Sinodo, al briefing il ruolo delle “madri sinodali”
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Tornano a riunirsi in aula, oggi pomeriggio, i 184 padri sinodali, i 55 uditori, i 25 esperti e i 12 invitati speciali, protagonisti con Papa Francesco del Sinodo speciale per la Regione Panamazzonica. Lo comunica ai giornalisti, nel briefing quotidiano in Sala Stampa vaticana Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la Comunicazione, spiegando che nella 15.ma Congregazione i padri sinodali eleggono, tra i vescovi e i cardinali presenti, tredici membri del Consiglio post-sinodale: 4 del Brasile, 2 Bolivia, 2 Colombia, 2 Perù, 1 Antille, 1 Ecuador e 1 Venezuela. Il Consiglio verrà poi completato da alcuni membri di nomina pontificia, ma non saranno la maggioranza. La Congregazione prosegue con la lettura del documento finale che verrà votato sabato pomeriggio. E’ redatto in spagnolo come lingua ufficiale, ma con traduzioni in portoghese, francese, inglese e italiano.
Suor Inés: valorizzare la donna indigena e campesina
Il primo intervento è di suor Inés Azucena Zambrano Jara, delle Suore Missionarie di Maria Immacolata e di S. Caterina da Siena, ecuadoriana che presta servizio in Colombia. "La nostra Congregazione - spiega la religiosa - vive da 105 anni accanto agli indigeni. Noi vogliamo valorizzare la donna indigena e campesina. Il nostro carisma è l’accompagnamento, la presenza accanto agli indigeni, per valorizzare il loro protagonismo, che è cresciuto in questi anni, a difesa della loro dignità e dei loro diritti”. Nel suo applaudito intervento iniziale, suor Inés sottolinea che il Sinodo che si sta concludendo “è stato un ascolto attento di Dio, della voce dell’Amazzonia, dei popoli e del dolore della Madre Terra”. Un ascolto attivo in un’ambiente di testimonianza, come quella data da Papa Francesco che, racconta la suora ecuadoregna, “ho visto chinare il capo per permettere a due indigeni di benedirlo: è stata una grande testimonianza di evangelizzazione”.
Chiesa dal volto amazzonico, con sacerdoti e liturgia indigena
Noi donne, prosegue la religiosa, che ci siamo autodefinite “madri sinodali”, “abbiamo vissuto con passione questo Sinodo, perché è un grande doloroe quello che stanno vivendo i popoli indigeni”. La speranza, conclude è quella “di costruire una Chiesa dal volto amazzonico, come chiedeva già nel 1984 san Giovanni Paolo II, quando diceva che è necessaria una Chiesa indigena con propri sacerdoti proprio e una propria liturgia. Per realizzarla dobbiamo approfondire e vivere la teologia indigena, la loro cosmologia, e questi si fonda sull’apprendimento delle loro lingue. Nel frattempo, dobbiamo continuare a lavorare per i diritti dei popoli indigeni, insieme con le organizzazioni indigene. E lavoriamo per una vita consacrata inculturata, itinerante, che vive con i popoli indigeni”.
Spengler: il 40 per cento chiede il diaconato femminile
Tra le proposte che nel documento verranno presentate a Papa Francesco, potrebbe esserci quella del diaconato femminile, spiega monsignor Evaristo Pascoal Spengler, vescovo prelato di Marajó, in Brasile, l’arcipelago che si trova sulla foce del Rio delle Amazzoni. Minore francescano, è stato relatore del circolo minore portoghese “B”, e ai giornalisti spiega che “il 40 per cento dell’assemblea sinodale ha chiesto l’istituzione di un ministero ordinato per le donne all’interno della Chiesa”. Nella storia della Chiesa, ricorda monsignor Spengler, “ci sono profeti ma anche profetesse, che hanno condotto il popolo di Dio. E naturalmente la figura più importante è Maria. San Paolo, nelle sue lettere, parla delle diaconesse, e poi ci sono le Sante: dal 12.mo secolo a oggi abbiamo più Sante di Santi”. In Amazzonia, conclude il vescovo di Marajò, “circa il 60 per cento delle comunità sono guidate da donne. Con la modifica del codice canonico voluta da Benedetto XVI, il ministero diaconale per la liturgia, la parola e la carità, è stato slegato dalla figura di Cristo, e questo permette di aprire un cammino per arrivare al diaconato femminile”.
