Card. Koch: oltre le divisioni, il sangue dei martiri unisce i cristiani
Barbara Castelli – Città del Vaticano
“L’ecumenismo non è una scelta arbitraria, ma un obbligo per tutti i cristiani”: “la storia ci ha inferto molte ferite, divisioni, separazioni”, oggi “dobbiamo ritrovare l’unità, soprattutto attraverso la preghiera”. Con queste parole il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, spiega ai microfoni di Vatican News l’importanza della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, sul tema: “Cercate di essere veramente giusti” (Dt 16, 18-20), che Papa Francesco inaugurerà alle 17:30 con la celebrazione dei vespri nella Basilica di san Paolo fuori le mura. Tradizionalmente il Pontefice chiude le celebrazioni dell’ottavario, tuttavia quest’anno, proprio in quei giorni, sarà impegnato a Panama con la Giornata mondiale della gioventù. L’appuntamento si svolge sempre tra il 18 e il 25 gennaio, perché compreso tra la festa della cattedra di san Pietro e quella della conversione di san Paolo. Venne istituita nel 1908 dal reverendo Paul Wattson a Graymoor (New York), come “Ottavario di preghiera per l’unità”, auspicando che diventasse pratica comune.
Sempre in dialogo con i fratelli nella fede
La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2019 è stata preparata dai cristiani dell’Indonesia e rappresenta un ulteriore tassello di un cammino lento ma perseverante, che ha raggiunto già traguardi significativi. Proprio quest’anno, ad esempio, ricorda il porporato, si celebrano i 20 anni dalla Dichiarazione comune sulla Dottrina della giustificazione, siglata con la Federazione mondiale luterana, e a cui poi si sono “associati anche i Metodisti, i Riformati e gli Anglicani”. “Con le Chiese ortodosse – prosegue – siamo in cammino sulla tematica un po’ cruciale della relazione tra primato e sinodalità”.
Un cuore aperto per l’ecumenismo
Il cardinale Kurt Koch ricorda che “dopo il Concilio Vaticano II tutti i Papi” hanno avuto “un cuore aperto per l’ecumenismo”, e Papa Francesco oggi insiste su due aspetti. Il primo lo definisce una “dimensione trinitaria”, ricordando che il Pontefice chiede sempre di “camminare insieme, pregare insieme, collaborare insieme”. Il secondo, è “l’ecumenismo del sangue”, perché oggi i cristiani sono perseguitati più che nei primi secoli, con l’80 per cento delle persone oppresse per la propria fede. “I cristiani non sono perseguitati perché sono luterani, anglicani, metodisti, cattolici, ortodossi – insiste il presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani – ma sono perseguitati perché sono cristiani”. “Il sangue di così tanti martiri di oggi non divide – conclude – ma unisce i cristiani”.
R. – Il motto per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è: “Cercate di essere veramente giusti”. Questo fa riferimento al popolo d’Israele che prima di entrare nella Terra Promessa ha voluto rinnovare l’alleanza di Dio con il popolo e ritrovare la giustizia. E penso che per l’ecumenismo sia molto importante: la storia ci ha inferto molte ferite, divisioni, separazioni e dobbiamo ritrovare l’unità, soprattutto attraverso la preghiera.
La frammentazione è sicuramente un male del nostro tempo, che diviene ancora più incomprensibile tra i discepoli di Cristo. Quali altri passi sono stati compiuti nel cammino ecumenico? A che punto siamo?
R. – Sono diversi, perché quelli compiuti con il mondo protestante non sono gli stessi di quelli compiuti con il mondo degli ortodossi perché ci sono differenze nel cammino. Ma penso che abbiamo potuto fare molti passi, soprattutto con il mondo luterano: con la Federazione mondiale luterana abbiamo pubblicato già 20 anni fa, il 31 ottobre 1999, la Dichiarazione comune sulla Dottrina della giustificazione. In questo tempo, si sono associati a questa Dichiarazione comune anche i Metodisti, i Riformati e gli Anglicani. E’ un grande passo, una grande sorpresa che anche altre Chiese abbiano partecipato a questa conferma. Penso che per il futuro dobbiamo fare ulteriori passi. Con le Chiese ortodosse siamo in cammino sulla tematica un po’ cruciale della relazione tra primato e sinodalità e spero che possiamo continuare su questo cammino.
Papa Francesco, mercoledì all’udienza generale, ha ricordato questo appuntamento, che solitamente chiude e invece per il 2019 lo apre, visto il viaggio a Panama. Un’attenzione consistente, quella che il Papa riserva sempre a questo cammino tra i fratelli …
R. – Devo dire che dopo il Concilio Vaticano II tutti i Papi hanno un cuore aperto per l’ecumenismo. Papa Francesco, nel suo modo e nella sua attitudine, è molto aperto all’ecumenismo e ricorda sempre che l’ecumenismo non è una scelta arbitraria ma un obbligo per tutti i cristiani, come ci ha detto già il Decreto sull’ecumenismo del Concilio Vaticano II.
Parlava della specificità del Pontefice. Qual è l’apporto di Papa Francesco in questo orizzonte?
R. – Penso che per Papa Francesco siano molto importanti due cose. La prima è la dimensione trinitaria: lui dice sempre ‘camminare insieme, pregare insieme, collaborare insieme’. Le tre cose sono molto importanti, perché non possiamo fare l’unità in maniera astratta, ma in maniera concreta, camminando insieme e soprattutto pregando insieme e collaborando insieme. La seconda parte che sta molto a cuore al Santo Padre è l’ecumenismo del sangue, perché l’80 per cento di tutte le persone che sono perseguitate in nome della fede sono cristiani. Oggi ci sono più persecuzioni dei cristiani che nei primi secoli. Ma i cristiani non sono perseguitati perché sono luterani, anglicani, metodisti, cattolici, ortodossi ma sono perseguitati perché sono cristiani. Il sangue di così tanti martiri di oggi non divide, ma unisce i cristiani. Nella Chiesa antica si è detto che il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani; oggi io sono convinto che possiamo dire: “Il sangue di quasi tutti i martiri, dei tanti martiri di oggi sarà seme dell’unità del Corpo di Cristo”.
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