Ordinazione episcopale di mons. Chmielecki. Parolin: "Al servizio del popolo di Dio"
Gabriella Ceraso - Città del Vaticano
Il Mandato Apostolico, il canto del Veni Creator e delle Litanie, l'ordinando prostrato a terra e poi l'imposizione delle mani, l'unzione e infine la consegna della Mitria, del pastorale e dell'anello episcopale: sono tanti e solenni i momenti che scandiscono l'ordinazione di un vescovo anche quando non è il Papa a presiedere la cerimonia ma, come in questo caso, a darne mandato esprimendo il benvenuto nel collegio episcopale all'ordinando e invocando su di lui i doni dello Spirito santo.
Incaricato per il Papa, il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, nell'omelia della Messa per l'ordinazione episcopale di mons. Tymon Tytus Chmielecki - polacco di Toruń - ha indicato innanzitutto l'immagine di Gesù Buon Pastore, quale più appropriata per il cammino e per l'incarico che da oggi lo fa "successore degli apostoli". Vescovo con il compito di "santificare il popolo" che Dio gli affida, con lo stile e il dinamismo missionario del Buon pastore, con la "dedizione" e la "gioia" di chi accoglie in unità i figli dispersi ed è pronto a dare la vita per ciascuno. E il motto scelto dal nuovo vescovo "Eskatos kai diakonos (l’ultimo e il servo)", ha rimarcato il cardinale, compendia bene le parole di Gesù: “Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo e il servitore di tutti” (Mc 9,35), dimostrando la piena consapevolezza di mons. Tymon Tytus Chmielecki, della responsabilità episcopale e di come esercitarla conformemente al Vangelo.
"La dignità di Arcivescovo e l’essere Rappresentante del Santo Padre sono un dono e una missione che ti viene affidata per rendere presente la sua sollecitudine pastorale al servizio della comunione delle Chiese, per offrire alla Santa Sede gli strumenti di conoscenza, tanto delle gioie e dei traguardi raggiunti, quanto delle necessità e delle aspirazioni delle Chiese e dei popoli presso i quali sei inviato".
Vescovi: testimoni e segni della presenza di Dio
Dio - ha detto il cardinale - non vuole essere riconosciuto e obbedito per la potenza che manifesta, ma piuttosto per l’amore che suscita; "sceglie luoghi periferici, lontani dai centri del potere e della cultura, si rivolge a persone semplici e miti, che Egli invia per le strade del mondo ricchi unicamente della Parola di Dio" ,"potenti per i segni che compiono con la forza dello Spirito Santo" e capaci di dare testimonianza fino al martirio. Anche oggi - ha proseguito il segretario di Stato vaticano - Dio non ha cambiato metodo, non cessa di offrire a ciascuno in modi e ruoli distinti, l'occasione di diventare, con il suo aiuto, "segno della sua presenza" e anche l'ordinazione episcopale è "espressione di questo stile divino. Esso si manifesta nella scelta di un determinato individuo per diffondere l’insegnamento di Dio, per rendere presente la sua stessa Persona, per dotare la comunità dei mezzi necessari a costituirsi come tale e per garantire che vi rimanga salda la comunione, alimentata dalla linfa vitale che sgorga dai Sacramenti".
In Africa come strumento di pace e dialogo
Ripercorrendo poi la formazione del nuovo vescovo - nato il 29 novembre 1965 e ordinato sacerdote il 26 maggio 1991- il cardinale Parolin ha ricordato il lungo servizio prestato a Roma e nel mondo nel Servizio diplomatico della Santa Sede dal luglio 1995, in Georgia, Senegal, Austria, Ucraina, Kazakhstan, Brasile e nella Sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato. Quindi il porporato si è soffermato sull' incarico che, dal 26 marzo 2019, vede mons. Tymon Tytus Chmieleck per nomina di Papa Francesco, quale nunzio apostolico in Guinea e in Mali, paesi - ha sottolineato - in prevalenza musulmani dove il cristianesimo si è diffuso in tempi relativamente recenti formando comunità piccole e di minoranza ma non con un ruolo minoritario nell'evangelizzazione, nella riconciliazione del Paese e nel rafforzamento delle istituzioni democratiche.
A questo fine risulterà utile diffondere i contenuti del “Documento sulla fraternità umana”, sottoscritto lo scorso 4 febbraio da Sua Santità Papa Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb, nel quale, tra l’altro, si legge: “Noi chiediamo a tutti di cessare di strumentalizzare le religioni per incitare all’odio, alla violenza, all’estremismo e al fanatismo cieco e di smettere di usare il nome di Dio per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione” e “di impegnarsi seriamente per diffondere la cultura della tolleranza, della convivenza e della pace; di intervenire, quanto prima possibile, per fermare lo spargimento di sangue innocente, e di porre fine alle guerre, ai conflitti, al degrado ambientale e al declino culturale e morale”.
Nunzio, valido artigiano di comunione e di solidarietà
Nelle parole del cardinale quindi tutto il valore di un Nunzio quale rappresentante del Papa, incaricato quindi di diffonderne le iniziative e l'impegno per il rispetto della dignità e dei diritti, specie dei più deboli. "Grazie ai nunzi - ha detto il cardinale Parolin - la chiesa universale si fa viva nelle chiese locali" e ciascun nunzio, facendo presente alla santa Sede le gioie e le sofferenze delle realtà locali, diviene "artigiano di comunione e di solidarietà". A san Giovanni Paolo II - promotore di pace e di unità, tenace evangelizzatore, devoto alla Vergine Maria - il cardinale Parolin ha infine affidato il cammino che mons. Tymon Tytus Chmielecki ha appena iniziato invocandolo con queste parole: "Benedica i tuoi passi e con San Stanislao e i Santi Timone e Tito, veglino sulla tua missione in terra africana".
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