso alla negoziazione, alla mediazione e all'arbitrato, come proposto dalla Carta delle Nazioni Unite, che costituisce veramente una norma giuridica fondamentale".
Importante ruolo delle donne nell’attuazione degli accordi di pace
Riguardo alla piena partecipazione delle donne come agenti attivi nella pace e nella sicurezza anche se non così tante di loro possono essere visibili ai tavoli di negoziazione, hanno sempre svolto un ruolo importante nella prevenzione dei conflitti e nell'attuazione degli accordi di pace, ha osservato mons. Auza. “Sono agenti di cambiamento sul campo, i migliori insegnanti di empatia nelle sofferenze altrui e attenzione ai punti di vista degli altri, con una particolare capacità di perdonare e di compiere i primi passi nel processo di riconciliazione”.
Lo sviluppo non è possibile senza pace e la pace non è possibile senza sviluppo
Mons. Auza ha ribadito l'importanza per la Santa Sede di affrontare le cause profonde dei conflitti in modo significativo e obiettivo. “Lo sviluppo, la sicurezza e i diritti umani sono strettamente connessi. Lo sviluppo non è possibile senza pace e la pace non è possibile senza sviluppo. L'insicurezza e le ingiustizie come la disuguaglianza, la corruzione, il malgoverno e i flussi finanziari e di armi illeciti, sono tutte cause di violenza nelle società. Nessuna società può prosperare se è lacerata dai conflitti. I cittadini non possono realizzare il loro potenziale se sono travolti dall'instabilità e dall'insicurezza. Al contrario, lo sviluppo inclusivo e sostenibile non è solo fine a se stesso, ma è anche la migliore difesa contro i rischi di conflitti violenti”.
Le migrazioni forzate come arma di guerra
Mons. Auza ha affermato che a Santa Sede è profondamente preoccupata per la pratica dell’emigrazione forzata come arma di guerra da parte di Stati e attori non statali. Ciò ha conseguenze particolarmente disastrose per le popolazioni minoritarie, comprese le minoranze religiose. “Di fronte a milioni di rifugiati e di persone costrette a sfollare a causa di conflitti e persecuzioni,- ha detto - i valori espressi nella Carta delle Nazioni Unite, in particolare il rispetto dei diritti umani fondamentali e la dignità e il valore della persona umana, devono essere al centro della nostra risposta alla loro situazione. In varie occasioni, Papa Francesco ha esortato tutti, in uno spirito di compassione e solidarietà, ad accoglierli, proteggerli, promuoverli e integrarli.
La Santa Sede elogia le missioni di pace dell'Onu
In conclusione, la mia Delegazione elogia le attività delle missioni di pace dell'Onu e i sacrifici compiuti dalle forze di pace che in molti casi si sono offerte in ultima istanza nell'interesse della pace, e ribadisce l'impegno della Santa Sede a collaborare nell'opera di prevenzione e risoluzione dei conflitti e la stabilizzazione e il consolidamento della pace post-bellica.
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