Sinodo Amazzonia. Card. Hummes: valorizzare culture arricchisce unità della Chiesa
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
“Nella Chiesa dobbiamo camminare uniti, come amici e fratelli, rispettando le nostre diversità. Valorizzare tutte le culture, non solo quella occidentale, ma anche quelle degli indigeni dell’Amazzonia, non è una minaccia all’unità della Chiesa, ma la arricchisce, perché una sola cultura non può esaurire e rappresentare la ricchezza del Vangelo”. E’ il cuore della comunicazione del cardinale brasiliano Claudio Hummes, presidente della Rete ecclesiale panamazzonica, la REPAM, che chiude i tre intensi giorni del seminario di studi in vista dell’Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi sull’Amazzonia, che si terrà in Vaticano dal 6 al 27 ottobre.
La Chiesa e l’errore di aver cercato di colonizzare gli indigeni
Coordinati dal cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario del Sinodo dei Vescovi e moderati dal vescovo di Frosinone monsignor Ambrogio Spreafico, i relatori e i partecipanti si sono confrontati sul tema “Dimensione regionale e universale”, con il focus sui “nuovi cammini per la Chiesa e per un’ecologia integrale”, temi che segneranno i lavori dell’assise di ottobre. “In passato la Chiesa – ricorda ancora il card. Hummes – ha commesso l’errore di voler colonizzare i popoli indigeni con la cultura occidentale, ignorando che avevano e hanno una tradizione di contatto con Dio e con la trascendenza. Poi ha capito l’errore, lo ha riconosciuto nel Concilio e sta cercando di porvi rimedio, e gli indigeni questo lo capiscono e ce lo riconoscono”.
Baldisseri: al Sinodo tutte le “Amazzonie” del mondo
“Non abbiamo parlato soltanto del Creato e del territorio dell’Amazzonia, ma anche delle persone che ci vivono, gli indigeni – spiega il card. Lorenzo Baldisseri a Vatican News – non solo della distruzione delle foreste, ma anche dell’annientamento delle popolazioni”. Ma il problema è mondiale, non solo regionale, chiarisce il segretario del Sinodo. “L’Amazzonia interessa tutti, perché il 25 per cento dell’aria che respiriamo ci è donata dalla foresta amazzonica e il 20 per cento dell’acqua dolce dai fiumi amazzonici”. E poi, conclude il porporato, al Sinodo parleremo anche delle altre “Amazzonie” del mondo, in Africa, in Asia, in Oceania, “regioni simili che sono di grande interesse per la Chiesa, per l’ evangelizzazione, e per l’umanità intera, perché siamo nella casa comune del pianeta Terra”.
Spreafico: Amazzonia modello di unità nella differenza
“L’Amazzonia è il polmone della Terra, con una biodiversità enorme – prosegue mons. Ambrogio Spreafico, il moderatore del seminario che in chiusura ha indicato le prospettive in vista del Sinodo – e credo che sia un modello da cui noi possiamo partire per una riflessione più ampia e globale sul tema dell’ecologia integrale, lanciato con forza da Papa Francesco nella Laudato sì. In Amazzonia sono presenti tante culture diverse, tante lingue… è un’unità nella differenza e questa ci aiuta a capire come lavorare per un mondo dove sia possibile vivere insieme nel rispetto della diversità, e accettare la sfida della globalizzazione”. Perché è tragico, prosegue il vescovo di Frosinone “vedere che viviamo in un mondo globale in cui si è sempre più tribali, sempre di più Paesi contro altri Paesi, popoli contro altri popoli, l’io contro il noi. La Chiesa per questo può e deve essere un modello di unità, nella figura del Papa e del Successore di Pietro. E’ un grande tesoro che dobbiamo preservare”.
Mons. Cabrejos (Perù): fondamentale il dialogo tra le culture
“Ecologia integrale è pensare alla difesa della natura, ma anche a quella dell’uomo, della questione politica, della questione economica, perché tutto è interconnesso” ricorda a Vatican News l’arcivescovo di Trujillo Hector Cabrejos Vidarte, presidente della conferenza episcopale del Perù, presente al seminario con i colleghi del Brasile, ma anche di Antille, Bolivia, Colombia, Ecuador e Venezuela, i sette Paesi amazzonici. “Si deve valorizzare il dialogo tra le culture, l’interculturalità. Una cosa è vedere l’Amazzonia da fuori e un’altra è vederla da dentro, per rispettare la cultura di questi popoli originari, le lingue, i dialetti, una ricchezza straordinaria, perché è più grave perdere una cultura che una specie animale o vegetale”. I nuovi colonialismi, sottolinea mons. Cabrejos, sono quelli dei predatori che tolgono all’Amazzonia petrolio, oro, gas.
Suor Smerilli: gli indigeni custodiscono il polmone del Mondo
Suor Alessandra Smerilli, figlia di Maria ausiliatrice ed economista, ha parlato il secondo giorno di “ecologia politica ed economica”, ed ha sottolineato che la Laudato sì individua nell’interconnessione il lato bello della globalizzazione. “Oggi ci sentiamo davvero più connessi, e questo, visto con uno sguardo di fede, ci aiuta a saper prendere gli uni dagli altri tutto il bello e il buono che c’è. In questo seminario ho imparato molto sulla ricchezza dei popoli indigeni e tradizionali dell’Amazzonia, che per centinaia di anni hanno saputo custodire quello che è considerato il polmone della Terra. Non sempre, diceva il Premio Nobel per l’economia Elinor Ostrom, il destino dei beni comuni è quello dello sfruttamento: è possibile non sfruttarli quando ad occuparsi di questi beni comuni sono popolazioni che abitano la terra e non sono solo lì per fare profitto e quando si pensa di trasferire questi beni a chi verrà dopo di noi”.
Santoro: come Taranto, sviluppo in armonia con l’ambiente
La malattia che attacca l’ Amazzonia, ci dice monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto, che ha vissuto 27 anni in Brasile e oggi è presidente della commissione per i problemi sociali e il lavoro della Cei, “è dovuta all’intervento di un sistema economico che distrugge la biodiversità e non rispetta le persone. In Amazzonia, ma anche in Italia e in Europa, dobbiamo governare la globalizzazione, non ignorarla, perché non è possibile. Penso alla mia Taranto: la difesa dell’ambiente è indispensabile, ma va coniugata con uno sviluppo armonico che metta al centro la persona, la famiglia, la cultura locale e non la massimizzazione del profitto, che ignora le tradizioni del posto”. ”L’ innovazione tecnologica – chiarisce mons. Santoro - va utilizzata per aprire nuove frontiere del lavoro, che però mettano al centro la dignità della persona e non il profitto o la macchina”.
Don Meddi: catechesi di esperienza nelle piccole comunità
Tra i primi relatori, don Luciano Meddi, docente di catechesi missionari all’Università Urbaniana, che sottolinea come accanto alla parrocchia, altri operatori pastorali diventano fondamentali per la catechesi, anche in America Latina. “La famiglia, i gruppi dei giovani, i gruppi dei pari, ma soprattutto le piccole comunità di esperienza di vita cristiana”. “Perché la catechesi serve anche a far fare esperienza di vita cristiana – chiarisce don Meddi - e questa non si può fare in un ambiente chiuso come può essere una scuola, un’aula o con un libro”. Esperienze che riprendono la stagione delle comunità di base. “Dall’America Latina l’evangelizzazione contemporanea ha preso due grandi ricchezze: la prima è la catechesi fatta dalle famiglie e nelle famiglie; la seconda è lo sviluppo della vita cristiana all’interno delle piccole comunità”.
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