Papa: 29 maggio memoria liturgica di san Paolo VI
Roberto Piermarini - Città del Vaticano
“Considerata la santità di vita di questo Sommo Pontefice, testimoniata nelle opere e nelle parole, tenendo conto del grande influsso esercitato dal suo ministero apostolico per la Chiesa sparsa su tutta la terra, il Santo Padre Francesco, accogliendo le petizioni e i desideri del Popolo di Dio, ha disposto che la celebrazione di san Paolo VI, papa, sia iscritta nel Calendario Romano Generale, il 29 maggio, con il grado di memoria facoltativa”. Così nel testo del decreto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti datato 25 gennaio 2019, festa della Conversione di S. Paolo, apostolo. “Questa nuova memoria – si sottolinea nel decreto - dovrà essere inserita in tutti i Calendari e Libri liturgici per la celebrazione della Messa e della Liturgia delle Ore; i testi liturgici da adottare, allegati al presente decreto, devono essere tradotti, approvati e, dopo la conferma di questo Dicastero, pubblicati a cura delle Conferenze Episcopali”. Il decreto ripercorre la vita, l’opera ed il magistero di Papa Paolo VI.
Il 29 maggio: giorno della sua ordinaziona presbiterale
E’ stato scelto il 29 maggio – scrive in una nota di commento al decreto il card. Robert Sarah - perché data della sua ordinazione presbiterale nel 1920, essendo il 6 agosto, giorno della sua nascita al cielo, festa della Trasfigurazione del Signore. Se il santo è colui che, facendo fruttificare la divina grazia nelle opere, conforma la propria vita a Cristo – scrive il Prefetto del dicastero vaticano - Paolo VI lo ha fatto rispondendo alla vocazione alla santità come battezzato, sacerdote, Vescovo, Sommo Pontefice, e ora contempla Dio faccia a faccia. Ha sempre sottolineato che «soltanto nella ricerca sincera di Dio, fatta con la preghiera, con la penitenza, con la metánoia di tutto l’essere, si possono assicurare i successi veri della vita cristiana e apostolica, e mettere in pratica il primo e sempre vivo appello del Signore alla santità: “Impletum est tempus, et appropinquavit regnum Dei; paenitemini et credite evangelio” (Marc. 1, 15). “Estote ergo vos perfecti sicut et Pater vester caelestis perfectus est”(Matth. 5, 48)» (Discorso al Sacro Collegio per gli auguri onomastici, 21 giugno 1976).
Paolo VI: avrò la Chiesa madre di carità
Da sacerdote, nel 1931, quando aveva già iniziato il suo servizio per la Santa Sede, dopo aver scritto che non voleva «nessuna regola, nessuna aggiunta straordinaria» che distinguesse la sua vita cristiana dalla forma normale, aggiunse che avrebbe voluto coltivare «un particolare amore a ciò che è essenziale e comune nella vita spirituale cattolica. Così – scriveva – avrò la Chiesa madre di carità: la sua Liturgia sarà la regola preferita per la mia spiritualità religiosa». E meditando sull’«imitamini quod tractatis», dal mistero dell’Eucaristia traeva la conseguente necessità dell’«immolazione della propria vita dovunque», indicandola come «la messa nella vita» unita al «semper gratias agentes» (Appunti per Esercizi spirituali a Montecassino).
Nell’orazione alla colletta definito "coraggioso apostolo del Vangelo"
Uniti al decreto – sottolinea nel suo commento il card. Sarah - sono pubblicati i testi da aggiungere nei Libri liturgici (Calendario, Messale, Liturgia delle Ore, Martirologio). L’orazione colletta fa risuonare ciò che Dio ha compiuto nel suo fedele servitore: «hai affidato la tua Chiesa alla guida del papa san Paolo VI, coraggioso apostolo del Vangelo del tuo Figlio», e gli chiede: «fa’ che, illuminati dai suoi insegnamenti, possiamo cooperare con te per dilatare nel mondo la civiltà dell’amore». Sono qui sintetizzate le principali caratteristiche del suo pontificato e del suo insegnamento: una Chiesa, che appartiene al Signore (Ecclesiam Suam), dedita all’annuncio del Vangelo, come ricordava nell’Evangelii nuntiandi, chiamata a testimoniare che Dio è amore.
Nella lettura dell’Ufficio l’omelia tenuta nell’ultima Sessione pubblica del Concilio nel 1965
Sono anche indicate le letture bibliche per la Messa, scelte dal Comune per i papi, e come lettura per l’Ufficio delle letture alcuni passi dell’omelia tenuta nell’ultima Sessione pubblica del Concilio, il 7 dicembre 1965, sintetizzata dal tema: Per conoscere Dio bisogna conoscere l’uomo. Paolo VI ha vissuto, prima e dopo di essere papa, guardando costantemente a Cristo di cui sentiva e proclamava la necessità per ogni uomo. Lo aveva mostrato con la sua prima Lettera pastorale da arcivescovo di Milano intitolata, con espressione di sant’Ambrogio: Omnia nobis est Christus.
L’amore per Cristo è amore per la sua Chiesa
In una riflessione del 5 agosto 1963, un mese e mezzo dopo la sua elezione alla Cattedra di Pietro, scriveva: «Devo ritornare al principio: il rapporto con Cristo... che deve essere fonte di sincerissima umiltà: “allontanati da me; che sono uomo peccatore...”; sia nella disponibilità: “vi farò diventare pescatori...”; sia nella simbiosi della volontà e della grazia: “per me la vita è Cristo...”». L’amore per Cristo è amore per la sua Chiesa. Nel Pensiero alla morte poteva a ragione scrivere: «Prego il Signore che mi dia la grazia di fare della mia prossima morte dono d'amore alla Chiesa. Potrei dire che l'ho sempre amata, e che per essa, e non per altro, mi pare d'aver vissuto».
Difensore della vita umana, della pace e del vero progresso dell’umanità
Affascinato dalla figura e attività apostolica di san Paolo, quando lo Spirito Santo lo indicò quale successore di san Pietro, - sottolinea il card. Sarah - non risparmiò le sue energie a servizio del Vangelo di Cristo, della Chiesa e dell’umanità, vista alla luce del piano divino di salvezza. Difensore della vita umana, della pace e del vero progresso dell’umanità, come mostrano i suoi insegnamenti, volle che la Chiesa, ispirandosi al Concilio e mettendone in pratica i principi normativi, riscoprisse sempre più la sua identità, superando le divisioni del passato e molto attenta ai nuovi tempi: Chiesa di Cristo, che mette al primo posto Dio, l’annuncio del Vangelo, anche quando si prodiga per i fratelli, per costruire quella «civiltà dell’amore» inaugurata dallo Spirito nella Pentecoste.
Il vero monumento Paolo VI se l’è costruito con la sua testimonianza apostolica
Nelle Note per il mio testamento, Paolo VI aveva scritto: «Niente monumento per me». Anche se nell’ottobre del 1989 un monumento gli fu eretto nel duomo di Milano, il vero monumento – conclude il card. Sarah - Paolo VI se l’è costruito con la sua testimonianza, con le opere, con i viaggi apostolici, con il suo ecumenismo, con il lavoro per la Nova Vulgata, con il rinnovamento liturgico e con i suoi molteplici insegnamenti ed esempi, mostrando così il volto di Cristo, la missione della Chiesa, la vocazione dell'uomo moderno e conciliando il pensiero cristiano con le esigenze dell'ora difficile nella quale ha dovuto guidare, soffrendo molto, la Chiesa.
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