Musei Vaticani: la mostra “L’oro di Crivelli” celebra la generosità degli Stati Uniti
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Rinascimentale per l’uso della prospettiva e lo studio delle figure umane, tardogotico per le decorazioni impreziosite dall’oro, Carlo Crivelli, pittore veneziano vissuto tra il 1430 e il 1494, è protagonista della mostra “L’oro di Crivelli”, aperta fino al 21 gennaio 2020 nella Pinacoteca dei Musei Vaticani, per celebrare il 35 esimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e gli Stati Uniti d’America. I suoi tre capolavori esposti nella sala XVII sono infatti stati restaurati dai laboratori dei Musei Vaticani grazie al generoso sostegno dei benefattori americani dei “Patrons of the Arts in the Vatican Museums”, nello specifico dei capitoli della California e del New England. I Patrons iniziarono la loro opera un anno prima del ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e gli Stati Uniti d’America, il 10 gennaio 1984.
Mostra ispirata dall'ambasciatore Usa Callista Gingrich
Ispiratrice dell’esposizione l’ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede Callista Gingrich, che ha coinvolto il direttore dei Musei del Papa Barbara Jatta. Si è voluto così riconoscere, spiega Jatta, ”il ruolo determinante che tanti statunitensi, attraverso i ‘Patrons of the Arts in the Vatican Museums’, hanno svolto e continuano a svolgere a sostegno della missione di tutela, valorizzazione e condivisione del patrimonio universale di arte, storie e fede custodito nei Musei del Papa”. A "Vatican News" il direttore dei musei spiega il significato dell'iniziativa.
R. - I Musei Vaticani da 36 anni hanno un’associazione di Patrons of the Arts in the Vatican Museums. Si tratta di filantropi, di sostenitori che aiutano i Musei del Papa in una missione fondamentale, quindi con una volontà di preservare e aiutarci a restaurare i capolavori che sono preservati in queste mura. Lo fanno da più di 35 anni e quindi ci è sembrata la cosa più naturale celebrare i 35 anni delle relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Stati Uniti d’America attraverso una mostra che desse conto di quanto i singoli americani, i capitoli dei Patrons of the Arts in the Vatican Museums, hanno fatto per questi musei in quanto sostenitori dei restauri. Lo abbiamo fatto con dei restauri eccezionali: per la prima volta le tre opere chiave di Crivelli che sono conservate nei nostri musei, vengono messe ad un confronto ravvicinato in questa “sala 17” che dà testimonianza ormai da più di due anni dei restauri che vengono intrapresi nel nostro laboratorio di restauro attraverso la ricerca dei nostri musei. Il risultato di queste tre opere restaurare è straordinario.
Da parte dei Musei c’è quindi una grande gratitudine verso i Patrons of Arts per l’opera di sostegno che hanno fatto in questi anni. Si può fare un bilancio?
R. - Sono centinaia, forse anche migliaia i restauri. Vanno da piccoli progetti fino a progetti più importanti come ad esempio il restauro del Cortile del Belvedere, il restauro della Scala Santa, le stanze, la Galleria delle Carte geografiche … Insomma, veramente sono 35 anni di grande sostegno, di grande aiuto, di grande supporto. Siamo gratissimi a questi sostenitori americani. In particolare, in questo caso, sono stati i capitoli della California e del New England a sostenere questi restauri, ma veramente, sono tutti gli Stati Uniti che si uniscono in un’azione filantropica e soprattutto di un mecenatismo dei nostri tempi che è veramente ammirevole.
Qual è invece la collaborazione con l’Ambasciata degli Stati Uniti d’America presso la Santa Sede?
R. - L’ambasciata ci supporta moltissimo nel ricevere annualmente le delegazioni dei nostri diversi capitoli arrivano. Ci è sembrato naturale condividere con l’ambasciata la celebrazione di questi 35 anni di relazioni diplomatiche perché tra l’altro è stato il primo ambasciatore uno di grandi promotori dell’associazione dei Patrons. È stato il primo ambasciatore, 35 anni fa, l’ambasciatore Wilson, a volere questa associazione. Quindi veramente diplomazia culturale che vien poco prima della diplomazia politica e reale.
L'ambasciatore Gingrich è stata l'ospite d'onore all'inaugurazione della mostra, nel salone di Raffaello, accanto al cardinale Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, al direttore Jatta, al direttore internazionale dei Patrons of the Arts padre Kevin LIxey, e al curatore Guido Cornini, responsabile scientifico del Dipartimento delle Arti dei Musei Vaticani. Che così parla dell'opera di Carlo Crivelli.
