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Guardie Svizzere: fedeli al Papa perché fedeli a Cristo

Attraverso la storia raccontiamo il sacrificio di 147 Guardie Svizzere cadute in difesa di Papa Clemente VII, durante il Sacco di Roma, il 6 maggio 1527

Maria Milvia Morciano -  Città del Vaticano

Ogni anno, la mattina del 6 maggio, nel Cortile di San Damaso del Palazzo Apostolico, si svolge la cerimonia di giuramento delle Guardie Svizzere. Ogni recluta compie il gesto di tendere le tre dita della mano destra verso l’alto nel segno della Trinità, mentre nella sinistra stringe la bandiera dai colori giallo, rosso e blu spartiti dalla croce bianca, sulla quale spicca l'arme del comandante del Corpo in carica e gli stemmi del Papa regnante e di Giulio II, al quale si deve l’istituzione della Guardia Svizzera Pontificia, nel 1506.  Quest'anno, a causa del coronavirus, la cerimonia è stata rimandata al 4 ottobre.  Si celebra la Santa Messa nella chiesa di Santa Maria in Campo Santo Teutonico, seguita dalla deposizione di una corona sul Piazzale dei Protomartiri Romani, in forma riservata e ristretta, proprio nel punto dove, il 6 maggio del 1527, centoquarantasette alabardieri sacrificarono la loro vita per difendere il Pontefice.

Papa Clemente VII, nato Giulio de’ Medici, aveva deciso di allearsi al re di Francia, Francesco I, per far fronte alle mire espansionistiche che l’imperatore Carlo V di Asburgo aveva sull’Italia e sull’Europa. Così, insieme alle Repubbliche di Venezia e di Genova, al Ducato di Milano e alla Firenze medicea, fu istituita la lega di Cognac. La reazione dell’imperatore non si fece attendere. L’esercito asburgico discese attraverso l’Italia, formato da circa 20mila uomini, italiani spagnoli e tedeschi. Tra loro i Lanzichenecchi, mercenari tedeschi di religione luterana, celebri per la loro ferocia e per l’odio che portavano al Papa e a Roma.

All’alba, con il favore di una fitta nebbia, i soldati scesero da Sant’Onofrio sul Gianicolo e attraverso le vie di Trastevere arrivarono sotto le mura leonine, nella zona della Porta Torrione, odierna Porta Cavalleggeri. Riuscirono a entrare da Santo Spirito trovandosi proprio sul lato sinistro della Basilica, nella zona dell’attuale piazzale dei Protomartiri Romani, luogo dove allora si innalzava l’obelisco vaticano.

Le Guardie Svizzere si schierarono compatte ai piedi dell’obelisco e lì trovarono la morte, salde e fedeli al loro giuramento di fedeltà al Papa. La loro resistenza permise a Clemente VII di fuggire. Dei centottantanove scamparono alla morte soltanto quei quarantadue che accompagnarono il Pontefice mettendolo in salvo.

Il Papa raggiunse, infatti, Castel Sant’Angelo attraverso il Passetto del Borgo, passaggio segreto che collegava il Vaticano al castello. Le fonti, tra cui Francesco Guicciardini e Benvenuto Cellini, raccontano in modo drammatico e impressionante il massacro. Circa metà della popolazione venne trucidata o morì, in seguito, per peste e malattie. Le ricchezze furono depredate, le reliquie e gli oggetti sacri oltraggiati, ciò che non interessava o di scarso valore, distrutto.

Durante quella tragica giornata colpisce il sacrificio delle Guardie Svizzere, fedeli fino alla fine e ben consapevoli che a causa del loro numero ristretto non avrebbero avuto scampo. La loro morte è avvenuta proprio ai piedi dell’obelisco attorno al quale si erano stretti come in un abbraccio.

Si tratta dell’obelisco egizio che oggi possiamo ammirare al centro di Piazza San Pietro. In origine si innalzava lungo la spina del circo di Nerone, nell’ager vaticanus. Portato dall’imperatore Caligola da Heliopolis nel 37 d. C., rimase in piedi anche quando l’area divenne necropoli. Fu spostato in Piazza San Pietro nel 1586 dall’architetto Domenico Fontana, per volere di Papa Sisto V.

Nel medioevo si racconta come questo luogo fosse meta di pellegrinaggi e penitenza. Secondo la Passione di Pietro dello Pseudo-Lino, un apocrifo del V secolo, quello era il luogo dove fu crocifisso San Pietro: “Una gran folla di popolo infine giunse insieme all'apostolo e agli addetti del magistrato al luogo detto della naumachia, presso l'obelisco di Nerone sul colle. Là infatti era stata posta la croce”. Dopo 1500 anni, proprio in quel luogo, 147 soldati danno la loro vita per proteggere il Vicario di Cristo.

Incontrando in questi anni di Pontificato le Guardie Svizzere, Papa Francesco ha ricordato il sacrificio di quei soldati a difesa del Papa: “Hanno seguito questa chiamata. E rispondere con dedizione a questa chiamata significa seguire Cristo" (Discorso alle Guardie Svizzere, 4 maggio 2015). Prendendo spunto da quella testimonianza, il Papa indica quale testimonianza oggi sono chiamate a dare le Guardie Svizzere: “Voi siete chiamati a testimoniare la vostra fede con gioia, affinché le molte persone che incontrate, specialmente agli ingressi della Città del Vaticano, possano essere favorevolmente impressionati dallo spirito con il quale svolgete il vostro lavoro. A ciascuno di voi chiedo questo: fate in modo che quanti incontrate nel vostro quotidiano servizio, membri della Curia, colleghi di lavoro nei vari ambiti del Vaticano, pellegrini o turisti, possano scoprire anche attraverso di voi l’amore di Dio per ogni uomo. Questa è la prima missione di ogni cristiano!” (Discorso alle Guardie Svizzere, 4 maggio 2019).

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Guardie svizzere
06 maggio 2020, 12:58