Koch: l'ecumenismo dei Santi avvicina cattolici e ortodossi
Gabriella Ceraso - Città del Vaticano
Il 12 febbraio, da quattro anni ormai, è diventato una importante occasione ecumenica di commemorazione dello storico incontro avvenuto a L'Avana tra Papa Francesco e il Patriarca di Mosca e di tutta la Russia Kirill. Iniziava, il 12 febbraio del 2016, il 12.mo viaggio apostolico del Santo Padre verso il Messico e la prima tappa era proprio all’aeroporto José Martì di Cuba. Qui l'abbraccio tra fratelli, un momento intenso, privato, riassunto in pochi interventi finali a braccio per rimarcare la fraternità delle due Chiese e poi la firma di una Dichiarazione comune che ha dettato la strada futura.
L'abbraccio a Cuba
"Siamo Vescovi, abbiamo parlato delle nostre Chiese, ci siamo trovati d'accordo che l’unità si costruisce nel cammino", erano state le parole del Papa, mentre il Patriarca Kirill aveva fatto riferimento ad un lavoro comune su alcuni fronti quali pace, rispetto della vita, della famiglia e della dignità umana. Ed è proprio su questi temi che si sono articolate le tappe successive del cammino comune, ogni anno il 12 febbraio. Il primo anno a Friburgo, poi a Vienna e poi a Mosca: il martirio e l'impegno dei cristiani in Medio Oriente, lo spopolamento dell'area, il fine vita e la dignità del malato sono stati al centro degli incontri tra il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, e il Metropolita Hilarion, a capo del Dipartimento Relazioni Estere del Patriarcato di Mosca.
L'appuntamento di Roma e il tema dei Santi
A quattro anni di distanza da quella storica Dichiarazione tutto è pronto a Roma per il Convegno organizzato su un'altra tematica di comune interesse: "I Santi - segni e semi dell'unità". In programma domani, a partire dalle 15.30, un Convegno alla Pontificia Università San Tommaso d'Aquino e un Concerto serale nella Basilica di San Giovanni in Laterano in cui il Coro Sinodale di Mosca si esibirà insieme al Coro della Cappella Musicale Pontificia Sistina.
Abbiamo incontrato il cardinale Kurt Koch, per farci raccontare quali frutti sono maturati in questi quattro anni di cammino, tra le Chiese cattolica e ortodossa di Mosca, le ragioni della scelta dell'"ecumenismo dei Santi" per il Convegno romano, ma anche cosa ha in cuore il Papa, che condivide passo dopo passo il percorso in atto:
R.- Sì, possiamo parlare di frutti, perché avere una migliore conoscenza gli uni degli altri è molto importante per il progresso dell'ecumenismo. Devo menzionare a questo proposito due cose: la prima è la traslazione della reliquia di San Nicola a Mosca e a Pietroburgo, un grande evento, perché ha rappresentato l'opportunità per tutti i credenti di partecipare al movimento ecumenico, e molti russi ortodossi e cattolici sono venuti per la venerazione di questa reliquia. E poi abbiamo una tradizione già avviata, cioè uno scambio reciproco di visite per cui un gruppo di sacerdoti ortodossi di Mosca viene a Roma per far visita alla Chiesa cattolica, per aver una migliore conoscenza della realtà della Chiesa cattolica, e un gruppo di sacerdoti cattolici va a Mosca, a sua volta, per incontrare la Chiesa ortodossa. Mi sembra un'ottima opportunità per superare pregiudizi che abbiamo accumulato nella storia e per avere una migliore conoscenza gli uni degli altri. Questi sono per me i frutti più importanti.
Quest'anno l'anniversario dell'incontro, dopo Friburgo, Vienna e Mosca, si tiene a Roma,e la scelta del tema è caduta sui "Santi come segni di unità". Può spiegare la scelta del luogo e della tematica, se si riferisce all'"ecumenismo dei santi" di cui lei stesso ha parlato tante volte?
R. - Il terzo anniversario lo abbiamo organizzato a Mosca sul tema cruciale della eutanasia e abbiamo stabilito che la volta successiva sarebbe stata a Roma. A Roma abbiamo scelto il tema dei Santi come segni di unità perché in Roma abbiamo una venerazione di molti Santi e soprattutto dei Santi della chiesa indivisa, che unisce Oriente e Occidente. In questo senso l'ecumenismo dei Santi aiuta molto ad includere i popoli, i credenti, perché è molto bello se i capi delle Chiese si incontrano ed è anche necessario che i teologi discutano le problematiche teologiche, ma è importante includere i credenti in questo movimento ecumenico e la venerazione dei Santi e la riflessione sulla santità sono tematiche molto importanti.
