Linda Ghisoni: "E’ tempo di parlare non solo delle donne, ma con le donne"
Antonella Palermo – Città del Vaticano
Linda Ghisoni - dal 2017 Sottosegretario del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita - è moglie e madre di due figli. Ha una formazione filosofica, teologica e di Diritto canonico. A lei abbiamo chiesto le ragioni per cui le donne sono così importanti nella vita della Chiesa:
R. - “La Chiesa non è solamente una struttura, un luogo di culto, un’istituzione eretta da una gerarchia di sacerdoti. E’ costituita da un popolo, è un popolo di uomini e di donne che nel Battesimo, ma senza una discriminazione, sono rinati tutti alla vita nuova del Vangelo, come figli come figlie di Dio e fratelli e sorelle del Signore Gesù Cristo. E sappiamo che le donne costituiscono una porzione molto ampia dei fedeli cattolici, sono le donne stesse una parte viva della Chiesa. Tutti noi ci rendiamo conto della presenza insostituibile delle donne nelle parrocchie, nella realtà caritatevoli promosse dalla Chiesa, senza dimenticare un aspetto che secondo me è molto importante: quello della trasmissione della fede ai figli. Insieme al latte materno, agli sguardi, spesso indicibili, tra una madre e un neonato, le donne cesellano una impronta indelebile nei figli, hanno la possibilità di informare questa impronta con tanti valori, con la fede. Sappiamo, ad esempio, che in Giappone, dopo lunghissimi anni in cui non era rimasto un solo sacerdote in terra nipponica, i missionari che erano entrati per primi nel Paese, vi trovarono la pratica della fede cattolica, proprio perché le donne, in particolare, avevano battezzato i loro figli, i loro nipoti. Avevano testimoniato loro i contenuti della fede vissuta, una vera e propria opera di evangelizzazione, un vero e proprio apostolato, e direi anche molto al femminile. Quindi, le donne sono molto importanti per la trasmissione della vita e della fede in un modo del tutto particolare, io direi che hanno una vocazione innata alla cura della vita e delle fragilità. E’ proprio un mestiere, questo, che le rende forti, le rende delle rocce anche se non tutte vivono una maternità biologica. Mi viene da dire che Maria di Magdala, andando di buon mattino al sepolcro, con unguenti preziosi per profumare il corpo di Gesù ci testimonia l’amore che non teme la fragilità, lo scarto, che onora la vita aldilà delle parvenze mortali e poi si fa testimone, senza indugio, del Risorto presso gli apostoli, che sono spaventati, increduli, rinchiusi. La Chiesa, dunque, non si riduce alla gerarchia ecclesiastica, non sarebbe Chiesa se le donne non avessero una parte attiva.
Qual è la strada fatta durante il pontificato di Francesco nel riconoscere il valore delle donne?
R. - Papa Francesco ha raccolto l’eredità dei suoi immediati predecessori, in particolare San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, i quali hanno dedicato riflessioni magistrali alle donne, hanno compiuto passi concreti in avanti introducendo dei cambiamenti, basti pensare ad alcune discriminazioni superate con il Codice del Diritto Canonico promulgato da San Giovanni Paolo II nell’83 nel quale, ad esempio, si consente, per la prima volta, non solo ad uomini ma anche alle donne di essere nominati giudici. Impensabile fino ad allora. Papa Francesco è tornato molto spesso a ribadire l’importanza di coinvolgere le donne nella vita della Chiesa auspicando che vengano affidati alle donne anche ruoli decisionali. Lo ha sempre fatto ma, attenzione, senza mai promuovere una politica di ‘quote rosa’, come è risaltato per me in maniera lampante dalle parole che pronunciò a braccio il 22 febbraio di un anno fa, durante il meeting convocato in Vaticano e dedicato alla protezione dei minori nella Chiesa. Mi si sono stampate indelebilmente nella mente e nel cuore quelle parole: ‘invitare a parlare una donna non è entrare nella modalità di un femminismo ecclesiastico’. Invitare a parlare una donna sulle ferite della Chiesa per lui era invitare la Chiesa a parlare su sé stessa e sulle ferite che ha e questo – ci diceva il Santo Padre – è un passo che lui ritiene si debba fare con molta forza. Aggiunse: ‘La donna è l’immagine della Chiesa che è donna, sposa, madre. E’ uno stile, senza il quale parleremmo del popolo di Dio ma come una organizzazione, non come una famiglia partorita dalla madre Chiesa’. E concludeva: ‘Non si tratta di dare più funzioni alla donna nella Chiesa, si tratta di integrare la donna come figura della Chiesa nel nostro pensiero e pensare anche la Chiesa con le categorie di una donna’. Ecco, questa per me è una sfida da considerare molto seriamente. Direi che Papa Francesco sollecita in noi una certa inquietudine riguardo il coinvolgimento delle donne, ma non per una equa spartizione del potere tra uomini e donne, tra chierici e laici nella Chiesa, bensì affinché la Chiesa sia rispondente alla sua stessa natura, alla sua vocazione come popolo di Dio in cammino, facendo tesoro dell’apporto di ciascuno, degli uomini e delle donne che, per tante ragioni sociali, sono rimaste spesso ai margini, e sono ancora oggi, in tanti contesti ecclesiali, ai margini delle attività e delle decisioni, mentre possono, se competenti e dotate di amore alla Chiesa, assumere incarichi fino a poco tempo fa riservati ai soli chierici, oppure solo a uomini. Tutto questo a partire dai contesti parrocchiali, dalle Curie diocesane, dalla stessa Curia romana, in cui effettivamente in pochi anni Papa Francesco ha affidato a laici, e a non poche donne, incarichi di responsabilità e con competenze decisionali.
Come guarda alla possibilità che si realizzi un Sinodo sulle donne e quale utilità potrebbe avere, secondo lei?
R. - Personalmente, desidererei tanto che non ci si dovesse dedicare esclusivamente alle donne come a una questione a sé. Io mi auguro che divenga più naturale avere donne in vari contesti ecclesiali in modo che questo non debba essere più un tema a parte nell’agenda della Chiesa, così come nella società in cui viviamo. Tuttavia, io mi rendo conto che è ancora importante formare e sensibilizzare tutti alla compresenza di uomini e donne nella Chiesa, come nella società, ai diritti e alle tutele da assicurare. Così come a quel disvelamento dell’immagine di Dio secondo cui uomini e donne sono creati. Ora, l’eventualità di un Sinodo dedicato alle donne potrebbe consentire di trattare delle tematiche con una prospettiva universale, senza fermarsi esclusivamente a una visione eurocentrica, tematiche volte a sensibilizzare, formare e ispirare decisioni pastorali concrete, magari già attuali, ma non prese in considerazione - o perché ignorate o perché evitate - accanto ad altre decisioni, ad altre ispirazioni che potrebbero essere varate dal legislatore in quanto conformi all’ecclesiologia. Un eventuale Sinodo dedicato alle donne, certo, potrebbe infastidire alcuni benpensanti, anche nella Chiesa, o chi ancora preferisce una separazione asettica, una spartizione di poltrone tra uomini ma, esattamente, alcune di queste derive ci indicano come sia ancora il tempo di ascoltare le donne, di parlare di loro, ma soprattutto, di parlare ‘con’ loro, con le donne.
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