Contro la tratta, fondamentali comunicazione e sensibilizzazione
Emanuela Campanile - Città del Vaticano
Arrivati da tutto il mondo, hanno partecipato in 200 alla Conferenza Internazionale sulla Tratta di Persone che si è conclusa oggi a mezzogiorno nell’Aula Nuova del Sinodo, in Vaticano, con l'udienza privata di Papa Francesco.
Al convegno, che è stato organizzato dalla Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, sul crescente fenomeno della tratta, si sono confrontati vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, coordinatori di progetti e agenti pastorali, rappresentanti di organizzazioni cattoliche e fondazioni ed esperti di tratta. Un'occasione per discutere concretamente di iniziative tese a mettere in pratica gli Orientamenti pastorali sulla Tratta di Persone (OPTP) elaborati dalla Sezione, approvati dal Santo Padre e presentati alla stampa lo scorso 17 gennaio. Un'opportunità che ha portato con sè elementi nuovi, come evidenzia mons. Robert Vitillo, segretario generale della Commissione internazionale cattolica delle migrazioni:
R. – Prima di tutto, si è riunito un gruppo di persone che formulano diverse e specifiche risposte alla tratta, allo sfruttamento sessuale, ai problemi del lavoro, di povertà e anche dei migranti, i migranti che devono andare in un altro Paese, che devono pagare un intermediario e che molto spesso sono abusati. C’è anche il tema del traffico di organi. Secondo me è la prima volta che tutti questi gruppi si sono riuniti insieme riconoscendo che bisogna dare risposte integrali per questo problema.
Per rimanere in questo ambito di concretezza, qual è il primo passo che voi intendete fare terminato il congresso?
R. – Durante le discussioni sono emerse molte raccomandazioni in vista di azioni concrete. Sono state fatte delle sintesi che saranno disponibili per tutti gli attori dentro e fuori della Chiesa per realizzarle in questo ambito.
Si è parlato anche di comunicazione, di creare una rete di scambio tra i vari soggetti impegnati contro il fenomeno della tratta. Secondo lei, è necessario anche all’interno della Chiesa?
R. – Sicuramente, e non solo c'è necessità di comunicazione ma anche di collaborazione. Perché troppo spesso dentro la Chiesa abbiamo i nostri propri progetti ma non c’è una collaborazione e a volte c’è anche concorrenza. Dobbiamo imparare come lavorare insieme e poi in questo modo, uniti, possiamo rispondere meglio alle persone che sono vittime della tratta. Inoltre, c’è bisogno di collaborazione per quanto riguarda la comunicazione e infatti hanno proposto di fare ogni anno campagne infomative sulla tratta e sulle sue diverse forme. Poi, coinvolgere tutte le conferenze episcopali, le congregazioni religiose, i movimenti laici, la Caritas, la nostra commissione internazionale cattolica per l’immigrazione e lavorare insieme per una sensibilizzazione più generale di questo problema.
La Conferenza Internazionale ha messo a confronto operatori di diversi Paesi che, come afferma Manuela De Marco dell'Ufficio Politiche Migratorie e Protezione internazionale di Caritas Italiana, hanno riconosciuto la necessità di un "rafforzamento del lavoro di rete a livello nazionale e transnazionale" e l'altrettanto bisogno di sensibilizzare l'opinione pubblica dato che, purtroppo, "se questo crimine esiste significa che c’è richiesta". "Questo incontro con tanti altri Paesi e con colleghi di altri Paesi che lavorano sullo stesso tema - spiega - è stato anche il modo per capire che le necessità sono trasversali. Inoltre - aggiunge - va raffinata anche la comunicazione su questi temi. Se davvero sono importanti - prosegue De Marco - l'informazione su tali temi deve entrare e diffondersi più chiaramente nell’attività quotidiana o all'interno delle celebrazioni eucaristiche. E' necessario sensibilizzare perché se il crimine della tratta esiste, significa che c’è richiesta e combattere la richiesta significa anche impegnarsi culturalmente per far capire che le persone non sono merce.
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