Quindi Santi che attirano i popoli e che vegliano anche sull'unità?
R. - Sì, perché io penso che i Santi, in Oriente e in Occidente, hanno già ritrovato l'unità nel cielo e possono aiutare a ritrovare l'unità sulla terra, sono quindi i sostenitori di questa via ecumenica su questa terra.
Nel programma previsto a Roma, tra gli interventi, ci sono anche due testimonianze di vita date per l'unità. Che cosa ci insegnano e perchè le ha volute includere in questa occasione?
R.- Noi siamo tutti chiamati a diventare Santi, tutti noi battezzati. Diventare Santi vuol dire vivere con Dio e se ritroviamo l'unità in Dio ritroviamo anche l'unità tra di noi. In questo senso, come ha detto Papa Francesco una volta in un congresso, "non c'è ecumenismo senza santità". La via della santità è il fondamento di tutto il movimento ecumenico, nella santità possiamo ritrovare l'unità in Cristo, perché Cristo ha voluto l'unità. Il fondamento di tutto movimento ecumenico è la preghiera sacerdotale di Gesù nel capitolo 17 di Giovanni in cui Gesù prega per l'unità dei discepoli. Per me questo è molto toccante. Gesù non ordina l'unità e non dice ai discepoli: "Voi dovete farlo", ma lui prega. In questo senso anche noi cristiani non possiamo fare cosa migliore che la preghiera per l'unità sulla via della santità.
Lei aveva indicato altre due direzioni del cammino comune da intraprendere dopo L'Avana: l'ecumenismo culturale e l'ecumenismo dell'azione comune. Ci sono dei progressi anche su questi due fronti?
R.- Sì. Mercoledì mattina abbiamo la riunione del Comitato culturale tra la Chiesa ortodossa di Mosca e la Chiesa cattolica. Vogliamo discutere di quali progetti possiamo organizzare per il futuro. Per me è molto importante l'ecumenismo culturale, perché nella storia, per esempio per la divisione tra Ovest e Oriente, non in primo luogo erano tematiche teologiche ma erano tematiche culturali, perché in Oriente e in Occidente la gente non si comprende più l'uno con l'altro e approfondire una migliore conoscenza della cultura dell'altro aiuta molto a ritrovare l'unità e anche una collaborazione sociale è molto importante, perché molte sfide che abbiamo in questo mondo oggi sono comuni, e dare una testimonianza comune su queste grandi sfide è molto importante, come abbiamo fatto l'anno scorso a Mosca sulla tematica della eutanasia, che è una sfida molto grande nei Paesi dell'Europa.
La situazione dei cristiani in Medio Oriente sempre più complicata, sempre più delicata, altro tema di preoccupazione comune, in che modo interpella oggi chi si occupa di ecumenismo, a livello di impegno a livello di progetti?
R. - Io penso che la sfida principale è che molti cristiani lasciano il Medio Oriente e vanno via e questo è una cosa importante, perché il Medio Oriente é la terra d'origine del cristianesimo. Il Medio Oriente senza cristiani non è più il Medio Oriente e anche un Medio Oriente con pochi cristiani non è più il Medio Oriente. In questo senso noi cristiani di tutto il mondo abbiamo la responsabilità di dare il nostro contributo affinchè i cristiani possano rimanere. Questo è importante non soltanto per i cristiani in Medio Oriente, ma per il cristianesimo di tutto il mondo.
Immagino che Papa Francesco vi segua in questo cammino comune che state compiendo. Sa se nel suo cuore c'è qualcosa in particolare, un desiderio, una premura?
R.- Lei sa che il Santo Padre fa sempre riferimento a questa realtà trinitaria: camminare insieme, pregare insieme, collaborare insieme. Queste tre cose stanno molto a cuore del Santo Padre e su questa via desidera camminare in futuro in tutte le relazioni ecumeniche. Ma devo dire che per arrivare alla piena comunione, alla piena unità, abbiamo bisogno anche del dialogo teologico, ma c'è la decisione delle chiese ortodosse di fare questo dialogo non in maniera bilaterale, bensì in maniera multilaterale, e per questo abbiamo la Commissione internazionale mista per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiese ortodosse e non possiamo fare questo dialogo a livello bilaterale soltanto con Mosca.
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