Predica di Avvento, padre Cantalamessa: entriamo nella scia di Maria
Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
È “Maria nell’Annunciazione” il fulcro della prima predica di Avvento di padre Raniero Cantalamessa, nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico, alla presenza di Papa Francesco. La Beata Vergine, sottolinea il predicatore della Casa Pontificia, ha vissuto l’Avvento “nella sua carne”. Sa cosa significa essere “in attesa” e può aiutare “anche noi ad attendere, in senso forte ed esistenziale, la venuta del nostro Redentore”.
L’importanza della fede
Maria “è la prima di coloro che hanno creduto senza aver ancora visto”. Dice il suo sì a Dio. Il suo atto di fede è “suscitato dalla grazia dello Spirito Santo”. L’immensa “scia dei credenti che formano la Chiesa” - sottolinea padre Cantalamessa - comincia con la fede di Maria. Essere nella sua scia significa comprendere che “la fede è la base di tutto”, “la prima e la più 'buona' delle opere da compiere”. La grazia infatti “non può operare, se non trova la fede ad accoglierla”.
La fede è così importante perché è l'unica che mantiene alla grazia la sua gratuità. Grazia e fede: sono i due pilastri della salvezza; sono i due piedi per camminare o le due ali per volare. Non si tratta però di due cose parallele, quasi che da Dio venisse la grazia e da noi la fede, e la salvezza dipendesse così, in parti eguali, da Dio e da noi.
La fede di Maria
Gli aspetti della fede di Maria, sottolinea padre Cantalamessa, “possono aiutare la Chiesa di oggi a credere più pienamente”. Il suo atto di fede è “personale, unico, irrepetibile”. “È un fidarsi di Dio e un affidarsi completamente a Dio”. E un rapporto da persona a persona. Questo si chiama fede soggettiva: l'accento è “sul fatto di credere, più che sulle cose credute”. Ma la fede di Maria è anche quanto mai oggettiva, comunitaria. Maria “non crede in un Dio soggettivo, personale” che si rivela “solo a lei nel segreto”. Crede invece “al Dio dei Padri, al Dio del suo popolo”.
Non basta avere una fede solo soggettiva, una fede che sia un abbandonarsi a Dio nell'intimo della propria coscienza. È tanto facile, per questa strada, rimpicciolire Dio alla propria misura. Questo avviene quando ci si fa una propria idea di Dio, basata su una propria interpretazione personale della Bibbia, o su l'interpretazione del proprio ristretto gruppo, e poi si aderisce ad essa con tutte le forze, magari anche con fanatismo, senza accorgersi che ormai si sta credendo in sé stessi più che in Dio e che tutta quella incrollabile fiducia in Dio, altro non è che una incrollabile fiducia in se stessi. Non basta però neppure una fede solo oggettiva e dommatica, se questa non realizza l'intimo, personale contatto, da io a tu, con Dio. Essa diventa facilmente una fede morta, un credere per interposta persona o per interposta istituzione, che crolla non appena entra in crisi la fiducia in quella istituzione, nella Chiesa.
Credere
Non basta dunque una fede solo soggettiva o soltanto oggettiva. “Bisogna credere personalmente, ma nella Chiesa; credere nella Chiesa, ma personalmente”. “La fede dommatica della Chiesa - spiega il predicatore della Casa Pontificia - non mortifica l'atto personale e la spontaneità del credere, ma anzi lo preserva e permette di conoscere e abbracciare un Dio immensamente più grande di quello della mia povera esperienza”. “Nessuna creatura infatti è capace di abbracciare, con il suo atto di fede, tutto quello che, di Dio, si può conoscere. La fede della Chiesa è come il grande angolare che permette di cogliere e fotografare, di un panorama, una porzione molto più vasta del semplice obiettivo”.
Il mondo è solcato, come il mare, dalla scia di un bel vascello, che è la scia di fede aperta da Maria. Entriamo in questa scia. Crediamo anche noi perché quel che si avverò in Lei si avveri anche in noi. Invochiamo la Madonna con il dolce titolo di Virgo fidelis: Vergine credente, prega per noi!
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