Pandemia, metà delle vittime nelle Rsa. Turkson: "Comunità è prendersi cura dell'altro"
Andrea De Angelis – Città del Vaticano
Una tragedia inimmaginabile. L'ha definita così Hans Kluge, direttore regionale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità Europa. Nel continente la metà delle vittime della pandemia di Covid-19 si registra in strutture per anziani. Una cifra ormai vicina, dunque, alle 50mila unità. “C’è un urgente ed immediato bisogno di ripensare il modo in cui operano le case di cura oggi e nei mesi a venire” ha aggiunto Kluge, sottolineando come “le persone che lavorano in quelle strutture - spesso sovraccaricate di lavoro e prive di protezione adeguata - sono tra gli eroi di questa pandemia”. Tutti, dunque, sono chiamati ad interrogarsi ancora una volta sulla condizione degli anziani, con particolare riferimento ai luoghi ed alle persone in e con cui trascorrono le loro giornate. La Chiesa, da sempre, è particolarmente attenta a tali questioni.
Turkson: “I giovani hanno sempre responsabilità degli anziani"
La solidarietà tra le generazioni è doverosa in ogni cultura ed in ciascun popolo, ma "non sempre i giovani sono nella comunità al servizio degli anziani, anche se ciò dovrebbe valere sempre, è un compito a cui non si può mai mancare perché se i giovani sono qui è dovuto alla presenza degli anziani". Il cardinale Peter Turkson esprime più volte questo concetto nell'intervista a VaticanNews. Il Prefetto del Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale ricorda come in passato, anche nelle comunità africane, questo fosse più riscontrabile rispetto al presente. La sua riflessione parte dalla natura stessa dell'uomo, "creatura fragile ed imperfetta", la cui "fragilità però - sottolinea - non necessariamente implica un elemento di negatività". Una condizione che si manifesta anche in ciò che "l'uomo riesce a realizzare, compreso ciò che attiene alla cura ed al sistema sanitario". "La tecnologia - evidenzia il Prefetto - ci ha fatto sentire onnipotenti, ma dinanzi a questa emergenza pandemica anche i Paesi più ricchi hanno dovuto fare i conti con le piccole cose, come la carenza di mascherine".
Gli anziani vanno valorizzati
Il prefetto del Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale pone poi l'attenzione sull'essenza stessa della comunità, "resa viva - sostiene - dalla presenza di qualcuno che sappia prendersi cura dell'altro". "Gli anziani vanno valorizzati, lo ha detto tante volte Papa Francesco", evidenzia il porporato, aggiungendo come non debba mai mancare la gratitudine e la solidarietà nei loro confronti. "Non dimentichiamo poi un'altra fragilità: esistono diverse ideologie - afferma il cardinale - che influenzano il modo di vivere la vita, che limitano in un certo senso le nascite e creano così situazioni in cui agli anziani mancano sempre giovani che si prendano cura di loro. In gran parte delle case per anziani non sono proprio i giovani, diciamo così, a prendersi cura di loro, pur essendo questo un dovere".
Le parole ed i sentimenti
Le parole del cardinale Turkson ci spingono così a fare una riflessione anche sui termini utilizzati. La casa, proviamo ad immaginarlo, è là dove siamo cresciuti durante l'infanzia, ed è certamente quella minuscola parte di mondo dove abbiamo costruito la nostra vita. Sono tante le persone che decidono di trascorrere la parte finale di essa in una struttura, vuoi perché sole, oppure semplicemente desiderose di vivere in modo comunitario gli ultimi anni di vita. Altre, però, non hanno alternative e spesso, anche contro quelli che erano i loro desideri, vivono in realtà che difficilmente riescono poi a chiamare “case”. Con questo non si vuole sminuire il prezioso e lodevole lavoro di chi, in quelle strutture, ogni giorno dedica le proprie energie agli anziani. Anzi, non di rado questi operatori sono gli unici (o quasi) riferimenti - anche a livello affettivo - per milioni di uomini e donne in ogni angolo del mondo. L'intenzione, semmai, è di aprire una riflessione più ampia sull'essere anziani nel XXI secolo. Lo ha detto Papa Francesco, pochi mesi fa: “Essere anziani è un privilegio. La vecchiaia non è una malattia”.
Gli anziani sono testimoni privilegiati dell'amore di Dio
“La vecchiaia non è una malattia, è un privilegio! La solitudine può essere una malattia, ma con la carità, la vicinanza e il conforto spirituale possiamo guarirla”. Lo ha affermato il Papa lo scorso 31 gennaio, incontrando in Vaticano i partecipanti al primo Congresso internazionale di pastorale degli anziani, incentrato sul tema “La ricchezza degli anni”. Quando si pensa agli anziani, ha osservato Francesco, si deve imparare a modificare i tempi dei verbi. “Non c’è solo il passato, come se, per gli anziani, esistessero solo una vita alle spalle e un archivio ammuffito”. “Il Signore - ha spiegato il Papa - può e vuole scrivere con loro anche pagine nuove, pagine di santità, di servizio, di preghiera”. Anche gli anziani “sono il presente e il domani della Chiesa”. “Il disegno di salvezza di Dio - ha affermato ancora il Pontefice - si attua anche nella povertà dei corpi deboli, sterili ed impotenti. Dal grembo sterile di Sara e dal corpo centenario di Abramo è nato il Popolo eletto. Da Elisabetta e dal vecchio Zaccaria è nato Giovanni il Battista. L’anziano, anche quando è debole, può farsi strumento della storia della salvezza”.
Il mondo e l'Europa
Il drammatico dato reso noto ieri riguarda dunque il continente europeo, di cui Kluge rappresenta l'Oms. Va detto che l'Europa oggi presenta l'età media dei cittadini più alta al mondo con i suoi 43 anni, ben dieci in più rispetto ai 33 di America ed Oceania, davanti del 30% all'Asia (31 anni l'età media) ed addirittura 25 anni oltre quella del continente africano (dove i cittadini hanno in media 18 anni). Inoltre l'aspettativa di vita in Europa - come riportato dall'Oms nel 2018 - ha di recente superato quella degli altri continenti, anche se il Paese che guida questa particolare classifica resta il Giappone con 84 anni.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui