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Sinodo Amazzonia. Mons. Fabene: valorizzare ruolo dei laici

Il Sottosegretario del Sinodo dei vescovi, il vescovo Fabene, spiega come l’Assemblea dedicata all’Amazzonia affronterà le sfide ecclesiali che nascono dalla sofferenza per la mancanza dell’Eucaristia in molte chiese locali della regione

Fabio Colagrande - Città del Vaticano

La terza e ultima parte del Documento di Lavoro del Sinodo dedicato alla regione panamazzonica invita i Padri Sinodali ad affrontare nuovi cammini e nuove sfide affinché la Chiesa nella regione sia davvero profetica e missionaria. Si parla di una Chiesa “partecipativa”, accogliente verso la diversità, ma anche “creativa”, per dare “nuove risposte ai bisogni urgenti” e “armoniosa”, che promuova i valori della pace, della misericordia e della comunione. Si affrontano, fra le altre, le sfide dell’inculturazione e dell’interculturalità, quelle liturgiche, organizzative, dell’evangelizzazione, del dialogo e della promozione umana integrale. Per una riflessione su questa parte dell’Instrumentum laboris, Radio Vaticana Italia ha intervistato il vescovo Fabio Fabene, Sottosegretario del Sinodo dei vescovi.

R. - Innanzi tutto credo che bisogna dire che questi nuovi cammini della Chiesa si situano nel grande lavoro della prima evangelizzazione, nell’opera pastorale che è stata svolta fin qui da tanti missionari, missionarie, vescovi, sacerdoti e fedeli laici che curano pastoralmente quella parte della Chiesa. I nuovi cammini si inseriscono in questa grande tradizione attraverso un processo di inculturazione, cioè di incarnazione del Vangelo nella ricchezza e nella pluralità delle culture umane. Il Sinodo vuole promuovere un dialogo tra tutte queste culture in vista di un mutuo arricchimento e in questo modo l’inculturazione si apre all’interculturalità, cioè all’incontro tra le diverse culture. Questo cammino di inculturazione che viene proposto dall’Instrumentum laboris, riguarda tutti gli aspetti della vita ecclesiale, come la Liturgia, l’organizzazione ecclesiale, l’educazione e il rispetto dei diritti dell’umanità. Quindi si chiede anche di valorizzare il ruolo dei laici che devono essere sempre più protagonisti nella vita di una Chiesa in uscita, come ci propone continuamente il Papa; una Chiesa che va incontro all’uomo e diventa una casa accogliente per tutti.

Tra i suggerimenti contenuti nel testo c’è quello, a proposito dell’organizzazione comunitaria, di “passare da una Chiesa che visita ad una Chiesa che rimane”. Cosa significa?

R. - Certamente, perché quello che si propone nell’Instrumentum laboris è che ci siano pastori nella Chiesa che siano nelle loro comunità, quindi non solo che visitino per celebrare l’Eucarestia e gli altri sacramenti qualche volta all’anno, ma che siano parte integrante delle comunità cristiane, dove possano vivere insieme a queste popolazioni per annunciare il Vangelo e celebrare i sacramenti. Pe questo nell’Instrumentum laboris si propone di incrementare la pastorale vocazionale in modo che dalle stesse comunità cristiane che sono in Amazzonia nascano nuove vocazioni. Questo è molto importante, perché – appunto – la Chiesa in Amazzonia deve essere la Chiesa feconda anche di pastori che nascono da quelle comunità.

Il territorio dell’Amazzonia è molto vasto. Quindi c’è anche il problema delle distanze geografiche e pastorali. Tra i temi trattati nel testo, senza mettere in discussione il celibato sacerdotale, c’è l’ordinazione di anziani con famiglia, l’invito ad indentificare il tipo di ministero ufficiale che può essere conferito alle donne. Sono temi che fanno discutere …

R. - Sono temi certamente molto vivi, ma che nascono dalla sofferenza che la consultazione pre-sinodale ha rilevato, ovvero la mancanza dell’Eucarestia. In modo molto ampio, tra le risposte pervenute a questo questionario allegato al documento preparatorio emerge proprio questa grande sofferenza della popolazione per la mancanza dell’Eucarestia. Ci sono comunità dove si celebra la Santa Messa una volta o al massimo due volte all’anno. E, per venite incontro a questa sofferenza si propone una rinnovata pastorale vocazionale, ma anche si pone la questione della possibilità di studiare se si possono ordinare sacerdoti persone anziane, accettate dalle comunità anche se hanno una famiglia stabile. Questo sempre nel contesto del celibato sacerdotale, come ha ribadito il Papa nel viaggio di ritorno da Panama. Proprio quella proposta che si presenta nell’Instrumentum laboris richiama quasi testualmente quelle parole del Papa, cioè studiare la possibilità che si possano ordinare sacerdoti persone anziane, rette, di moralità assoluta.

Sarebbero i cosiddetti “viri probati”?

R. - Sì. Questa espressione non è presente nell’Instrumentum laboris, ma sono persone anche con famiglia costituita che possono essere ordinati sacerdoti. E in questo caso si pone la questione allo studio dei padri sinodali; saranno loro a vedere se andare avanti nello studio, se proporre poi questa questione all’attenzione del Papa.

Ascolta l'intervista a mons. Fabene

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18 giugno 2019, 13:39