Mons. Ignazio Sanna: “Fare teologia dal basso, come piace a Papa Francesco”
Federico Piana- Città del Vaticano
Il primo sentimento è quello di gratitudine: “Sono riconoscente a Papa Francesco per aver pensato a me per questo incarico che accolgo con totale spirito di servizio”. Poi mons. Ignazio Sanna, nominato ieri presidente della Pontificia Accademia Teologica, non nasconde la sua soddisfazione per il ritorno alla teologia pura, dopo anni passati con gioia ad amministrare l’arcidiocesi di Oristano: “Ho trascorso trentasei anni ad insegnare all’Università Lateranense poi da arcivescovo sono passato dalla vita di teologo alla teologia della vita, portare la luce del Vangelo nelle situazioni di vita concreta. Ora riprendo il filone dello studio teologico arricchito da una forte esperienza pastorale che non sarà inutile”.
Che cos’è per lei la teologia?
R.- Ricordiamoci sempre una cosa: l’oggetto della teologia è Dio, uno e trino. Le teologie del genitivo vengono dopo. La teologia, dunque, deve portare la presenza di Dio nelle vicende del mondo. Tutto quello che Gesù ha insegnato è per la salvezza dell’uomo. Papa Francesco ha definito un nuovo paradigma: fare teologia partendo dalla realtà viva, con tutte le sue difficoltà ed opportunità. Non più, come si faceva prima, partendo dal testo per arrivare al contesto. Così, la teologia non rimane chiusa nelle aule universitarie ma cerca di rispondere alle problematiche attuali della società.
Quali saranno le prossime sfide della Pontificia Accademia di Teologia?
R. - Nell’attuale contesto, sono sostanzialmente due. La prima, in ambito filosofico: far capire che all’interno di una società pluralista come la nostra c’è l’esigenza di trovare un fondamento metafisico della verità, altrimenti non si va da nessuna parte. Noi in quanto cristiani portiamo un’istanza che è la Verità, quella rivelata da Dio stesso con il suo figlio Gesù. E noi quando dialoghiamo dobbiamo tenere conto della nostra identità, di ciò che noi rappresentiamo , dell’eredità che dobbiamo custodire. Il secondo fronte sono le scienze. Lo scienziato autentico è umile ed è in ricerca. Colui il quale, invece, fa dello scientismo la sua bussola, pretende di avere la ragione dalla sua parte. Ecco, il nostro compito è dialogare con la vera scienza, non con lo scientismo. La Chiesa è sempre stata madre si sapienza e dobbiamo trovare luoghi e tempi per portare avanti il confronto anche perché oggi viene messa in discussione l’antropologia stessa. Dobbiamo difendere la prospettiva cristiana dell’uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio.
In questo senso, non si può non far riferimento alle questioni calde legate alla bioetica di inizio e fine vita…
R.- I valori della vita e della famiglia vanno garantiti. Ci sono anche tanti esseri viventi che dobbiamo rispettare, lo ricorda Papa Francesco nella sua enciclica Laudato Sì in difesa dell’ambiente. Il concetto di vita va promosso e difeso in tutte le sue forme, ovviamente dall’inizio alla fine. Oggi purtroppo la cultura dominante propone altre visioni: noi cristiani sappiamo però che sia l’inizio che il fine della vita sono nascoste nel cuore di Dio. Anche per quanto riguarda la famiglia ci sono altre narrazioni. Ci raccontano, insistendo, che la famiglia è un prodotto della cultura, per cui come in passato è esistito un modello unico uomo-donna, monogamico, aperto alla vita, oggi ne può esistere un altro totalmente contrario e differente. Su questo non possiamo avere tentennamenti, dobbiamo essere decisi difendendo la famiglia, nucleo stesso della società.
Altre sfide saranno l’ecumenismo ed il dialogo interreligioso?
R.- Come ha più volte ricordato il Papa, occorre mettere in moto un ecumenismo di base. Si devono trovare forme per camminare insieme, punti di interesse comune. Per quanto riguarda il dialogo interreligioso , dico solo una cosa: non possiamo vivere la fede in maniera concorrenziale o conflittuale. Dialogare e collaborare è diventato necessario.
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