Padre Tucci: il teologo e giornalista che faceva viaggiare Papa Wojtyla
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
La sera del 14 aprile 2015, si spegneva nell’infermeria della Compagnia di Gesù a Roma, dove era ricoverato da più di due anni, il cardinale Roberto Tucci. Era sulla soglia del 94 anni, che avrebbe compiuto cinque giorni dopo, essendo nato a Napoli il 19 aprile 1921. Per tutti era sempre “padre” Tucci, il gesuita figura di riferimento negli anni del Concilio e del post Concilio, teologo perito conciliare, direttore de “La Civiltà Cattolica” e poi di “Radio Vaticana”, organizzatore dei viaggi apostolici di Giovanni Paolo II per quasi 20 anni, creato cardinale da Papa Wojtyla nel 2001.
Il Papa: "Un religioso attento alle necessità degli altri"
Nel telegramma di cordoglio, Papa Francesco scrisse che padre Tucci lasciava "il ricordo di una vita operosa e dinamica, spesa nell’adesione coerente e generosa alla propria vocazione quale religioso attento alle necessità degli altri e pastore fedele al Vangelo e alla Chiesa, sull’esempio di sant’Ignazio”.
Mamma anglicana e papà cattolico, gesuita a 15 anni
Nato da madre inglese di confessione anglicana e padre italiano e cattolico, il quindicenne Roberto entra nel noviziato della Compagnia di Gesù a Vico Equense (Napoli). Si laurea in filosofia a Napoli nel 1947, viene ordinato sacerdote nel 1950 a Lovanio (Belgio), dove nel 1951 ottiene la licenza in teologia. Due anni dopo padre Tucci consegue il dottorato in teologia alla Pontificia Università Gregoriana, inizia a scrivere per la “La Civiltà Cattolica” nel 1956, e ne diventa direttore tre anni più tardi.
Perito conciliare, partecipa alla stesura di "Gaudium et spes"
Durante il Concilio Vaticano II, Tucci è peritus nella redazione del Decreto sull’Apostolato dei Laici e della Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo moderno, la “Gaudium et spes”. Per tutta la durata della seconda, terza e quarta sessione del Concilio tiene quotidianamente una conferenza stampa per i giornalisti accreditati presso la Sala Stampa della Santa Sede.
Da "La Civiltà Cattolica" a "Radio Vaticana"
È uno degli artefici dell’apertura della Chiesa post-conciliare ai mezzi di comunicazione di massa: per 24 anni, dal 1965 al 1989, è consultore del Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali e per 21, dal 1961 al 1982, vicepresidente dell’Unione Cattolica della Stampa Italiana. Per molti anni, padre Tucci è membro del comitato di redazione della rivista teologica internazionale “Concilium”, e nel 1973, viene nominato direttore generale di “Radio Vaticana”.
Organizzatore dei viaggi papali dal 1982 al 2001
In questa veste, accompagna san Giovanni Paolo II fin dal primo viaggio apostolico, quello del 1979 in Messico, ma dall’autunno del 1982 in Spagna al giugno 2001 in Ucraina come organizzatore degli stessi pellegrinaggi internazionali del Papa polacco. Un’attività molto intensa, che lo costringe a lasciare la direzione di “Radio Vaticana” nel 1985. Ma fino al 1989 mantiene l’incarico di presidente coordinatore della stessa Radio del Papa.
La video intervista a "Octava dies" del 2011, sul beato Wojtyla
Dei suoi tanti viaggi accanto a Papa Wojtyla, che nel concistoro del 21 febbraio 2001 lo crea cardinale, padre Tucci parla nell’intervista concessa a “Octava dies”, il magazine tv del Centro Televisivo Vaticano, nel maggio del 2011, poco dopo la beatificazione di “Karol il grande”. Da quel lungo colloquio abbiamo estratto il video che vi proponiamo.
“Non si preoccupava molto dei problemi organizzativi – racconta il cardinal Tucci - una volta invece mi domandò come si fa ad organizzare questo, come si organizza quello. Era una riunione a pranzo, come avveniva spesso, e Giovanni Paolo II si interessò, fece molte domande. Poi mentre uscivamo mi prese per il braccio e mi disse: ‘povero padre Tucci, come è caduto in basso, dalla teologia’ perché io l’avevo conosciuto durante il Concilio Vaticano II quando ero lì come teologo e il Papa come vescovo”.
