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1959.01.25 Giovanni XXIII a San Paolo fuori le Mura 1959.01.25 Giovanni XXIII a San Paolo fuori le Mura 

Editoriale: Concilio, embargo violato e annuncio in sordina

Il 25 gennaio di 60 anni fa Giovanni XXIII comunicava ai cardinali nella sala capitolare della basilica di San Paolo la volontà di convocare il Vaticano II

Andrea Tornielli - Città del Vaticano

La celebrazione si era protratta più del previsto e l’anziano Pontefice, eletto come “Papa di transizione” dopo il lungo pontificato pacelliano, aveva cominciato a parlare riservatamente ai cardinali presenti nella sala capitolare quando in realtà da più di mezz’ora la notizia che voleva comunicare in anticipo al Sacro Collegio era già stata battuta dalle agenzie di tutto il mondo. Per Giovanni XXIII quell’annuncio doveva essere dato innanzitutto ai porporati, riuniti in quello che aveva tutte le caratteristiche di un concistoro, con tanto di “Extra omnes” pronunciato dal Prefetto delle cerimonie Enrico Dante. Ma causa di un disguido - all’epoca non c’erano telefonini né dirette streaming - i cardinali furono gli ultimi a sapere.


È emblematico che l’annuncio del Concilio Vaticano II, quel 25 gennaio 1959, sia stato caratterizzato da un cortocircuito informativo: il ventunesimo concilio ecumenico, indetto ufficialmente nel dicembre 1961 e aperto l’11 ottobre 1962, sarà infatti la prima assise ad approvare un documento dedicato alle comunicazioni sociali, il decreto “Inter mirifica”. Quel giorno di gennaio di sessant’anni fa si chiudeva l’ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani, anelito particolarmente sentito dal nuovo Papa. Giovanni XXIII si era alzato come al solito all’alba e aveva celebrato la messa nella sua cappella dopo aver assistito a quella del suo segretario. Dopo un tempo di lavoro alla scrivania era salito in auto diretto alla basilica di San Paolo fuori le Mura. Qui, assiso sul trono, aveva presieduto la messa solenne celebrata dall’abate e aveva pronunciato l’omelia. Si era pregato per l’unità dei cristiani e in particolare per i cattolici perseguitati, e Papa Roncalli aveva composto una speciale preghiera per la «Chiesa del silenzio». Il rito si era protratto più a lungo del previsto. Al termine della celebrazione, il Papa aveva chiesto ai cardinali presenti di trattenersi ancora con lui nel monastero attiguo. Un gran via vai di frati aveva preceduto l’ingresso dei porporati, ignari di ciò che stava per accadere. Poi era arrivato Giovanni, con un discorso vergato di suo pugno in italiano. Il Pontefice bergamasco aveva iniziato a parlare alle 13.10, quando ormai l’annuncio del Concilio era stato già divulgato. Non prevedendo il prolungamento della messa e dei tempi di trasferimento dei cardinali nella sala capitolare, la Segreteria di Stato guidata dal cardinale Domenico Tardini e dal Sostituto Angelo Dell’Acqua aveva predisposto la diffusione di un comunicato alle 12.30 pensando che a quell’ora il Papa avesse già concluso il suo discorso. Non esiste registrazione audio (che invece è disponibile per l’omelia della messa), soltanto qualche rara immagine documenta ciò che avvenne in quelle ore destinate a cambiare la storia della Chiesa del Novecento. Non è nemmeno certo il numero dei cardinali presenti: al Papa sembrò di contarne dodici o tredici, le cronache propendono per diciassette, gli storici per evitare errori preferiscono scrivere «meno di venti». Giovanni XXIII abbozza un quadro abbastanza cupo dello stato del mondo, deplora le divisioni nel cristianesimo. Inscrive le iniziative straordinarie che intende prendere nella prospettiva del «bene delle anime» - vero orizzonte di ogni autentica riforma ecclesiale - e delle esigenze dell’ora presente. Soltanto alla fine dell’allocuzione, il Papa dice: «Miei venerabili fratelli del collegio cardinalizio! Pronuncio innanzi a voi, certo tremando un poco di commozione ma insieme con umile risolutezza di proposito, il nome e la proposta della duplice celebrazione di un Sinodo diocesano per l’Urbe e di un Concilio generale per la Chiesa universale», oltre che la revisione del Codice di Diritto Canonico. Nel testo originale pronunciato quel giorno il Concilio non viene definito “ecumenico”: l’aggettivo sarà aggiunto in sede di redazione ufficiale del discorso e da allora vi comparirà sempre.


La reazione all’annuncio è il silenzio. Non è dato di sapere se i suoi interlocutori con la porpora rimangono attoniti oppure non hanno ben compreso la portata di quelle sei parole incastonate e quasi mimetizzate all’interno di una frase contenente altri due annunci, importanti ma certamente imparagonabili rispetto a un nuovo concilio. L’Osservatore Romano, che esce il pomeriggio del giorno successivo racconta nel dettaglio la giornata del Pontefice, non cita il tema del concilio nei suoi titoli ma pubblica in un riquadro della prima pagina il comunicato della Segreteria di Stato con la notizia. Nessuno dei cardinali, dopo quell’annuncio ormai in differita, dice dunque parola, e Giovanni XXIII annota sul suo Diario: «Umanamente si poteva ritenere che i Cardinali, dopo aver ascoltata l’Allocuzione, si stringessero attorno a Noi per esprimere approvazioni ed auguri. Vi fu invece un impressionante devoto silenzio». Qualche giorno dopo, il «Papa Buono» cercherà un motivo per scusare quella reazione, ipotizzando che lo stupore li abbia ridotti al silenzio e nessuno abbia trovato «parole adatte per manifestare il giubilo» in quella che Roncalli definirà una «Giornata felice e indimenticabile». L’anziano Pontefice aveva gettato il cuore oltre l’ostacolo, noncurante delle difficoltà e dei timori. Potrà inaugurare il Concilio in una splendida giornata di sole tipica dell’ottobre romano, lasciando nelle mani del successore, Paolo VI, il timone del Vaticano II e la sua conclusione con tutti i documenti favorevolmente votati quasi all’unanimità dai vescovi del mondo uniti con Pietro.


L’idea di convocare un nuovo concilio era venuta a Papa Giovanni subito dopo l’elezione, anche grazie ai primi colloqui con i cardinali (un appunto dopo l’udienza con Ernesto Ruffini, arcivescovo di Palermo, ne parla). Ma erano state tante le voci che lungo la prima metà del Novecento avevano chiesto un aggiornamento perché l’annuncio del Vangelo tenesse conto delle mutate condizioni dei tempi. Al suo segretario, don Loris Capovilla, Roncalli aveva confidato anche la «base biblica» che muoveva la sua idea di radunare tutti i successori degli apostoli: «Gesù parlò mai con Pietro da solo? No, gli altri discepoli erano sempre presenti».

 

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25 gennaio 2019, 08:30