Comunicare testimoniando
ANDREA TORNIELLI
"Comunicare con la testimonianza, comunicare coinvolgendosi nella comunicazione, comunicare con i sostantivi delle cose, comunicare da martiri, cioè da testimoni di Cristo, da martiri. Imparare il linguaggio dei martiri, che è il linguaggio degli Apostoli". Incontrando e salutando per la prima volta personalmente tutti i dipendenti (giornalisti, tecnici, personale amministrativo) del nuovo Dicastero per la Comunicazione che ha unito e messo in sinergia nove enti della Santa Sede prima autonomi, Papa Francesco ha consegnato il testo del discorso preparato e parlando a braccio ha invitato noi comunicatori a essere testimoni, a ridare valore ai sostantivi più che gli aggettivi e gli avverbi, e soprattutto a svolgere il nostro compito quotidiano avendo davanti agli occhi l’esempio dei martiri.
Quello del Papa è un invito che tocca il cuore del nostro lavoro. Francesco non ha dispensato consigli “tecnici”, non ci ha detto se per offrire ai nostri ascoltatori, lettori o spettatori la cronaca di un evento dobbiamo fare più o meno videonews, interviste audio o approfondimenti scritti. Ci ha invece richiamato all’essenziale: la comunicazione dei media della Santa Sede, la comunicazione per un cristiano, è testimonianza. E per testimoniare bisogna innanzitutto vivere, e coinvolgersi, cioè lasciarsi ferire dalla realtà che si incontra e si racconta. Lasciarsi ferire dai drammi, dalle storie delle persone, sapendone comunicare la bellezza, la verità, la speranza.
Le parole di Francesco sono un’indicazione concreta, alla vigilia di eventi ecclesiali importanti come il Sinodo sull’Amazzonia. Rappresentano infatti una bussola per navigare nell’affollato mar mediatico e nella giungla dei social, caratterizzati da quotidiani esempi di contro-testimonianza evangelica da parte di chi riduce la fede a politica, rappresenta la vita della Chiesa - Corpo di Cristo - come una guerra per bande, riduce il magistero a slogan o utilizza un linguaggio di divisione, di scherno nei confronti dei fratelli nella fede, dei pastori e del Successore di Pietro.
Avere davanti agli occhi l’esempio dei martiri, ci ha detto il Papa, indicando uno stile che è testimonianza evangelica. «Sono i nostri martiri - ha spiegato - quelli che danno vita alla Chiesa: non i nostri artisti, i nostri grandi predicatori, i nostri custodi della “vera e integra dottrina”». La testimonianza dei martiri, cioè di coloro che hanno donato la vita per il Vangelo, e che hanno fatto sempre prevalere l’amore per il nemico seguendo le orme di Colui che ha scelto di immolarsi per la salvezza di tutti. Ecco ciò che un cristiano non può mai dimenticare quando comunica cercando di testimoniare la comunione, e non la divisione; l’amore che unisce, e non l’odio che divide; la natura della Chiesa e non la sua riduzione a struttura guidata da logiche puramente umane, politiche, divisive. È uno sguardo che spesso potrà risultare controcorrente rispetto al mainstream mediatico? Sì. Ma è il compito che il Successore di Pietro ci affida, chiedendoci di non inseguire il successo legato ai clic e ai “like” per offrire invece una testimonianza che attraverso il nostro quotidiano lavoro artigianale di comunicatori crei legami e relazioni, e soprattutto faccia balenare squarci di bellezza, di verità e di speranza in chi ci ascolta e ci legge.
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