Un futuro rito amazzonico può prevedere i "viri probati"
Un giornalista chiede se l’istituzione di un rito amazzonico, come proposto più volte durante il Sinodo, potrebbe permettere di arrivare più rapidamente all’ ordinazione sacerdotale di uomini sposati, i cosiddetti "viri probati". Padre Giacomo Costa, segretario della Commissione per l’Informazione del Sinodo, risponde di sì, “visto che succede anche in altri riti, ma queste sono solo illazioni”, perché non conosciamo ancora il documento del Sinodo e ancora meno quello che scriverà Papa Francesco. Ruffini aggiunge che comunque sarà impossibile definire un nuovo rito della Chiesa in un paragrafo di un documento, e che eventualmente sarà proposto solo “un passo verso” questo nuovo rito.
Il delegato luterano: un Sinodo che è camminare tutti insieme
Al briefing interviene anche il delegato fraterno pastore Nicolau Nascimento de Paiva, della Chiesa evangelica luterana in Brasile, coordinatore del Consiglio amazzonico delle Chiese cristiane (Caic), che sottolinea come lo Spirito Santo abbia “usato Papa Francesco per convocare questo Sinodo che è un camminare tutti insieme. Se ampliamo il linguaggio della cura della Casa Comune a tutto il mondo, la cura spetta a tutti non solo ai cattolici, ma anche agli evangelici. Al Sinodo abbiamo potuto parlare anche noi, abbiamo molte più cose in comune di quelle che ci separano, lasciamo agire lo Spirito Santo”.
Pinzòn Guiza (Colombia): affascinato dal "buen vivir" indigeno
Dopo di lui prende la parola monsignor Joaquín Humberto Pinzón Güiza, vicario apostolico di Puerto Leguízamo-Solano, in Colombia, e chiarisce che “le nostre comunità amazzoniche hanno percepito il Sinodo come un modo di farsi presenti nel cuore della Chiesa. Non sono nato in Amazzonia ma ho sempre servito nella Regione, l’Amazzonia mi ha rubato il cuore: gli indigeni, il fiume, e la loro filosofia della ricerca del ‘buen vivir ‘”. Che, spiega il 50enne vescovo colombiano, non è solo vivere bene, “ma vivere in un territorio sano, che non sia inquinato e distrutto, e vivere relazioni fraterne tra noi e con Dio, che ci invita ad avere cura della sua opera creatrice”.
Heinz (Adveniat): l'Europa deve cambiare stile di vita
Di ecologia integrale parla anche il verbita padre Miguel Heinz, presidente di Adveniat, l’associazione caritativa tedesca che sostiene i progetti di solidarietà della Chiesa in America Latina e nei Caraibi. “L’ecologia integrale – spiega - ha molto a che vedere col modo col quale viviamo in Europa, perché se tutti nel mondo vivessero come noi in Europa, il mondo non esisterebbe più. Noi finanziamo progetti che ci vengono sottoposti dal territorio, dalle Conferenze episcopali, dalla Rete Pan Amazzonica e dai religiosi. Facciamo parte della Repam, e facciamo ponte con l’Europa per portare la voce dei popoli indigeni. Un ponte non solo per far arrivare in denaro, ma anche per imparare noi Chiesa tedesca dalla pastorale delle piccole comunità, sostenute dai ministri ordinati e istituiti. Le Chiese dell’America Latina, dal Concilio vaticano II hanno fatto più passi avanti della Chiesa tedesca”. Padre Miguel conclude ricordando i martiri che hanno dato la vita per la fede e per i popoli dell’Amazzonia. “sono sempre presenti in aula sinodale, abbiamo le loro immagini davanti agli occhi. Nel Sinodo c’è una grande sensibilità e c’è chi ha detto che alcuni di loro devono essere canonizzati, per la testimonianza che hanno dato. Credo che il documento finale ne parlerà”.
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