Giornalismo: direttori a confronto su responsabilità e libertà
Amedeo Lomonaco - Città del Vaticano
"Liberi perché responsabili. Una conversazione aperta sulla responsabilità dei giornalisti, tema cruciale per il destino delle democrazie". Su questo tema è stata incentrata la tavola rotonda organizzata da L’Osservatore Romano, Vatican News e Radio Vaticana. All'incontro hanno partecipato Franco Bechis de "Il Tempo", Virman Cusenza de "Il Messaggero", Marco Damilano de "L’Espresso", Antonio Di Bella di "Rainews24", Maurizio Molinari de "La Stampa", padre Antonio Spadaro de "La Civiltà Cattolica", Marco Tarquinio di "Avvenire" e Andrea Monda, de L’Osservatore Romano.
La tavola rotonda è stata aperta da Andrea Monda, direttore dell'Osservatore Romano, che si è soffermato su due concetti fondamentali legati al mondo dell'informazione: "Libertà e responsabilità - ha detto - stanno insieme e cadono insieme. Se manca una, cadono tutte e due. Questo è il punto di partenza: se la libertà di stampa è un principio fondamentale di ogni democrazia, deve esserlo anche il principio della responsabilità della stampa". A questi pilastri dell'informazione, Maurizio Molinari, direttore de "La Stampa", ha aggiunto una parola chiave: "La parola chiave credo sia rispetto. Rispetto per le notizie, rispetto per i giornalisti, per le fonti e per tutti i protagonisti del fatto della notizia". Il direttore de "Il Tempo", Franco Bechis, ha ricordato che oggi sono pochi soggetti mondiali ad avere le chiavi del potere: "La stampa - ha affermato - non è un potere. Forse lo è stato, avrebbe ambito ad essere un contropotere ma oggi la stampa non ha più le chiavi del potere. Le chiavi del potere, nel nostro mondo, le hanno Facebook, Google, grandi soggetti mondiali".
Informazione tra diritti e doveri
Marco Damilano, direttore de "L’Espresso", ha poi sottolineato che la libertà di stampa è oggi sempre più vulnerabile: "Quando parliamo di libertà di stampa, non possiamo non partire dal fatto che questo pilastro delle liberal democrazie è continuamente sottoposto quantomeno a verifiche se non a minacce". Padre Antonio Spadaro, direttore della rivista "La Civiltà Cattolica", ha quindi affermato che una società democratica non si può basare solo sul rispetto dei diritti civili: "Bisogna cominciare a parlare anche di doveri civili, di doveri nei confronti della nostra comunità di cittadini". Ma quali sono i doveri dei giornalisti? Per Marco Tarquinio, direttore di "Avvenire", si tratta di offrire una visione plurale della realtà: "Noi siamo portatori di un grande dovere. Siamo in un tempo in cui le informazioni circolano in una maniera vorticosa, assillante, persino suadente. Il grande dovere, in questo tempo, è invertire questa tendenza: far incontrare fatti che non andresti a cercare, opinioni che siano pietre di inciampo".
Limiti dell'informazione e responsabilità condivisa
Il senso del limite è stato un altro tema al centro della tavola rotonda "Liberi perché responsabili". Così a Vatican News Andrea Monda, direttore de L’Osservatore Romano:
R. - Sono stati tantissimi gli spunti che i vari giornalisti e direttori di giornali hanno dato con parole chiave come rispetto, limite, senso del dovere e del diritto, conversazione nella libertà e nella responsabilità. Si è parlato anche di responsabilità di decidere di non pubblicare. Quindi, si è parlato del senso del limite che poi è il senso dell’umano.
La responsabilità del giornalista deve essere condivisa, circolare e coinvolgere anche il lettore …
R. - Questo è un problema che oggi noi paghiamo nelle società occidentali. Abbiamo premuto l’acceleratore sul tema della libertà, evitando il freno della responsabilità. Si vedono i danni un po’ dappertutto. Pensiamo alle famiglie, alle istituzioni educative, alla scuola, alla politica …. L’uomo è uomo in quanto non è solo libero, ma è anche responsabile. È questo lo spirito che ha mosso questa iniziativa.
Sguardo sulla realtà
Chi usufruisce dell'informazione deve saper scegliere prediligendo sguardi che rispettino fatti e persone. È quanto sottolinea Marco Tarquinio, direttore di "Avvenire":
R. - Lettori, spettatori e ascoltatori sono chiamati a saper scegliere, a saper eleggere come riferimenti anche quelli che si sforzano di riferire un’informazione di qualità costruita sul rispetto delle persone, dei fatti, delle situazioni, ma anche con uno sguardo sulla vita degli esseri umani. Uno sguardo che sia utile, fuori dalla logica dell’incattivimento che oggi sembra dominare tanta parte del circuito informativo.
Come si sceglie responsabilmente cosa pubblicare e cosa non pubblicare?
R. - Su questo siamo sempre su un crinale difficile: si può scivolare dalla parte sbagliata del pendio. Però credo che sia qualcosa di utile tutto ciò che aiuti la comprensione dei fatti e i passi delle persone dentro le nostre società nella direzione che va verso le vittime, verso gli ultimi, verso quelli che sono gli sconfitti, gli scartati della storia. A me piace parlare dei giornalisti professionisti come dei dei custodi dei pozzi di un’informazione che sia acqua potabile. Un'acqua che non ti avvelena e non infanga la vita e lo sguardo sulla realtà.
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