R. – Carlo Crivelli è un grandissimo personaggio un po’ appartato nei main stream figurativo norditaliano del periodo in cui si trova ad operare. Possiamo dire che è un Rinascimento un po’ diverso da quello che siamo abituati a considerare la linea vincente, che è quella toscana, o magari anche veneziana, che però tendeva a premiare i campioni della nuova cultura, la cultura della prospettiva, del ritorno all’antico, dello studio con il recupero dei classici … No: Carlo Crivelli sembra essere quasi un trecentista in ritardo, una sorta di innamorato del clima gotico che, come fa vedere per esempio l’uso disinvolto dell’oro nei fondi, che continuerà a fare fino alla fine della sua produzione con grande successo anche di committenza. Evidentemente, aveva una committenza non dissimile da quella di un pittore che per qualche verso gli è simile: Antoniazzo Romano, a Roma, persisteva nella riproposizione a quest’[…] ormai del tutto superata del fondo oro dietro alle figure. Che poi l’uno e l’altro fossero effettivamente e perfettamente al corrente delle novità prospettiche del loro tempo lo dimostra il dialogo continuo che hanno con i grandi nomi – appunto, a Venezia con i Bellini e invece a Roma Antoniazzo con Perugino, per esempio – e dimostrando quindi che c’è una grande circolazione d’interesse ma che è una scelta consapevole e forse anche caparbia da parte di questi artisti, di continuare a riproporre un codice di immagini essenzialmente medievale anche se poi la sapienza costruttiva, la capacità di descrivere dimostrano una larghezza di orizzonte che arriva addirittura alle Fiandre, quindi alla conoscenza dei grandi modelli fiamminghi.
Quale di queste tre opere ci vuole descrivere?
R. – Una delle più significative forse è stata questa del polittico, qui, alle mie spalle, perché delle tre era quella che era più penalizzata dalla condizione di degrado che la caratterizzava, ed è quella che quindi ha maggiormente beneficiato di una lettura limpida e impregiudicata dei fatti della forma e del colore. E quindi abbiamo scoperto una qualità altissima, non diversa da quella di queste altre due opere che hanno una più sicura autografia. E mentre in passato questo polittico, di cui addirittura la provenienza non si sapeva con esattezza quale fosse mentre adesso, ultimamente, si è riconosciuto che è una chiesa di Ascoli – San Gregorio Magno – e non è più una chiesa di Grottammare, vicino ad Ascoli, come invece prima si pensava – ma soprattutto non è più da assegnare al più debole fratello di Carlo, cioè Vìttore Crivelli: sia la qualità assoluta del disegno e anche però delle procedure tecniche con cui questo dipinto è stato eseguito, che è del tutto paragonabile agli altri due, peraltro – co dà un incoraggiante viatico ad incoraggiare che Carlo abbia come minimo avuto la concezione e la regia generale del polittico, sia personalmente responsabile delle parti principali – come per esempio la Madonna con il Bambino; restano da studiare alcune parti secondarie ma forse, senza bisogno di arrivare al fratello Vìttore, si può parlare di una bottega sotto il diretto controllo del Maestro.
Queste sono le magie del restauro, che permettono di arrivare a nuove scoperte e nuove attribuzioni …
R. – Il restauro, in effetti, non è soltanto una sorta di maquillage estetico con cui un’opera viene di nuovo presentata al suo meglio: è molto di più. Presuppone una lunga fase istruttoria, chiamiamola così, con ricerche d’archivio e studio delle opere simili di quel particolare autore o ambiente culturale che esprime quella determinata tavola, tela o scultura. Poi, si passa alla fase manuale: anche questa viene attentamente calibrata, caso per caso, guidata – tra l’altro – in perfetta sintonia con il laboratorio di diagnostica. Quindi spesso è il restauro – in questo caso pittorico – a chiedere e sollecitare alla diagnostica, che gli sta accanto anche fisicamente, come laboratorio – le indagini giuste da cui poter trarre poi informazioni con cui procedere con più sicurezza.
Tre opere di Crivelli restaurate grazie a "Patrons of the Arts"
La piccola sala XVII della Pinacoteca, che da più di due anni ospita le iniziative culturali della rassegna “Museums at Work”, nata per dare conto delle molteplici attività di ricerca e di restauro dei Musei Vaticani, è illuminata dallo splendore delle tre opere di Carlo Crivelli, attivo tra la Dalmazia, l’entroterra veneto e le Marche, fino al 1494, anno in cui morì ad Ascoli Piceno. Si tratta del polittico a cinque scomparti della "Madonna con il Bambino e Santi" (1481), la "Madonna con il Bambino" (1482), forse elemento centrale di uno smembrato polittico, e la splendida lunetta della "Pietà" (1488-1489).
Rinascimentale per la prospettiva, tardogotico per l'uso dell'oro
Noto per la squisita eleganza delle sue invenzioni stilistiche e raffigurative, Carlo Crivelli si distinse per l'estrema originalità del linguaggio elaborato, in cui le conquiste rinascimentali della prospettiva e della nitida modellazione dei volumi si fondono con originali effetti decorativi di derivazione tardogotica, impreziositi dall'oro. Tutte e tre le tavole hanno beneficiato, seppur in tempi diversi, non solo di un accurato restauro ma anche di sofisticate indagini diagnostiche che hanno aperto la strada a nuove interpretazioni e a prospettive critiche prima impensabili. Un restauro eseguito dal Laboratorio di restauro dipinti e materiali lignei, con il supporto delle indagini scientifiche del Laboratorio di diagnostica per la conservazione e il restauro. In mostra i dipinti si possono così ammirare nella versione originale, senza il forte offuscamento dato dalla polvere dei secoli, e il restauro apre la strada a inedite prospettive critiche storico-artistiche, prima impensabili.
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