Giornate editoria cattolica. Ruffini: creatori di cultura fondata sulla fede
Michele Raviart – Città del Vaticano
Si sono conclusi ieri con l’impegno a rendere le “Giornate dell’Editoria cattolica” un evento da ripetere a scadenza fissa, i tre giorni di dibattito che hanno coinvolto editori cattolici provenienti da tutto il mondo organizzato dal Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede in collaborazione con l’Ufficio Cei per le comunicazioni sociali. L’evento, che culminerà questa mattina con la partecipazione alla Messa celebrata da Papa Francesco in San Pietro, è stata l’occasione per mettere in contatto realtà che non si erano mai incontrate primi e affrontare temi comuni all’editoria come l’arrivo del digitale.
I diversi modi di essere editori
“Il primo bilancio è la bellezza dell’incontrarsi di persona, di condividere esperienze, difficoltà e l’impegno a costruire progetti insieme”, afferma a Vatican News il prefetto del Dicastero per Comunicazione Paolo Ruffini. “Progetti”, spiega, che “devono partire dal nostro considerarci editori in un senso moderno, contemporaneo, che non vuol dire soltanto essere ‘pubblicatori di libri’, ma creatori di cultura fondata sulla nostra fede”. Un approccio “che mette insieme tante cose” e che “vuol dire creare un ambiente dove ci si possa incontrare, dove si possa leggere, ma dove si possa anche guardare un film, un documentario. Insomma cercare di linkare i diversi modi di essere editori”.
Usare il linguaggio del nostro tempo
Il digitale, poi, “è un linguaggio del nostro tempo e noi dobbiamo parlare il linguaggio del nostro tempo”, afferma Ruffini: “usiamo il digitale, usiamo tutti i mezzi a nostra disposizione per parlarci tra di noi. C’è una sola cosa che distingue l’uomo dal resto del creato, ed è il parlarci, il linguaggio. Il digitale è il linguaggio del nostro tempo. Prendiamolo per quello e pieghiamolo al servizio dell’uomo”.
L’ambizione di essere “significanti”
“Essere nel mondo”, poi, “vuol dire non sottrarsi a questo. C’è chi pensa che essere editori o lettori cattolici voglia dire essere una piccola parte più o meno rilevante del mondo. Noi siamo nel mondo, il cattolicesimo vuol dire essere universali. La nostra aspirazione vuol dire essere ‘significanti’ per tutti e quindi essere più bravi degli altri editori anche nel costruire questa interrelazione”.
Creare luoghi di aggregazione
L’importante, quindi, è non percepirsi come una minoranza, ma sfruttare quelle che sono le specificità dell’editoria cattolica. Forse le librerie in generale hanno meno senso del passato, ma quelle che funzionano sono quelle che creano un luogo di aggregazione, dove si vendono libri, ma magari si fanno anche altre cose, si fanno incontri culturali, si ascolta la musica… sono anche dei caffè. "Bisogna essere bravi come il tempo nostro ci richiede", dice Ruffini. Quindi non pensarsi una minoranza, ma essere quello che ci chiede Gesù di essere… “sapidi”. In un mondo insipido è assurdo che non ci sia mercato del sale, se noi siamo sapidi, troveremo chi compra i nostri libri e chi vede i nostri film.
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