Mons. Camilleri: le persecuzioni religiose sono una realtà allarmante
Michele Raviart – Città del Vaticano
“Mantenere la presenza delle comunità cristiane, in particolare in quelle aree dove non sono parte dei gruppi di maggioranza, è una questione molto più che simbolica: è una forte testimonianza di fede e una dimostrazione che la pacifica coesistenza tra una pluralità di religioni è possibile quando è rispettata la dignità di ogni persona”. Così mons. Antoine Camilleri, sottosegretario per i rapporti con gli Stati è intervenuto ieri nella basilica di San Bartolomeo all’Isola a Roma per il lancio della Rivista sulla persecuzione dei cristiani.
Un genocidio causato dall’indifferenza
Una “realtà allarmante” che il Papa ha definito una “sorta di genocidio causato dall’indifferenza generale e collettiva” in cui, afferma mons. Camilleri, “la presenza dei cristiani è espulsa sistematicamente dalle società e dalle culture, perfino nelle zone dove ha avuto origine”.
Nessun rispetto per chi crede
“L’ingiusta discriminazione, la violenza e la persecuzione di qualsiasi essere umano, specialmente sulla base della religione e del credo, è moralmente inaccettabile e riprovevole”: sottolinea il sottosegretario per i rapporti con gli Stati. “Negli ultimi anni abbiamo avuto testimonianza di attacchi contro gruppi e individui in vari contesti religiosi da parte di terroristi, gruppi estremistici e fanatici religiosi, che non hanno nessun rispetto per le vite di chi ha un credo differente dal loro”, in un fenomeno che coinvolge molte comunità religiose in tutto il mondo.
Maggiore impegno da parte dei governi
Come ha sottolineato Papa Francesco nella dichiarazione di Abu Dhabi dello scorso 4 febbraio, c’è il rischio di una “manipolazione politica delle religioni”, che non riguarda solo attori non statali come terroristi o estremisti religiosi. Anche “i governi”, spiega mons. Camilleri, “devono chiedersi fino a che punto sono impegnati nel difendere la libertà religiosa e nel combattere le persecuzioni”. Spesso da un lato non giustificano o condannano questi gesti, mentre dall’altro “‘collaborano’ politicamente, economicamente, commercialmente, militarmente e o in altro modo, e semplicemente chiudono un occhio con chi viola in modo così evidente questa libertà fondamentale”.
Ogni religione è coinvolta
“Tristemente”, poi, “la maggior parte di questi crimini continua nell’impunità e con poco più di un vergognoso imbarazzo da parte della comunità internazionale e molto spesso dando poca attenzione al fenomeno”. In questo senso per la Santa Sede, “la disturbante realtà delle persecuzioni religiose è una grave preoccupazione non solo per quei cristiani che soffrono, ma anche per i fedeli di qualsiasi religione. Tale persecuzione è un attacco alla libertà più fondamentale della persona umana”. In particolare “la situazione dei cristiani che soffrono la tortura e la morte è particolarmente dolorosa per quelli di noi che condividono con loro anche un profondo legame spirituale”.
La criminalizzazione dei leader religiosi
A volte, poi, una forma di discriminazione religiosa è anche quella della “crescente tendenza”, anche in democrazie solide, “di criminalizzare o sanzionare i leader religiosi quando enunciano i principi fondamentali della loro fede, soprattutto per quanto riguarda gli ambiti della vita, del matrimonio e della famiglia”.
Un fattore di unità e pace
La libertà religiosa non è poi solo una questione culturale o giuridica, ma è radicata nella dignità stessa della persona ed è “una condizione per il perseguimento della verità che non si impone con la forza”. In questo senso “la religione può servire come un importante fattore per l’unità e la pace all’interno della famiglia umana attraverso la ricerca ragionata del bene comune, che deve essere alimentato dal dialogo”.
L’uguaglianza tra tutti i cittadini
La necessità di un dialogo interreligioso e interculturale aperto e onesto è uno dei mezzi per superare le persecuzioni e un aspetto essenziale nell’indispensabile riconoscimento di ogni persona come “concittadina” dell’altro. La maggior parte delle costituzioni afferma che tutti i cittadini sono uguali, anche se “il sorgere del nazionalismo in alcuni Paesi, combinato con un’aggressiva affermazione dell’identità religiosa, può facilmente portare al fondamentalismo religioso". Le persone o i gruppi che non appartengono alla maggioranza etnica o religiosa possono allora subire discriminazioni, marginalizzazione e persecuzioni, perché la maggioranza rischia di sentire lo Stato come proprietà esclusiva, a discapito di chi non crede nella loro religione.
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