Venezuela. Carriquiry: evitare bagno di sangue
Isabella Piro – Città del Vaticano
“La questione fondamentale è evitare un bagno di sangue. Qualsiasi repressione violenta delle manifestazioni popolari o tentativi di intervento militare straniero sarebbero la peggiore delle ‘soluzioni’ possibili”. È quanto scrive Guzmán M. Carriquiry Lecour, Segretario-vicepresidente della Pontificia Commissione per l’America Latina (CAL), commentando la situazione attuale che sta vivendo il Venezuela.
Le parole di Papa Francesco
Ricordando, in primo luogo, gli interventi di Papa Francesco al riguardo, Carriquiry ribadisce che il Pontefice “non è rimasto certo in silenzio”: basti pensare alle parole pronunciate a Panama, durante l’Angelus per la 34.ma Giornata mondiale della gioventù, ma anche a quanto detto ai giornalisti durante le conferenze stampa sul volo di ritorno sia da Panama stessa, il 27 gennaio, sia dagli Emirati Arabi, il 5 febbraio. In tutte queste occasioni, il Papa ha richiamato l’importanza di una soluzione giusta e pacifica, il rispetto dei diritti umani e il rifiuto della violenza.
Chiesa disposta a mediare, se ci sono le condizioni
“È ovvio – sottolinea il segretario-vicepresidente della CAL – che la Chiesa, in base alla missione che le è propria, è disposta a facilitare il dialogo o la negoziazione, inclusa una mediazione, se le condizioni la rendono ragionevole, realistica e aperta a risultati positivi”. E “ancora di più” – continua – di fronte ad “una situazione di estrema polarizzazione, con il rischio imminente che esploda in violenze e repressioni incontrollate e con le terribili conseguenze di un bagno di sangue”. Inoltre, Carriquiry ribadisce che questa disponibilità della Chiesa “resta sempre aperta”, anche se si sollevano dubbi sulla credibilità della richiesta di mediazione da parte della Chiesa stessa.
Aprire canali umanitari per la popolazione
“Un’ipotesi che non può non tenersi presente” – spiega infatti il rappresentante della CAL – è che “la richiesta di una mediazione” arrivi da “un regime che si sente isolato dentro e fuori, con lo scopo di guadagnare tempo, ma che non è davvero mosso dal sincero proposito di aiutare il Paese ad uscire” dalla crisi. Per questo, come ha affermato il Papa, “è necessario il consenso di entrambe le parti”. E tale consenso implica anche “l’apertura di canali umanitari per andare incontro alle necessità della popolazione e alleviare le sue sofferenze; l’indizione, in termini prossimi e realistici, di elezioni libere e trasparenti; il riconoscimento dell’Assemblea nazionale, controllata dall’opposizione; la liberazione di prigionieri politici e la fine di violenze e repressioni”.
Serve la solidarietà di tutta l’America Latina
Carriquiry richiama, poi, alla “solidarietà che il popolo venezuelano merita da parte dei popoli fratelli dell’America Latina” ed auspica “un maggior dialogo” tra “il gruppo di Rio”, ovvero i Paesi latinoamericani che hanno riconosciuto Guaidò come presidente, ed “il gruppo internazionale di contatto”, riunitosi a Montevideo, convocato dall’Unione Europea, con la partecipazione dei governi di Uruguay, Messico, Costa Rica e Bolivia. Allo stesso tempo, il segretario-vicepresidente della CAL ricorda le parole del Card. Baltazar Porras, arcivescovo di Merida e amministratore apostolico di Caracas, il quale sottolinea l’unità di intenti tra episcopato venezuelano e Vaticano e richiama la responsabilità e l’obbligo, per vescovi e clero locale, di stare accanto alla popolazione.
Aprire strade di speranza, pace e ricostruzione
L’auspicio conclusivo di Carriquiry, quindi, è che la situazione attuale del Venezuela sfoci “in un processo di transizione” per “un governo di unità nazionale che abbia la credibilità ed il consenso popolare per aprire strade di speranza, pace e ricostruzione nel Paese”, senza dimenticare “le difficoltà patite per molti decenni da vasti settori della popolazione che continuano a soffrire a causa dell’emarginazione e di condizioni di vita indegne”.
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