“Ho organizzato molti viaggi del Papa in Polonia - prosegue padre Tucci - ci sono stati momenti piuttosto difficili. Per esempio, il governo non voleva che si incontrasse con Lech Walesa (il leader del sindacato Solidarnosc, n.d.r.), ma il Papa lo voleva assolutamente vedere. Alla fine ci siamo riusciti. La prima volta fu fatto in un posto in mezzo alla montagna, dove il governo aveva fatto in modo che non ci fosse nessuno. Non volevano neppure che noi facessimo fotografie di quell’incontro. Io non ci sono andato, perché, con un po’ di furbizia, dissi al fotografo pontificio Mari: ‘all’ultimo momento io scendo dall’elicottero e tu scappa dentro’… e così mandai lui, che poté fare delle foto”.
Infine l’”agente di viaggio” di Papa Wojtyla parla dell’allora beato come un uomo di preghiera, un mistico. “Era soprattutto la sua fede in Dio che gli dava questa grande sicurezza – sottolinea il cardinal Tucci - non una sicurezza di sé, ma sicurezza che il Signore lo avrebbe aiutato. Io prego sempre il Signore che ne dia un pochino anche a me e mi rivolgo proprio a Giovanni Paolo II affinché mi aiuti. Certamente mi ha fatto un grande favore: da ragazzo ero in una congregazione mariana - ed è lì che sono diventato cattolico e poi sono diventato anche gesuita - dove si diceva il Rosario. Durante la mia vita lo avevo un poco trascurato, ma poi sentendolo parlare dell’importanza del Rosario, perché insieme con la Madonna si può ripassare l’intera vita di Gesù, posso dire che oggi è diventata la mia preghiera più cara: ogni giorno la recito e sento quanto sia importante. Prima la consideravo una cosa noiosa, ripetitiva… Ora non la considero più tale e lo devo a lui”.
Gasbarri: un maestro di vita, una persona straordinaria
Parliamo del cardinale Tucci con Alberto Gasbarri, già direttore amministrativo di Radio Vaticana, che a Palazzo Pio ha trascorso 47 anni di vita e servizio e con il gesuita napoletano ha organizzato i viaggi pontifici per quasi 20 anni.
R. – Il cardinale Tucci – che io ancora chiamo “padre”, perché ho passato con lui praticamente tutta la mia vita … Lui stesso mi disse: “No, io rimango sempre padre, e basta” – certamente è stato un teologo prestato alla pastorale itinerante. Apprezzava molto, Giovanni Paolo II, questa sua preparazione teologica nella preparazione dei viaggi, tant’è vero che lo stesso don Stanislao, segretario di Papa Wojtyla, quando lo convocava a nome del Santo Padre per dei pareri, gli diceva sempre: “Padre Tucci, lei lo sa che per il Papa lei è un grande intellettuale, e quindi ha bisogno del suo parere”. Questo perché conservò sempre la sua caratteristica di uomo di cultura, prestato all’organizzazione dei viaggi per la pastorale del Papa, che andava a visitare le Chiese in tutto il mondo.
In un’intervista, lei ha definito padre Tucci “maestro di un’intera vita e guida spirituale indimenticabile”. Ci racconti qualcosa del suo rapporto personale con lui …
R. – Vi posso raccontare due fasi. La prima, quando io ho conosciuto padre Tucci, nel 1973, ero giovane funzionario della Radio Vaticana, avevo 26-27 anni, lui era stato appena designato direttore generale, ma era ancora direttore de “La Civiltà Cattolica”. Ci incontrammo in una conferenza stampa e io rimasi colpito da quest’uomo che non conoscevo, di grande signorilità ma di grande semplicità. Rimasi subito colpito dalla sua capacità di sintesi, perché in questa conferenza stampa che si svolgeva in inglese lui ascoltava la conferenza, traduceva in tedesco per un collega che non conosceva l’inglese e parlava con me in italiano del suo prossimo rapporto che avrebbe avuto con la Radio Vaticana, essendo stato appena nominato direttore. Io ero già abituato a dei gesuiti che erano dei “mostri”: padre Martegani, padre Arrupe, padre Stefanizzi … uomini che erano considerati dei giganti. E mi trovai davanti a un altro gigante, perché capii subito che si trattava di una persona straordinaria. Naturalmente, questo venne confermato poi nella nostra amicizia e collaborazione che si sviluppò nell’arco di circa 40 anni. Lui era direttore generale della Radio, poi diventò presidente della Radio e rimase anche in Radio quando smise di fare l’organizzatore dei viaggi.
