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L'arcivescovo Ivan Jurkovič, osservatore permanente della Santa Sede all'Onu di Ginevra L'arcivescovo Ivan Jurkovič, osservatore permanente della Santa Sede all'Onu di Ginevra

Jurkovič: tutelare la libertà religiosa, di credo e di coscienza

Non ci sono diritti che valgono meno degli altri. Lo esprime con fermezza il rappresentante della Santa Sede all'Onu di Ginevra, contestando il contenuto dell'ultimo Rapporto dedicato a “Libertà religiosa o di credo e parità di genere”: E' un testo, sostiene, che non riflette la realtà sociale e culturale di molti popoli, in particolare sulle discriminazioni patite per le diversità di credo

Isabella Piro - Città del Vaticano

“Inaccettabile e offensivo”: così l’Arcivescovo Ivan Jurkovič definisce alcuni contenuti della Relazione sulla libertà religiosa o di credo, presentata il 2 marzo a Ginevra, durante la 43.ma sessione del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani. In particolare, l’Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu di Ginevra esprime “grande preoccupazione” per il fatto che “numerosi riferimenti” del documento raccomandino che “la libertà di religione, di credo e l’obiezione di coscienza” debbano essere secondarie rispetto ad altri “così detti diritti umani”, soprattutto quelli che esprimono “una sorta di ‘colonizzazione ideologica’ da parte di alcuni Stati e istituzioni internazionali”. In questo aspetto – ribadisce l’Arcivescovo Jurkovič – il Rapporto presentato è “almeno in parte, un attacco alla libertà religiosa, di credo e di coscienza”.

Un Rapporto non condivisibile

Nello specifico, il punto critico del Rapporto è l’A/HRC/43/48, dedicato al tema “Libertà religiosa o di credo e parità di genere”: in esso, sottolinea il presule, il documento “sembra concentrarsi sulla promozione di una visione della società umana che non è condivisa da tutti e non riflette la realtà sociale, culturale e religiosa di molti popoli, piuttosto che sulla tutela di uomini e donne, di qualsiasi fede o credo, perseguitati o discriminati”. Tutto questo – “ironia della sorte”, evidenzia Monsignor Jurkovič – proprio dopo che, il 4 febbraio 2019, Papa Francesco e il Grande Imam di Al-Azhar hanno siglato il Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, che invita i leader mondiali a lavorare per diffondere una cultura della tolleranza e della convivenza pacifica. Nonostante ciò, il Rapporto “non fa alcun riferimento agli sforzi compiuti dai rappresentanti religiosi per intervenire il prima possibile così da fermare lo spargimento di sangue innocente e porre fine alle guerre”.

Rispettare l'identità delle popolazioni

Ricordando, poi, che “la Santa Sede ha sempre inteso il ‘genere’ secondo l’uso ordinario, generalmente accettato, basato sull’identità biologica maschile e femminile”, l’Osservatore permanente cita il discorso di Papa Francesco nell’udienza al Corpo diplomatico del 7 gennaio 2019, in cui il Pontefice si sofferma sulla “accresciuta preponderanza nelle Organizzazioni internazionali di poteri e gruppi di interesse che impongono le proprie visioni e idee, innescando nuove forme di colonizzazione ideologica, non di rado irrispettose dell’identità, della dignità e della sensibilità dei popoli”. “È piuttosto spiacevole – conclude l’Osservatore permanente – ma sempre meno sorprendente data la sua frequenza, che una relazione dell’Onu, che dovrebbe difendere il diritto fondamentale e universale dell’uomo alla libertà di religione, di credo e di obiezione di coscienza, stia ora attaccando la stessa realtà che è chiamata a difendere”.

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04 marzo 2020, 12:46