Il cardinale Ignatius Suharyo Hardjoatmodjo
Un ponte gettato verso l'Estremo Oriente con la porpora che arriva nel Paese a maggioranza musulmana più grande del mondo per numero di credenti. Fra i nuovi cardinali scelti da Papa Francesco in questo concistoro, Ignatius Suharyo Hardjoatmodjo non solo è l'unico proveniente dal Sud-est asiatico, ma il suo ministero pastorale interamente speso in Indonesia risponde chiaramente a una scelta fatta nella prospettiva del dialogo e della missione. In un paese storicamente fondato sulla cultura dell’incontro e della pace, ma in cui negli ultimi anni la minoranza cristiana si confronta dolorosamente con forme di fondamentalismo e violenze, l'arcivescovo di Jakarta, pur nella fermezza dei suoi interventi in campo sociale e civile in difesa dei diritti umani e della moralità, è uomo di confronto, capace di convogliare energie e volontà in vista di un'unità che si nutra delle differenze. Umiltà, profilo basso, mitezza, toni pacati caratterizzano il terzo cardinale nella storia della Chiesa indonesiana, dopo Justinus Darmojuwono e Julius Riyadi Darmaatmadja; per questo l'annuncio della sua porpora è stato accolto con favore non solo dai cattolici locali, orgogliosi della scelta pontificia, ma anche da numerosi rappresentanti delle comunità islamiche, ovvero della maggioranza degli oltre 260 milioni di abitanti dell'immenso arcipelago asiatico.
E' nato il 9 luglio 1950 a Sedayu, arcidiocesi di Semarang, nel cuore dell'isola di Giava, in una delle quattro reggenze, quella di Bantul, della regione di Yogyakarta, a circa 500 chilometri dalla capitale. Settimo di dieci figli, è cresciuto in una famiglia numerosa e feconda di vocazioni: ha infatti un fratello monaco e due sorelle suore. Entrato a 11 anni nel seminario minore di Mertoyudan, si è diplomato nel 1968; quindi, trasferitosi a Yogyakarta, ha portato avanti gli studi di Filosofia e Teologia, perfezionati a Roma, alla Pontificia università Urbaniana, dove ha ottenuto la licenza e il dottorato nel 1979 e nel 1981.
Il 26 gennaio 1976 è stato ordinato sacerdote dal cardinale Darmojuwono nella cappella del Seminario maggiore di Yogyakarta, dove è tornato, subito dopo aver completato il ciclo di studi, con l'incarico di formatore. Un servizio, quello in seminario, che ha prestato fino al 1997, ricoprendo negli stessi anni anche gli incarichi di professore di Catechetica nella locale Facoltà di Filosofia (dal 1981 al 1991), e, all'università dei gesuiti Sanata Dharma, di presidente del Dipartimento di Filosofia e Sociologia (dal 1983 al 1993) e di decano della Facoltà di Teologia (dal 1993 al 1997). In questo periodo da sacerdote, ha seguito e accompagnato le sofferenze di una popolazione prostrata dalla dittatura.
Nominato arcivescovo di Semarang da Giovanni Paolo II il 21 aprile 1997, ha ricevuto l'ordinazione episcopale per mano del cardinale Daarmatmadja il 22 agosto seguente. Serviens Domino cum omni humilitate “Servendo il Signore con tutta umiltà” è il motto – tratto dagli Atti degli apostoli 20, 19 – che da allora lo accompagna.
Per tre anni, fino al 2000, ha guidato la Commissione per il dialogo interreligioso in seno alla Conferenza episcopale indonesiana (Kwi), di cui è divenuto segretario generale dal 2000 al 2006, anno in cui è stato nominato da Benedetto xvi ordinario militare per l'Indonesia ed è divenuto vice presidente della Conferenza dei vescovi del Paese, fino al 2012.
Nel frattempo è stato chiamato a raccogliere l'eredità pastorale del cardinale Darmaatmadja, del quale il 25 luglio 2009 è stato nominato coadiutore nella guida dell'arcidiocesi di Jakarta. A lui è succeduto per coadiuzione il 28 giugno 2010 e sulle orme del predecessore, ha impostato il ministero su tre cardini: fede, fraternità e servizio. Un servizio non esclusivo per il “piccolo gregge” cattolico, ma capace di abbracciare nell'attenzione e nella sollecitudine l'intera popolazione. In sintonia con le caratteristiche originarie dell'Indonesia, è un tenace promotore del pluralismo e della convivenza religiosa. Da quattro anni include nel piano pastorale la riscoperta della Pancasila, la Costituzione nazionale, per riflettere e contribuire al bene comune e alimentare uno spirito unitario. Ripetuti i suoi richiami in una società minata dall'avidità e dalla corruzione e costante il suo impegno, in collaborazione con le istituzioni politiche e con i leader delle maggiori organizzazioni islamiche, nel condurre la popolazione sulla via della moderazione e dell'accoglienza, e nel condividere la presa di coscienza del pericolo di ogni fondamentalismo.
Dal 2012 è presidente della Conferenza episcopale, con mandato rinnovato per tre volte, nell'ultima delle quali (in corso fino al 2021) è stato votato in deroga al regolamento che ne prevede solo due consecutivi, come significativa espressione della stima di cui gode e del ruolo di guida morale e spirituale che gli viene riconosciuto.
Ha partecipato a diverse assemblee del Sinodo dei vescovi: nel 1998 alla prima speciale per l'Asia, indetta da Giovanni Paolo II; nel 2008 e nel 2012 alla dodicesima e alla tredicesima generale ordinaria, indette da Benedetto XVI sui temi della Parola di Dio e della nuova evangelizzazione; nel 2014 – anno in cui è stato anche annoverato tra i membri della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli - e nel 2015 alla terza straordinaria e alla quattordicesima ordinaria, volute entrambe da Papa Francesco.
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