Bambino Gesù: 12 progetti in 10 Paesi per la cura dei piccoli
Cecilia Seppia – Città del Vaticano
Dal Medio Oriente all’Africa, dal Sud-Est Asiatico al Caucaso si moltiplicano le iniziative benefiche dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Per l’esattezza si tratta di 12 progetti in 10 Paesi diversi, uniti dal filo rosso della cura d’eccellenza verso i piccoli, in contesti e situazioni di guerra, fame e povertà, lì dove manca tutto e dove spesso a pagare le conseguenze più gravi sono proprio i bambini. “L’ospedale dei figli del mondo - spiega la presidente dell’Ospedale della Santa Sede - Mariella Enoc - corrisponde allo spirito con il quale il Bambino Gesù accoglie e cura i più piccoli tra gli ammalati e i sofferenti di tutto il mondo. Dopo 150 anni dalla fondazione, le missioni internazionali in 10 Paesi permettono di condividere il grande patrimonio di conoscenza clinica e di ricerca scientifica maturato nel tempo per metterlo al servizio dei bimbi che ne hanno bisogno”.
Supporto sanitario e formazione
Arriveranno fondi per fornire alle strutture già attive sul posto, supporto sanitario e formazione del personale infermieristico e medico nell’ambito di 20 complesse specialità pediatriche: dalla neonatologia, alla terapia intensiva, dalla trapiantologia alla radiologia interventistica fino alla neurologia e alla cardiochirurgia. Ma alcuni progetti, come quello di Bangui nella Repubblica Centrafricana, prevedono anche aiuti per la ristrutturazione dei complessi pediatrici.
La Tanzania
La professionalità e la cura del Bambino Gesù raggiungono anche Siria, Etiopia, Cambogia, Cina, Russia, Georgia, India e Tanzania. Qui, in questo Paese dell’Africa orientale, conosciuto per le sconfinate aree selvagge, l’ospedale della Santa Sede ha stretto una partnership con il San Gaspar Referral and Teaching Hospital di Itigi, amministrato dalla Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue. In particolare è stata siglato a settembre 2018 un accordo che ha la finalità di trasferire al personale medico dell'ospedale africano conoscenze e competenze su specifici percorsi terapeutici, diagnostici e assistenziali nell'ambito della chirurgia plastica e maxillofacciale, come ci spiega il responsabile dell’unità di chirurgia plastica dell’Ospedale Bambino Gesù, il dott. Mario Zama.
Le cure
“La Tanzania, come molti dei Paesi africani, spiega il dott. Zama, ha come una delle cause principali di traumi, le ustioni, le quali sono legate sia al tipo di ambiente domestico in cui le persone vivono: le case più povere sono dotate di un unico locale con un braciere all’interno dove i bambini facilmente, gattonando, si ustionano. Poi è abbastanza diffusa, l’epilessia, che è un altro flagello di questi Paesi: durante le crisi epilettiche che avvengono in casa i bambini facilmente cadono e si fanno male. L’assistenza in fase acuta è estremamente precaria: la maggior parte dei casi viene lasciata guarire spontaneamente con delle cicatrici e degli esiti retraenti e deturpanti molto seri. Ci sono anche le malformazioni congenite su cui dobbiamo intervenire, soprattutto la labiopalatoschisi, ovvero quello che comunemente viene chiamato labbro leporino".
Le missioni
"La nostra missione - prosegue il dott. Zama - è quella di mettere a servizio di tutti, degli ultimi soprattutto le capacità che abbiamo avuto il privilegio di poter sviluppare. Tutti hanno questo diritto alla cura e non soltanto quelli che abitano vicino a noi. E quindi la nostra missione è andare sul territorio a portare il nostro aiuto sia alle persone che hanno bisogno di interventi chirurgici sia ai medici perché questa assistenza continui anche in nostra assenza. Ed è questo lo spirito che ci guida: andare ad insegnare sul posto, dare loro gli strumenti, non tecnici o tecnologici, ma proprio la conoscenza, per poter svolgere la stessa attività che noi svolgiamo qui con maggior fortuna, anche sul loro territorio". Nel corso del 2018 sono state svolte 29 missioni internazionali per complessivi 145 giorni lavorativi con il coinvolgimento di 46 tra medici e infermieri del Bambino Gesù. Gli accordi di collaborazione siglati con i governi o le istituzioni sanitarie dei vari Paesi o anche organizzazioni umanitarie internazionali come WHO e UNHCR, prevedono di norma sessioni di formazione on-the-job svolte da team di operatori del Bambino Gesù negli ospedali partner e periodi di formazione residenziale a Roma del personale medico e infermieristico locale.
I pazienti “umanitari”
Sia nell’ambito degli accordi di collaborazione internazionali sia in risposta ad appelli di enti, istituzioni o famiglie di tutto il mondo, il Bambino Gesù accoglie ogni anno diverse decine di cosiddetti pazienti “umanitari”, cioè bambini sprovvisti di qualsiasi forma di copertura delle spese mediche, perché né cittadini italiani né appartenenti all’Unione europea né sostenuti da organizzazioni umanitarie o benefiche. I costi vengono sostenuti in larga parte dalla Fondazione Bambino Gesù Onlus, che promuove a questo scopo attività di raccolta fondi specifiche: nel corso del 2018 hanno ricevuto accoglienza e cure 62 pazienti di questo tipo. Per lo più i piccoli arrivano dall’Africa ma anche da Asia e Medioriente; 8 dall’Europa e 2 dall’America centrale. Il Bambino Gesù resta un punto di riferimento internazionale per le cure più avanzate e per la formazione clinica e scientifica in campo pediatrico: nel corso del 2018 sono stati ricoverati oltre 500 bambini dai 5 continenti.
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