Monsignor Nardini: uomo del Vangelo e pioniere della solidarietà
Emanuela Campanile - Città del Vaticano
Un uomo che è stato un pioniere, capace di scardinare il tessuto sociale con la forza della fede e l'amore per gli ultimi. In grado di imporsi nella realtà delle periferie più abbandonate e difficili come Roma e di attraversare zone di guerre fratricide per correre in aiuto anche di una sola persona. Era monsignor Armando Nardini, sacerdote della diocesi della capitale, figura di riferimento nel mondo del sociale in questa città, ma non solo, e che si è spento questa mattina all'età di 99 anni.
Il ricordo di Medicina Solidale
Classe 1921, don Armando Nardini nasce a Canetra - una frazione in provincia di Rieti - viene ordinato sacerdote il 5 aprile del 1947. Dal 1947 al 1964 svolge il suo servizio al Pontificio Seminario Romano Minore come vice Rettore. Nel '64 viene trasferito alla grande parrocchia di san Giovanni Battista de'Rossi che serve con abnegazione e impegno fino al 1997.
Nell'intervista a Vatican News, il ricordo commosso verso un vero maestro di vita e di fede di Lucia Ercoli, coordinatrice dell'Associazione Medicina Solidale:
R:- E' stato un profeta perché noi parliamo di un uomo che ha iniziato le sue opere di carità in un tempo in cui, diciamolo, non c'era tutta questa apertura. Prima con i baraccati del Borghetto Latino poi, già anziano, con il servizio notturno della Caritas e poi, durante la guerra in Bosnia, attraverso le sue missioni umanitarie, a cui io e mio marito abbiamo avuto l'onore di partecipare per accompagnarlo. Andava senza scorta in territori di guerra e dando priorità ai villaggi più lontani, inclusi quelli abitati dalla popolazione musulmana, in un momento in cui era in atto la guerra tra bosniaci e croati e c'erano divisioni religiose che portavano a delitti efferati. Ecco, don Armando faceva tutto questo perché era un uomo buono, era un uomo buono e amava Gesù. Era un uomo del Vangelo. Ricordo il suo impegno per un internato in Bielorussia, dal quale ha portato via centinaia di bambini dandogli la possibilità di accoglienza in famiglia e poi di essere adottati. Questo è proprio un tema attuale: vilipendere l'affido e l'accoglienza è una cosa gravissima pensando a quanti bambini sono stati sottratti agli istituti o a condizioni di disagio e dati, invece, all'accoglienza gratuita di centinaia di famiglie.
Dottoressa, ha un ricordo di una confidenza, di uno sguardo o anche solo di una parola da parte di monsignor Nardini che per lei è stata determinante?
R:- Intanto diciamo che non c'era una parola di don Armando che non fosse determinante, ma quello che mi colpiva era questo: lui diceva sempre che non ci potevano essere opere senza la fede e senza la preghiera. Poi la sua grande, grandissima devozione per Maria. Lui si rivolgeva sempre a Lei all'inizio di ogni attività. Quando partivamo per la guerra, la prima cosa che facevamo era dire un' Ave Maria in macchina e, passando per Mostar, tra i cecchini, ricordo che l'autista che ci accompagnava in ospedale era terrorizzato perchè pensava di non ritornare più a Roma. Monsignore gli diceva: 'andiamo avanti, andiamo avanti perché se Dio vuole, noi ci salveremo, e se Dio non vuole, saremo già in paradiso'.
Quindi, della paura e del coraggio, che cosa ha imparato?
R:- Che dietro Gesù ci sono entrambi i sentimenti, ma dandogli la mano resta solo il coraggio.
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