Sinodo. Tondello (Brasile): moltiplichiamo la presenza della Chiesa in Amazzonia
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Monsignor Neri Josè Tondello, 55 anni, da 11 è vescovo della diocesi brasiliana di Juìna, nel Mato Grosso, con 145 mila fedeli sparsi in un territorio di 120 mila Km quadrati e raccolti in 11 parrocchie. Si trova nella regione nord-occidentale dello Stato, dove è forte la richiesta di terra da parte dei piccoli contadini, che a gennaio di quest’anno hanno occupato la tenuta agricola dell’ex governatore Silval Barbosa. Una manifestazione finita nel sangue, con la morte di uno degli agricoltori e il ferimento di altri nove.
Il problema della terra nel Mato Grosso
“Fino a quando avremo bisogno dei morti per risolvere i problemi della terra?” aveva lamentato allora il vescovo Tondello. La Commissione per la pastorale della terra dei vescovi brasiliani parlò di tragedia annunciata, perché aveva avvertito da tempo “dell’imminente conflitto nella regione, nella quale duecento famiglie rivendicano il diritto alla terra e vivono sotto tiro di una trentina di uomini armati”. Un diritto acquisito per aver lavorato per molti anni i campi e allevato animali.
Tondello: le vittime dei grandi progetti sono i più poveri
Al Sinodo per la Regione Panamazzonica, monsignor Tondello è relatore del circolo minore portoghese “A”, nel quale, spiega a “Vatican News”, il tema della difesa dei diritti degli indigeni e del Creato è al centro del dibattito.
R. – Noi abbiamo trattato i problemi più forti che hanno un impatto in Amazzonia, per quanto riguarda l’ecologia integrale, il disboscamento, il taglio illegale della foresta… Abbiamo parlato anche dei grandi progetti di energia elettrica, dell’attività mineraria, che hanno sempre un grande impatto sull’ambiente ma che hanno anche un impatto forte, a livello sociale, sulla gente che deve migrare da un posto all’altro, cercando un’altra maniera di vivere con le proprie famiglie. Le vittime sono sempre i più poveri e gli indigeni.
E’ stato proposto anche un osservatorio dei diritti degli indigeni per coordinare le azioni della Chiesa a loro difesa. Lei crede che possa essere una proposta utile e attuabile?
R. – Certamente, questo osservatorio per i diritti umani è molto importante per tutta l’Amazzonia, per osservare l’impatto dell’economia predatoria su queste persone, questi gruppi originari, soprattutto i popoli indigeni, che sono le vittime più vulnerabili di questi grande progetti di sviluppo per tutta l’Amazzonia. Questo osservatorio è molto importante, è necessario. E poi, insieme a questo progetto, abbiamo anche suggerito che ogni diocesi abbia un comitato per i diritti umani.
Con quali attese è arrivato a questo Sinodo, quali speranze le hanno affidato i fedeli della sua diocesi?
R. – Quando sono partito mi hanno detto: “Va’ a Roma e porta al Papa le nostre preoccupazioni, i nostri problemi. Sei il nostro difensore”. Il Sinodo è un cammino di ascolto. Si ascoltano tante sfide, tanti problemi ma ci sono anche tante vie per soluzioni alternative importanti. Sicuramente risolvere tutto è impossibile ma è possibile fare meglio e diversamente tante cose per l’ambiente, l’ecologia integrale e l’ecologia umana, cioè le persone, le vittime più importanti, che dobbiamo aiutare in Amazzonia.
E sul tema della ministerialità, sulla necessità di portare l’Eucaristia a tutte le comunità, anche quelle più isolate?
R. – Io credo che il Sinodo sia un’opportunità di riconciliazione della Chiesa con l’Amazzonia, per il debito che ha con essa. Un debito di evangelizzazione verso la Parola di Dio, e soprattutto l’Eucaristia perché in molte comunità c’è la presenza del sacerdote solo una o due volte all’anno. Così non è possibile continuare. Penso che sia necessario moltiplicare la nostra presenza di Chiesa in Amazzonia. Guardare la ministerialità della Chiesa. Una richiesta che facciamo al Sinodo e al Santo Padre è che possiamo ordinare anche uomini adulti sposati provati nella fede e nella vita, e anche sicuramente la diaconia per le donne, perché nella nostra diocesi per esempio io ho 700 catechisti, 650 sicuramente sono donne. Così anche nell’animazione delle comunità le donne sono molto presenti.
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