Sinodo. Noceti: riconoscere la ministerialità delle donne
Fabio Colagrande - Città del Vaticano
Nelle Relazioni dei dodici Circoli minori presentate in Aula durante la tredicesima Congregazione Generale del Sinodo sull'Amazzonia, ampio spazio è dedicato al tema del ruolo della donna. Sulla scia della riflessione aperta già dall’Instrumentum laboris, numerose sono le richieste di riconoscere il valore della presenza femminile nel servizio specifico alla Chiesa in Amazzonia. Si chiede che si conferiscano i cosiddetti “ministeri istituiti” del lettorato e accolitato anche alle donne, sia religiose che laiche. E si propone anche la creazione di un nuovo ministero istituito, quello delle “coordinatrici di comunità”. Su questi temi, Radio Vaticana Italia, ha intervistato Serena Noceti, ordinario di teologia sistematica presso l'Istituto superiore di scienze religiose di Firenze.
R. – Tutto il percorso pre-sinodale ha messo in evidenza quello che è uno degli elementi portanti dell’esperienza pastorale delle chiese locali in Amazzonia: il 70, anche 80 percento degli operatori pastorali sono donne. Le catechiste, le coordinatrici di comunità, gli animatori dei percorsi liturgici sono fondamentalmente a voce e parola femminile. Evidentemente, l’Instrumentum laboris ha ricordato in più punti questo aspetto, richiamando quella richiesta che è stata formulata in diversi modi e in diversi contesti di un riconoscimento di quello che è stato chiamato un “ministero ufficiale” per le donne; un riconoscimento – direi – quasi ovvio, scontato, tenendo presente questo elemento, ovvero una richiesta di riconoscimento di questo ministero, di questa ministerialità diffusa che le donne assumono.
Data l’ampiezza di questi territori e la scarsità di sacerdoti, quali ruoli effettivamente svolgono le donne nelle comunità cattoliche amazzoniche? Lei come teologa ha avuto anche la possibilità di rendersene conto personalmente …
R. - Certo. Questa estate ho passato alcune settimane proprio in alcune chiese locali dell’Amazzonia per poter sia incontrare gruppi di donne sia conoscere più direttamente quella che è l’esperienza pastorale ministeriale – mi esprimerei così – di molte donne. Ma è difficile dire quali sono i campi di servizio pastorale in cui non sono presenti! Le donne annunciano il Vangelo, in comunità anche disperse lontane dal centro parrocchiale; sono coordinatrici, animatrici di celebrazioni in assenza di presbitero; la domenica raccolgono la comunità cristiana, sono ministre straordinarie dell’Eucarestia, sono coinvolte in attività di servizio con la Caritas o altre forme di assistenza e di sviluppo umano; sostengono i processi di formazione e di leadership delle donne, garantiscono la custodia di valori e la trasmissione di valori tradizionali e anche – posiamo dirlo – alcune di loro assistono, su mandato del vescovo, ai funerali e ai matrimoni in assenza di presbiteri. Ancora, alcune di loro hanno il permesso di dare in forma straordinaria il Battesimo per i bambini, dal momento che i presbiteri o il vescovo possono passare in alcune comunità una volta l’anno; non sono rari i casi in cui il presbitero può essere presente nella comunità - in una comunità lontana dal centro parrocchiale – magari una volta ogni due anni. Sono queste donne, religiose e laiche – ripeto – che garantiscono quella “pastorale di presenza”, così è stata chiamata, che mostra e attesta una presenza viva della Chiesa.
Nei briefing quotidiani in sala stampa e nelle sintesi di alcune relazioni dei circoli minori sono emerse delle posizioni di alcuni padri sinodali di apertura verso il riconoscimento della ministerialità femminile e anche verso l’apertura alle donne dei cosiddetti “ministeri istituiti”. Qual è la sua riflessione in proposito?
R. - Quando parliamo di ministeri istituiti ci riferiamo – è bene ripeterlo – al lettorato e all’accolitato, quei due ministeri che sono ministeri battesimali, quindi laicali, che Papa Paolo VI ha posto in essere con il documento Ministeria quaedam del 1972. In questo documento Papa Paolo VI ha segnalato che questi ministeri laicali vanno riservati solo a uomini. Penso però che in questo Sinodo sia stato ribadito da più vescovi, soprattutto durante le conferenze stampa, che sia opportuno che l’assemblea riconosca la richiesta che è stata fatta nella fase pre-sinodale, e durante i lavori da molti vescovi, di un ministero istituito aperto del lettorato e accolitato anche alle donne. Sarebbe un ministero fondato sul Battesimo, quindi non ci sarebbero problemi dal punto di vista teologico e direi i tempi sono maturi per riconoscere a partire da quella prassi che prima ricordavo, che le donne possono essere come lettore e accolito al servizio non solo nel momento liturgico di vita della comunità cristiana, con un ministero che la chiesa riconosce per tutta la vita - con un rito specifico di istituzione - ma anche che questi ministeri del lettorato e accolitato possano essere quella forza del dono di Dio, del dono di grazia e del riconoscimento ecclesiale per l’attività pastorale. Accanto a questo, penso che una delle proposte che alcuni vescovi hanno fatto di veder riconosciuto un ministero di coordinatore e coordinatrice di comunità cristiane possa essere un’idea estremamente interessante e con la possibilità - io spero – di essere accolta. Infatti, Papa Paolo VI in Ministeria quaedam segnalava il fatto che le conferenze episcopali possano chiedere alla Santa Sede altri ministeri istituiti, oltre quello del lettore e dell’accolito. Sarebbe importante, tenendo presente ciò che già avviene nelle comunità cristiane dell’Amazzonia e le esigenze che queste comunità hanno proprio per il bene dei fedeli, di accompagnarli in un percorso spirituale. Vedrei particolarmente positivo che le conferenze episcopali della regione amazzonica chiedano alla Santa Sede di creare questo ministero del coordinatore e coordinatrice delle comunità, tenendo presente che sarebbe auspicabile un ministero che non sia solo per le donne. Infatti, in Amazzonia, almeno nel venti percento dei casi abbiamo uomini che coordinano le comunità e animano in particolare il momento della celebrazione domenicale in assenza di presbitero.
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