Un capolavoro del Museo Egizio di Firenze in mostra in Vaticano
Paolo Ondarza – Città del Vaticano
Era parte della tomba di un alto dignitario, chiamato Ptahmose, il rilievo frammentario del XIII secolo avanti Cristo, proveniente dal Museo Archeologico Nazionale di Firenze in mostra da oggi al 15 maggio 2020 nelle sale del Museo Gregoriano Egizio in Vaticano. Nell’arco di questi mesi sarà “raccontato” ai visitatori di tutto il mondo che ogni giorno attraversano l’affascinante percorso espositivo dei Musei Vaticani.
Il museo come spazio di dialogo
L’iniziativa si inserisce nell’ambito del progetto “Collezioni in dialogo” che vede i “Vaticani” collaborare con le più importanti istituzioni museali nazionali e internazionali al fine di creare preziose e reciproche occasioni di confronto, ricerca e crescita scientifica, rilanciando l’idea di museo, non come luogo polveroso, ma centro dinamico di conoscenza e attività di ricerca. “Ogni collezione museale è uno spazio di dialogo – sottolinea infatti il direttore dei Musei Vaticani Barbara Jatta - e per questo abbiamo deciso di consacrare dei luoghi privilegiati per evidenziare la ricerca come un momento di dialogo in tutte le sue accezioni”.
Un rilievo proveniente dalla Necropoli di Saqqara
Dopo il grande successo registrato dall’esposizione, appena conclusa, della statua del faraone Amenhotep II inginocchiato, proveniente dal Museo Egizio di Torino, ecco quindi giungere in Vaticano un altro eccezionale reperto risalente all’epoca del Nuovo Regno. Si tratta di un rilievo in calcare finissimo, dotato ancora della sua originaria brillantezza cromatica, proveniente dalla Necropoli di Saqqara, nei pressi della città di Menfi. Il manufatto era parte della grande tomba, lunga 70 metri, di Ptahmose, illustre personaggio dell’allora capitale politica del paese; a lui sono attribuiti ben 32 titoli onorifici come “Sindaco”, “Sovrintendente al tempio di Ptah”- uno dei centri religiosi più influenti per tutta la durata della storia faraonica -, “Capo dell’esercito”, “Responsabile del Tesoro” e “Scriba reale”.
Iconografia e simbolismo
La figura di Ptahmose campeggia in primo piano sulla sinistra del registro inferiore del rilevo: l’uomo ha in mano lo scettro sekhem e un fazzoletto, simboli di alto lignaggio, ed è seduto a fianco della moglie Inehyt, della quale si intravedono solo le gambe. Verso la coppia incedono i sette figli, sei femmine e un maschio, nell’atto di porgere offerte funerarie. Questi ultimi rivestono un alto significato simbolico: agiscono infatti in qualità di sacerdoti funerari che portano offerte stabilendo così quel soprannaturale contatto con l’Aldilà che garantisce la vita eterna e quindi la sopravvivenza del defunto nell’oltretomba.
Le tante vite di un oggetto archeologico
“Durante determinate festività e magicamente ogni giorno, – spiega Alessia Amenta, curatore del Reparto Antichità Egizie e del Vicino Oriente dei Musei Vaticani - Ptahmose riceve il sostentamento, 'tutte le cose buone' come scrivono i testi egizi, per poter vivere una vita felice e serena nella sua dimensione oltremondana”. “Ogni oggetto archeologico – prosegue - è di per sé un magico racconto e vive tante diverse vite dal momento del suo rinvenimento fino alla sua musealizzazione, e anche dopo”. Articolato si presenta infatti il percorso “di vita” del rilievo esposto. Durante il Nuovo Regno nella Necropoli di Saqqara riposavano i più importanti funzionari, ma la gran parte delle tombe e del loro arredo ha subito nei secoli trafugamenti, dispersioni e i danni del tempo e dell’oblio, disperdendosi sotto la sabbia del deserto o nelle collezioni museali e private di tutto il mondo. E’ stato grazie ad un’equipe di studiosi dell’Università del Cairo se la tomba di Ptahmose è tornata alla luce nel 2010.
L’allestimento nel Museo Gregoriano Egizio
Alla presentazione dell’iniziativa, questo pomeriggio alle 17.30 nella Sala Conferenze dei Musei Vaticani, gli interventi, tra gli altri, del direttore Barbara Jatta e del curatore della sezione Egizia del Museo Archeologico Nazionale di Firenze, Maria Cristina Guidotti. L’esposizione, allestita dall’architetto Roberto Pulitani, ha luogo al centro della sala prima del Museo Gregoriano Egizio, fondato nel 1839 da Papa Gregorio XVI, polo espositivo particolarmente interessante per il suo rapporto con il territorio. La collezione vaticana infatti è caratterizzata per la presenza al suo interno di materiale dell’Egitto romano e della Roma egittizzante.
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