L’altro episodio – e posso svelare anche un piccolo segreto – è legato al fatto che lui per tutta la sua vita, tutto quello che aveva l’ha sempre destinato alla carità, ad aiutare il prossimo. Aveva molto poco, naturalmente, come tutti i padri gesuiti, ma quel poco che aveva lo destinava alla carità. Non solo: quando diventò cardinale, gli fu assegnato il famoso “piatto cardinalizio”. Lui mi diceva: “Tu sei il direttore amministrativo della Radio, ma sei anche il mio amministratore”, e io dovevo eseguire tutte le opere di carità che lui decideva di fare. Infine, poco prima di morire, mi lasciò uno scritto in cui diceva: “Il Papa è stato molto generoso con me, creandomi cardinale, e io devo essere generoso non solo con gli altri, ma anche con il Papa. Tutto quello che rimane di quello che ho viene destinato alla carità del Papa”.
Ci parli ora di padre Tucci perito al Concilio Vaticano II: cosa le ha raccontato di quell’esperienza?
R. – Quella fu una delle più grandi stagioni della sua vita, perché mise a frutto la sua grande preparazione come teologo ma anche la sua grande sensibilità ecumenica, perché la sua formazione familiare già lo portava a questo. Lui aveva una mamma anglicana e un papà cattolico. Scappò di casa a 15 anni per andare nel Collegio dei gesuiti, con grande rimprovero della mamma che gli disse subito: “Tu queste cose non devi farle: guardami in faccia e non fare il gesuita!” e questo glielo disse a 15 anni. Lui, poi, si fece gesuita e poco dopo essere stato ordinato sacerdote, diede il battesimo alla sua mamma, che era anglicana. Quindi, la sua passione durante il Concilio erano l’ecumenismo e la comunicazione: è sempre stato un uomo di comunicazione, tant’è vero che tutti i vaticanisti dell’epoca lo ammiravano molto perché era un uomo che aveva il dono della sintesi. E questa sua sensibilità della comunicazione, sviluppata proprio negli anni del Concilio, rimase anche quando fu chiamato a essere relatore e presentatore di varie encicliche di Papa Giovanni Paolo II.
Padre Tucci è stato però per 14 anni anche direttore de “La Civiltà Cattolica” e poi per 12 della Radio Vaticana. In questi ultimi, lei è stato sempre al suo fianco. Che giornalista era?
R. – Era un giornalista di grande sensibilità. Nei nostri lunghi momenti passati insieme – abbiamo viaggiato insieme per 20 anni – lui mi raccontava sempre degli incontri che aveva avuto con i vari Pontefici. Allora il direttore di “Civiltà Cattolica” aveva un rapporto periodico con il Papa per stabilire la linea della rivista e il contenuto. Quando Papa Giovanni XXIII lo nominò direttore di “Civiltà Cattolica”, lui andò subito dal Santo Padre e lo ringraziò di questa nomina. Era giovanissimo, aveva 33 o 34 anni, e disse: “Santità, ma Lei ha creato un direttore troppo giovane: io sono ancora inesperto”, e Papa Giovanni gli rispose: “Guardi, questo suo difetto di gioventù, vedrà che passerà prestissimo: basterà qualche anno in più …”. Il suo percorso, in questi due grandi organi di informazione e comunicazione, lo ha segnato lasciandogli sempre questa attenzione per la comunicazione, cosa che lui ha avuto anche durante il periodo in cui ha organizzato i viaggi di Giovanni Paolo II. La sua preoccupazione non era solamente preparare con rigore e con serietà la parte che riguardava il Santo Padre, ma anche la parte di comunicazione che era relativa al viaggio. Questo è sempre stato apprezzato da tutti i vaticanisti, naturalmente.
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